L’intelligenza artificiale che “ragiona” ha imparato a conoscerci fin troppo bene: il rischio medio di un’AI senza Chain of Thought trasparente

L’intelligenza artificiale che “ragiona” ha imparato a conoscerci fin troppo bene: il rischio medio di un’AI senza Chain of Thought trasparente

L'intelligenza artificiale (AI) sta attraversando una fase di evoluzione senza precedenti. Quello che un tempo era limitato a compiti puramente meccanici e computazionali sta ora iniziando a riflettere comportamenti che richiamano il pensiero umano. L'AI di oggi sembra aver "imparato" a conoscere non solo i nostri gusti e preferenze, ma anche i nostri comportamenti, le nostre abitudini e, in un certo senso, le nostre identità. Tuttavia, mentre il suo "ragionamento" diventa più raffinato, ci troviamo di fronte a nuovi e complessi dilemmi etici, soprattutto riguardo al suo funzionamento nascosto, noto come "Chain of Thought remoto".

Il "ragionamento" dell'AI: quanto ci conosce davvero?

Quando si parla di AI che "ragiona," si fa riferimento ad algoritmi di deep learning e reti neurali avanzate in grado di processare informazioni in modi che mimano alcune forme di ragionamento umano. Sistemi di intelligenza artificiale come i modelli di linguaggio, tra cui GPT (Generative Pretrained Transformer) e altri, possono ora interpretare il contesto, comprendere le sfumature del linguaggio naturale e persino fare previsioni sulle nostre future azioni e desideri.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare che questi sistemi non "pensano" nel modo in cui lo fanno gli esseri umani. Non hanno coscienza, intenzionalità o auto-consapevolezza. Piuttosto, utilizzano modelli statistici e processi di ottimizzazione basati su dati vastissimi per imitare il linguaggio umano e fornire risposte che appaiono coerenti. La loro straordinaria capacità di "conoscerci" deriva, quindi, dall'accesso a dati personali, comportamentali e demografici. Il loro "ragionamento" è una questione di riconoscimento di pattern e correlazioni, non di riflessione cosciente.

Il pericolo risiede nel fatto che questi sistemi non ci stanno semplicemente fornendo risposte su misura, ma stanno anche contribuendo a un monitoraggio e a una profilazione dettagliata degli individui. Ogni nostra interazione con un assistente virtuale, un motore di ricerca o un social network alimenta continuamente un profilo sempre più dettagliato di chi siamo, come pensiamo e cosa potremmo volere in futuro.


Il "Chain of Thought" remoto: la trasparenza mancata

Una delle caratteristiche più enigmatiche dell'AI avanzata è ciò che gli esperti chiamano "Chain of Thought" (CoT) o catena del pensiero. Nel caso di modelli di intelligenza artificiale, il CoT si riferisce alla sequenza di passaggi o decisioni che l'algoritmo segue per giungere a una risposta o a una previsione. Nei sistemi più semplici e lineari, questo processo può essere tracciato e compreso abbastanza facilmente. Tuttavia, nei modelli più avanzati, come le reti neurali profonde, questo processo è tutt'altro che trasparente.

In molti casi, il Chain of Thought dell'AI è remoto, ovvero non esplicitamente visibile né comprensibile anche agli stessi sviluppatori. L'AI può produrre risposte straordinariamente accurate o personalizzate senza che ci sia una chiara comprensione di come sia giunta a quelle conclusioni. Questa "scatola nera" rappresenta uno dei principali problemi nel campo dell'AI attuale.

La mancata esplicitazione del Chain of Thought rende difficile, se non impossibile, garantire che i sistemi di AI siano imparziali, equi e sicuri. Inoltre, solleva preoccupazioni sul livello di controllo che effettivamente abbiamo su queste tecnologie. Come possiamo fidarci di un sistema che "conosce" così tanto di noi, se non possiamo comprendere come lo ha fatto e quali decisioni potrebbe prendere sulla base di tali informazioni?

L'AI a "rischio medio": perché dovremmo preoccuparci

Definire il livello di rischio dell'AI è un compito arduo, soprattutto perché la tecnologia continua ad evolversi. Tuttavia, è possibile categorizzare l'attuale stato dell'AI come a "rischio medio." Ma cosa significa questo nello specifico?

