L’Obiettivo – La Più Importante Leva Gestionale

L’Obiettivo – La Più Importante Leva Gestionale

“Il principale ostacolo al successo – fissare un obiettivo troppo basso.” Eliyahu M. Goldratt

Ogni organizzazione aspira a migliorare continuamente le proprie prestazioni. Tuttavia, se si chiede ai membri di un’organizzazione che cosa intendano con il termine “miglioramento”, le risposte appaiono spesso vaghe e talvolta in conflitto tra loro.

In realtà, la risposta dovrebbe essere semplice: per un’organizzazione, migliorare significa fare progressi verso un obiettivo definito e condiviso.

Ogni iniziativa che determina un progresso verso l’obiettivo dell’organizzazione può essere classificata come attività di miglioramento; al contrario, ogni iniziativa che ostacola o che non supporta un avanzamento verso l’obiettivo deve essere annoverata tra gli sprechi.

Perché l’obiettivo è importante

Lo scopo principale dell’obiettivo consiste nel fornire una direzione per focalizzare l’attenzione del management, sincronizzare l’impiego delle risorse e separare il segnale dal rumore, ossia distinguere le poche cose realmente importanti dalla moltitudine di fattori di scarsa rilevanza che attirano l’interesse dei membri di un’organizzazione.

Essendo il riferimento fondamentale per la gestione, esso consente a ogni persona all’interno dell’organizzazione di stabilire in che modo può contribuire, nell’ambito del proprio ruolo e grazie alle proprie competenze, al conseguimento del risultato desiderato.

Affinché possa esercitare questa funzione chiave, l’obiettivo deve essere formulato in modo chiaro ed essere comunicato a tutti i membri dell’organizzazione.

Che cosa significa definire chiaramente l’obiettivo?

Essenzialmente, significa esprimerlo nella forma “Da A a B entro …”.

È necessario definire che cosa l’organizzazione si prefigge di ottenere, in un modo che renda possibile misurare, o almeno valutare senza ambiguità, i progressi verso il traguardo fissato. A questo si deve aggiungere il termine temporale, senza il quale l’obiettivo resta un vago desiderio, che può essere subordinato alle pressioni esercitate dagli impegni di breve termine.

Una delle principali responsabilità del leader consiste nel comunicare l’obiettivo e assicurarsi che sia compreso e declinato in iniziative coerenti e sincronizzate. Questo richiede un piano che metta in evidenza le attività da svolgere e la logica che le collega al conseguimento dell’obiettivo. L’esigenza del piano nasce non solo dall’opportunità di manifestare rispetto per le persone che dovranno contribuire al raggiungimento dell’obiettivo, ma anche dalla necessità di mantenere un allineamento tra le attività qualora le circostanze richiedano deviazioni da quanto originariamente programmato.

In assenza di un obiettivo chiaro e condiviso, si possono verificare due situazioni:

  1. L’organizzazione si limita a reagire alle sollecitazioni del contesto in cui opera. La flessibilità e la rapidità di risposta agli stimoli esterni e interni sono attributi positivi di un’organizzazione, che però spesso nascondono un’incapacità strutturale di adattamento ai cambiamenti in atto. La presenza di frequenti situazioni di emergenza, la percezione di una perenne carenza di risorse, l’impressione che la situazione possa degenerare nel caos, un clima interno caratterizzato dalla lamentela e dal biasimo, sono effetti di un approccio essenzialmente reattivo alla gestione.
  2. Vengono avviate varie attività di “miglioramento”, frutto dell’iniziativa di persone che desiderano contribuire attivamente al successo dell’organizzazione. In questo caso, la mancanza di un filtro che consenta di stabilire, con un unico criterio di priorità, che cosa si deve fare (per conseguire l’obiettivo) e, cosa altrettanto importante, che cosa non si deve fare (in quanto ostacola o comunque non favorisce il conseguimento dell’obiettivo), porta spesso al perseguimento di obiettivi funzionali, alla nascita di conflitti tra diverse iniziative e all’assorbimento di risorse che potrebbero essere impiegate più efficacemente per ottenere risultati molto migliori.

È opportuno ora prendere in esame una caratteristica fondamentale che l’obiettivo deve avere, al fine di esercitare un’efficace funzione di orientamento per il successo di un’organizzazione.

