L'umiltà del libero professionista

L'umiltà del libero professionista

Tendenzialmente, da ragazzo, sono sempre stato una persona poco umile che, come immaginerai, ha avuto molti problemi a causa di questa indole.

Riflettendo oggi, penso che in buona parte dipenda da quella mentalità degli anni '80, caratterizzata da grandi sogni, forse troppo grandi per il mondo che ci avrebbe atteso da li a 30 anni dopo.

In piccola parte però, penso che dipenda sicuramente da uno specifico episodio della mia vita.

Ricordo con affetto un mio allenatore di pallavolo che avevo a 13-14 anni. In particolare, ci diceva spesso, soprattutto con le squadre cittadine più forti:

Loro giocano in 6 come e noi giochiamo in 6. Tutto quello che fanno loro lo potete fare anche voi, non abbiate paura.

Io ci credevo davvero, ciò infatti influenzò paurosamente tutte le mie scelte di vita più importanti, portandomi il più delle volte a clamorosi fallimenti che, fortunatamente, mi guidarono verso quella sana umiltà che ritengo (spero) mi stia accompagnando oggi.

Vorrei raccontarti di più, ma mi fermo qui, perché non voglio scrivere un'auto-biografia.

Arriviamo invece al titolo del post, perché oggi vorrei condividere il mio pensiero su quanto sia complesso affiancare l'umiltà con la libera professione.

Partiamo dalla definizione del valore dell'umiltà:

Virtù per la quale l'uomo riconosce i propri limiti, rifuggendo da ogni forma d'orgoglio, di superbia, di emulazione o sopraffazione.

Dove:

  1. Orgoglio: sentimento unilaterale ed eccessivo della propria personalità o casta, che isola l'individuo o ne altera i rapporti sociali o affettivi.
  2. Superbia: radicata convinzione della propria superiorità (reale o presunta) che si traduce in atteggiamenti di orgoglioso distacco o anche di ostentato disprezzo verso gli altri.
  3. Emulazione: impegno nell'imitare, eguagliare o superare altri.
  4. Sopraffazione: imposizione dura e prepotente della propria volontà.

Al fine di ciò che voglio argomentare, ti chiedo considerare in maniera aperta e oggettiva i seguenti termini, senza per forza dagli un accezione negativa. Nello specifico mi riferisco ai seguenti ambiti:

  • in un ambiente competitivo, l'orgoglio può salvarti quando tutti cercano di demolirti psicologicamente.
  • quando vendi i tuoi prodotti o servizi, dove la prima regola è credere che siano migliori degli altri (cosa ci sarebbe di più superbo?). Inutile che ti dica che c'è sempre qualcuno che sarà capace di offrire un prodotto/servizio migliore del nostro;
  • l'emulazione, con abbinata la saggezza del non snaturarsi per copiare agli altri, può essere un valido aiuto per dare concretezza ai nostri obbiettivi;
  • e, infine, diventa inevitabile farsi dei nemici anche quando sei campione di diplomazia. Anche se in molti casi non ce ne rendiamo conto, operiamo una sopraffazione verso i nostri colleghi ogni volta che vinciamo una gara, o un nostro preventivo viene preferito a loro.

E tutto ciò non accade perché siamo cattivi, ma perché nella giungla del mercato, anche se per fortuna non è sempre così, sono queste le regole: se non mangi muori di fame (di lavori e incarichi) o, nel peggiore dei casi, vieni mangiato/assorbito da aziende più grandi.

Per cui, anche in questo caso, più che una classica "via di mezzo", è importante capire che il valore dell'umiltà deve trasformarsi in uno strumento da usare con intelligenza.

Premetto che, in un mondo ideale, se tutti fossero umili certamente vivremmo meglio.

Nella realtà del lavoro però, ho visto che l'umiltà rende meglio se la trasformiamo in uno strumento da utilizzare quando si vive in un ambiente professionalmente e contrattualmente "protetto", ossia:

  • quando devi solo migliorare le tue competenze o in genere le tue capacità, senza preoccuparti di procurarti il lavoro; quindi
  • quando le tue entrate non dipendono dall'acquisizione dei lavori;
  • quando hai un contratto a tempo indeterminato a prova di bomba, o hai un portafoglio clienti solido che difficilmente possa essere scalfito;
  • quando sei abbastanza forte (in termini di competenza, rete sociale, finanze e tempo disponibile) da far risultare i tuoi punti deboli troppo difficili da sfruttare per i tuoi concorrenti.

Non è un caso che dicano riguardo a persone con posizioni molto forti sul mercato: "nonostante sia [...] possiede un umiltà incredibile". E grazie alla 🍌...

Essere umili quando si è in posizione di inferiorità, quando sono a rischio le finanze della tua azienda o addirittura della tua famiglia, è tutt'altra cosa.

Perché se è vero che grazie all'umiltà lavoriamo a testa bassa per risolvere i problemi, è anche vero che non sempre paga sotto l'aspetto dell'acquisizione dei clienti.

Come faremmo a vendere un "umile" prodotto/servizio sminuendolo per farlo diventare tale? Attenzione, non si tratta di raccontare bugie, perché il più delle volte crediamo veramente di offrire il meglio.

Concludo quindi con la mia convinzione che sicuramente l'umiltà è la via d'accesso per l'eccellenza delle competenze tecniche.

Sulla sfera comunicativa/commerciale però le carte in gioco cambiano e l'umiltà non è sempre direttamente proporzionale alla forza di un'azienda o di un professionista.

Carmen Torlai

Coordinadora de Seguridad y Salud

3 anni

Quindi può mostrarsi umile solo chi è in posizione di farlo, o tendenzialmente, lo valoriamo di più. Personalmente, non riuscirei nel cercar di usare una virtù a seconda della posizione. Aggiungerei che potrebbe anche avere un accezione negativa, in quanto una persona umile tende a minimizzare i suoi risultati. Ci vorebbe un giusto equilibrio: né troppo superbi né troppo umili. Ma purtroppo, come hai affermato, questa è una giungla.

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