Ma le campagne vaccinali funzionano sui social?

Ma le campagne vaccinali funzionano sui social?

Articolo pubblicato da Nicola Draoli su Sanità Informazione.

Non sono un giornalista, ma un sanitario appassionato di comunicazione digitale e non. Osservo i fenomeni, e le shitstorm legate alle vaccinazioni mi pongono un quesito amletico: insistere nell’uso prettamente  social delle campagne vaccinali è utile o è dannoso?

Il tema vaccini, specialmente dopo la pandemia, genera attacchi virulenti (quale termine ironico!) sui social.

Nel problem solving va analizzato il problema. Ma prima ancora bisogna prendere atto del problema. Prendiamo quindi atto dell’esistente che ci piaccia o no. Ora, io non ho tutte le competenze per scavare nel dettaglio del perché il tema vaccinale sia oggetto di cotanto attacco. Il fronte degli antivaccinisti  (inserendo in questo termine il range dai dubbiosi agli ostativi) esiste da tempo ma sicuramente una certa gestione comunicativa in un momento caotico, emergenziale e delicato come la pandemia ha reso la tematica vaccini ancor più sotto attacco. Con “attacco” intendo proprio lo shitstorm di cui in premessa, non le doverose e giuste re – azioni di chi chiede delucidazioni e rassicurazioni che è altro capitolo e su cui tutti dobbiamo impegnarci al massimo.

Ma limitiamoci al dato.

Primo dato: serve vaccinarsi. Da sanitario, da professionista, c’è poco da discutere. Specialmente la nostra fascia di popolazione più fragile deve proteggersi e dovremmo farlo tutti per il bene solidale della nostra comunità. Sappiamo, da professionisti, che le vaccinazioni sono vittime di un bias cognitivo abbastanza evidente: funzionando sembrano inutili e sono diventate vittime della loro stessa efficacia.

Secondo dato inconfutabile è che la campagna vaccinale nella stagione autunno-inverno 2023-2024 (Circolare n. 25782 del 14/08/2023, n. 30088 del 27/09/2023, n. 34645 del 3/11/2023) sta risultando un flop.

È un problema di salute. Per tutti. Le pubbliche amministrazioni che si occupano di salute hanno quindi il dovere di insistere nel promuovere le campagne vaccinali nella loro mission di educazione alla salute e di percorsi in ambito di prevenzione e controllo delle malattie.

Ma ecco che, terzo dato inconfutabile, se lo fanno sui social vengono prese di mira con commenti poco edificanti e di certo poco inclini al dialogo e questo genera un effetto paradosso: scredita ancora di più la campagna e la sua efficacia.

Dobbiamo soccombere alla folla social urlante/maleducata quindi? Ni. Però non possiamo far finta di vivere in un modo di virtù e di ragione quando non è vero. Come dice Damasio, “L’essere umano non è una macchina pensante che prova emozioni ma una macchina emotiva che pensa”. Se io, cittadino medio tendenzialmente aperto alle vaccinazioni ma con dei margini di dubbio, apro i social, leggo uno spot a favore delle vaccinazioni e sotto questo spot leggo letteralmente centinaia di attacchi, insulti e sfottò come mi regolerò di conseguenza? Manterrò il mio pensiero tendenzialmente favorevole o mi lascerò influenzare da una minoranza che sui social appare però come “tutto il mondo”? Sappiamo che l’istinto innato ci porta a seguire la massa e a conformare le nostre opinioni a quelle prevalenti in società. Ora i social hanno questo gap dove in realtà ciò che si legge nei commenti non è la massa. Non è la società. È una porzione limitata che però, in quel contesto limitato dove è quasi impossibile ricondurre la discussione, appare come la massa imperante.

Mantenere il proprio pensiero, senza essere un esperto, e non venire influenzati diventa molto difficile.

Il “piove governo ladro” ha molta più presa di ogni tentativo sano di confronto. Ma cosa dico? Lo stesso confronto che ricordo con nostalgia nella formula dei vecchi forum, non si realizza più nei post social ormai da anni.

Questo è il mondo in cui siamo immersi. Parafrasando Bogart: Sono i social bellezza!

E allora? Allora forse dovremmo diversificare la nostra comunicazione. Vedo molto bene la campagna vaccinale su media come tv e carta stampata. Dove non esiste contradditorio. Dove non si inquina il messaggio. È una constatazione amara. Come tutti quella della mia generazione (la x) ho guardato al web come lo strumento di libertà e confronto che era, e mai avrei pensato di doverci invece difendere da questo incredibile strumento. Eppure, strategicamente, dovremmo cominciare ad abbandonare, su tematiche popolari importanti come questa, alcuni strumenti bidirezionali. Magari sui social usando solo stories usa e getta. Magari ritornando a quella comunicazione unilaterale di cartellonistica.

Oggi come oggi non sempre dire tutto su ogni piattaforma ha senso. Dobbiamo sforzarci di differenziare gli strumenti comunicativi a seconda del messaggio che vogliamo mandare rinunciando ad un’idea superata che approdare “ovunque” sia “meglio”. My two cents, ovviamente.

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