Il potere di un obiettivo sfidante

Immaginiamo che il CEO di un’impresa for profit ponga come obiettivo per l’anno seguente l’incremento del profitto del 30% rispetto all’anno in corso. È possibile che un simile obiettivo venga considerato dal management impegnativo, ma raggiungibile. In questo caso, l’assunto alla base di tale convinzione è che il risultato possa essere conseguito semplicemente facendo in misura maggiore (o in un modo migliore) ciò che si conosce e si sta già facendo. Trovandosi a operare in un contesto familiare, il management sarebbe in grado di proporre un elenco interminabile di iniziative in grado di produrre l’esito desiderato.

In realtà, ci sono ottime ragioni per ritenere che un simile obiettivo sia ad alto rischio e difficilmente raggiungibile:

  • È probabile che l’impresa stia già ottenendo un risultato vicino al massimo conseguibile con le attuali risorse e con l’attuale modo di operare. Pertanto, per ottenere di più è necessario aumentare lo sforzo con le risorse disponibili o aggiungere nuove risorse (o entrambe le cose).
  • Si può chiedere alle persone uno sforzo aggiuntivo per una settimana o per un mese, ma non si può pretendere che le persone facciano sacrifici importanti per un tempo molto lungo senza correre seri rischi di esaurimento psico-fisico, che causano un progressivo deterioramento delle prestazioni aziendali.
  • L’aggiunta di nuove risorse è in genere preceduta e accompagnata da un’analisi finalizzata ad assicurare un uso efficiente delle risorse messe a disposizione. Questa ricerca dell’ottimizzazione ridurrà i margini di sicurezza tesi ad assorbire l’impatto dell’incertezza e della variabilità: tutte le circostanze dovranno avere contestualmente un esito favorevole, affinché il piano di miglioramento produca il risultato atteso. La probabilità che questo avvenga per tutte le condizioni che concorrono a determinare il risultato finale è, com’è facile intuire, molto bassa.
  • Un obiettivo non è utile se ci sono molti modi per conseguirlo, dato che la fatica decisionale determinata dalla necessità di scegliere tra le numerose opzioni disponibili rischia di drenare una quantità importante dell’attenzione del management. Questa situazione può portare alla paralisi per analisi.

Anche qualora si verificassero condizioni favorevoli al raggiungimento dell’obiettivo, il suo valore costituirebbe un ostacolo alla possibilità per l’impresa di ottenere un risultato molto migliore. Infatti il management eviterebbe di superare abbondantemente l’obiettivo, nel timore che un simile esito induca il CEO a scegliere un obiettivo molto più sfidante per l’anno successivo.

Supponiamo invece che lo stesso CEO ponga come obiettivo per l’anno seguente di triplicare il profitto dell’anno in corso. In questo caso è probabile che i manager reagiscano negativamente, asserendo che un tale obiettivo è impossibile da raggiungere. Questa situazione sembra avere come unica via d’uscita l’avvio di una negoziazione tra il CEO e i manager, finalizzata a raggiungere un compromesso accettabile da entrambe le parti.

Anche se può apparire contro intuitivo, porre un obiettivo estremamente sfidante costituisce il primo passo per un reale salto di qualità delle prestazioni.

Che cosa significa che un obiettivo è impossibile da raggiungere?

Essenzialmente, significa che non può in nessun modo essere conseguito continuando a operare nel modo consueto e non si ha alcuna idea dei cambiamenti da attuare per ottenerlo.

Considerare qualcosa “impossibile” costituisce un meccanismo di autodifesa, che ci autorizza a evitare di intraprendere l’attività più faticosa per l’essere umano: pensare. In fondo, se una cosa è impossibile, non vale la pena di perdere tempo e di sprecare energie cognitive in un approfondimento dell’analisi.

Ci sono delle convinzioni, spesso relegate nel subconscio, per le quali una cosa viene considerata impossibile. Se si riuscisse ad acquisire la piena consapevolezza di questi paradigmi limitanti, sarebbe possibile verificarne la validità ed eventualmente trovare il modo di invalidarli, ossia di creare le condizioni nelle quali queste convinzioni cessano di valere.

La formulazione di domande appropriate può favorire il passaggio dei paradigmi limitanti dal subconscio alla piena coscienza, permetterne la verbalizzazione e una valutazione razionale finalizzata a sfidarne la validità.

Nel nostro esempio, le domande che i manager dovrebbero porsi sono:

Quali condizioni, se realizzate, consentirebbero alla nostra impresa di triplicare il profitto in un anno?

Come potremmo realizzare queste condizioni?

Lo sforzo cognitivo necessario per rispondere a queste domande indurrà a superare l’inerzia associata allo status quo e a cercare soluzioni molto migliori di quelle finora adottate per favorire il successo dell’impresa. La ricerca probabilmente porterà a individuare pochissime opzioni percorribili, forse una sola, in grado di favorire il raggiungimento del risultato desiderato.