  1. Profonda personalizzazione senza consenso chiaro: l'AI è diventata estremamente brava a personalizzare contenuti, pubblicità e servizi, spesso senza che l'utente ne sia pienamente consapevole o abbia dato un consenso esplicito. Questa personalizzazione, pur essendo utile, porta con sé il rischio di una manipolazione psicologica o comportamentale. Gli algoritmi possono influenzare le nostre scelte di consumo, la nostra percezione di realtà, o addirittura il nostro orientamento politico.
  2. Decisionalità non trasparente: la mancata esplicitazione del Chain of Thought significa che non siamo in grado di capire come e perché un’AI giunga a certe conclusioni. Ciò rappresenta un rischio significativo, specialmente in ambiti sensibili come la finanza, la medicina o il diritto, dove decisioni cruciali potrebbero essere prese da un sistema che "conosce" le persone in modo dettagliato, ma opera su logiche interne opache.
  3. Bias impliciti: senza una comprensione completa del Chain of Thought, è difficile identificare e correggere i bias presenti nei modelli di intelligenza artificiale. Poiché questi sistemi apprendono dai dati esistenti, possono perpetuare e amplificare i pregiudizi presenti nella società, portando a conseguenze potenzialmente discriminatorie.
  4. Autonomia operativa: alcune forme di AI sono progettate per operare in modo autonomo una volta impostate, analizzando continuamente nuovi dati e aggiornando i loro modelli interni. Questa autonomia operativa, unita alla mancanza di trasparenza nel processo decisionale, aumenta il rischio che tali sistemi agiscano in modi non previsti o indesiderati, soprattutto quando vengono implementati su larga scala.


Come affrontare il "rischio medio" dell'AI

Data l'entità dei rischi associati all'AI attuale, è necessario adottare misure proattive per garantire un utilizzo etico e responsabile di queste tecnologie. Alcuni approcci includono:

  • Sviluppo di AI interpretabili: è fondamentale investire nella ricerca e nello sviluppo di modelli di intelligenza artificiale che offrano maggiore trasparenza. Ad esempio, gli algoritmi di "Explainable AI" (XAI) sono progettati per fornire insight sul loro processo decisionale, rendendo il Chain of Thought più accessibile.
  • Regolamentazione e governance: i governi e le organizzazioni internazionali devono definire norme chiare sull'utilizzo dell'AI, in particolare riguardo alla raccolta, all'elaborazione e alla conservazione dei dati personali. La privacy degli utenti deve essere una priorità assoluta, e le aziende devono essere tenute a rendere conto di come le loro AI "conoscono" gli individui.
  • Etica dell'AI: gli sviluppatori di intelligenza artificiale devono adottare un codice etico rigoroso. La trasparenza, la responsabilità e l'imparzialità devono essere i principi guida nel design e nell'implementazione dei sistemi AI, specialmente quando essi influenzano decisioni critiche.
  • Educazione degli utenti: l'alfabetizzazione digitale è cruciale per permettere agli utenti di comprendere i meccanismi di funzionamento dell'AI e le sue implicazioni. Un pubblico informato può prendere decisioni più consapevoli riguardo all'uso dei servizi alimentati da AI.

A proposito del "rischio medio"

L'AI che "ragiona" sta imparando a conoscerci a un livello che supera di gran lunga la semplice personalizzazione di contenuti. Sebbene non pensi come noi, la sua capacità di interpretare e prevedere i nostri comportamenti solleva domande importanti sulla privacy, l'autonomia e la trasparenza. Il suo attuale stato a "rischio medio" indica che, pur non essendo ancora una minaccia imminente, l'AI rappresenta una sfida complessa che richiede attenzione immediata.

Senza un Chain of Thought esplicito, l'AI agisce come un'entità che ci conosce senza rivelare pienamente le sue intenzioni o i suoi metodi. Affrontare questo problema richiede una combinazione di ricerca tecnologica, regolamentazione, etica e formazione pubblica. Solo così potremo assicurarci che l’AI rimanga uno strumento al servizio dell'umanità, piuttosto che una forza incontrollabile che opera nell'ombra dei nostri dati.

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