In questo modo l’obiettivo potrà svolgere pienamente la sua principale funzione: focalizzare l’attenzione del management, evitandone la dispersione in una miriade di iniziative, e sincronizzare l’impiego delle risorse.

Un obiettivo sfidante induce anche l’organizzazione a cambiare il proprio posizionamento nel panorama competitivo. Lo sforzo focalizzato richiesto per raggiungere il nuovo standard consente di fare un salto di qualità nelle prestazioni, che si distingue dai miglioramenti incrementali ottenibili fissando obiettivi modesti. Questo nuovo posizionamento cambia la prospettiva futura dell’organizzazione, rendendola più preparata di prima a rispondere a eventi imprevedibili che possono metterne in pericolo la sopravvivenza.

Infine, avere un obiettivo sfidante fornisce margini di sicurezza per l’errore e l’imprevisto. Se si punta a un aumento del profitto del 30% e si predispone un insieme di iniziative per conseguirlo, è sufficiente che qualcosa vada storto perché l’obiettivo non sia raggiunto. Se invece si punta a triplicare il profitto e si attua un piano finalizzato al raggiungimento di tale risultato, sarà sufficiente un tasso di successo appena superiore al 15% per arrivare a una prestazione migliore di quella prevista nel caso precedente.

La definizione e il perseguimento di un obiettivo sfidante

Se da un lato l’obiettivo deve essere tale da indurre il management a ritenere impossibile il suo ottenimento mediante un semplice incremento dello sforzo, dall’altro non deve apparire tanto irrealistico da dissuadere chiunque dal produrre l’impegno necessario per cercare di conseguirlo.

Una regola pratica, suggerita dal Dr. Eliyahu Goldratt, fondatore della Theory of Constraints, consiste nel fissare l'obiettivo al livello minimo per il quale ci sia il consenso tra i manager sull’impossibilità di conseguirlo seguendo le pratiche gestionali in atto.

La definizione dell’obiettivo deve essere accompagnata dalla predisposizione di un piano dettagliato finalizzato al suo conseguimento, che illustri non solo la sequenza delle iniziative da realizzare, ma anche la logica che le collega ai progressi verso l’esito desiderato. In questa fase può essere utile avvalersi di un facilitatore esterno, che, non essendo condizionato dalle convinzioni profonde che guidano le decisioni e i comportamenti dei membri dell’organizzazione, sia in grado di favorire la presa di coscienza e la valutazione dei paradigmi limitanti che bloccano il percorso di miglioramento.

Prima di procedere alla fase esecutiva, è necessario acquisire il consenso sul piano da parte di tutti coloro che dovranno partecipare attivamente alla sua realizzazione. Questo momento di condivisione è essenziale per consentire a tutte le parti interessate di vedere chiaramente le condizioni che, una volta realizzate, renderanno possibile raggiungere un obiettivo che inizialmente appariva impossibile.

Conclusioni

La frase di Platone “La necessità è la madre di ogni invenzione”, riportata nel secondo libro de La Repubblica, ci ricorda che quando una situazione di crisi mette in pericolo ciò che è importante per noi, siamo indotti a pensare fuori dagli schemi tradizionali e a dare il meglio di noi stessi.

Definire un obiettivo sfidante equivale a creare una crisi artificiale.

L’intento non consiste nell’alimentare un certo livello di stress positivo o nello stimolare il pensiero positivo (“Tutto è possibile”, “Volere è Potere”). Al contrario, si tratta di un modo razionale di gestire il cambiamento, in grado di favorire la liberazione del potenziale di razionalità e competenza presente all’interno di un’organizzazione.

In questo senso l’obiettivo può essere considerato la più importante leva gestionale, in grado di dare uno scopo e una direzione a tutto ciò che la macchina organizzativa pianifica e realizza.

Nota. Il credito va al Dr. Eliyahu M. Goldratt per avere evidenziato la logica che supporta la necessità di definire un obiettivo sfidante e al Dr Alan Barnard per lo sviluppo del metodo “Impossible Unless...?

Se desideri leggere altri articoli visita il blog Antifragility.

Absolutely loving the conversation around #obiettivo and #levegestionali, especially the insights from the theory of constraints! 🌟 Remember, every limitation invites us to think creatively - as one emerging influencer wisely said, constraints fuel innovation by forcing us to prioritize and focus. 💡 Let's harness these challenges to propel us forward! 🚀

Michele Bandini

General Manager at Peen Service

9 mesi

Chiaro e dritto al punto, come sempre.

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