Ma, a lei, cosa va di fare? - Leletter N.106
L’AI che aiuta a capirsi e quella che distrugge
Sono Emanuele Salè, reincarnazione di Settimio Severo, partner di Nagency, l’agenzia di comunicazione meno formale della capitale. Ogni settimana scrivo e invio la “Leletter”, una newsletter sulla comunicazione, il marketing e tutto quello che mi colpisce.
Now playing: Merry old England - The Libertines
Ciao giovane padawan,
La mia è stata piacevole, è stata quella del mio compleanno, per il quale non ho organizzato nessuna grande festa, non perché lo abbia vissuto male, ma perché, semplicemente, non mi andava. Prima di compiere quarant’anni, una data importante, ricordo che ero molto in ansia, perché ero molto focalizzato su cosa gli altri si aspettassero da me. Quando si avvicina un compleanno significativo tutti parlano di organizzare party memorabili, eventi incredibili, cene luculliane, viaggi di gruppo irripetibili. Mi sentivo soverchiato dalle aspettative degli altri, anzi, da quelle che io pensavo fossero le aspettative degli altri, anche se in realtà non erano state mai espresse. Ne parlavo in terapia e quella povera vittima della mia psicologa mi disse: “Aò, e mò m’hai rotto er c**zo!”.
Ehm no, probabilmente pensò una cosa del genere ma non la trasformò in onde sonore, al contrario mi chiese, semplicemente: “Ma, a lei, cosa va di fare? Perché non è tanto importante quello che gli altri vogliono che lei faccia, ma quello che desidera fare lei”. Al di là dell’uso del “lei” che mi piace tantissimo, anche se può sembrare strano tra due persone che si incontrano una volta a settimana da anni, la domanda e la considerazione molto semplice che ne è conseguita, mi diedero immediatamente un senso di pace. Organizzai una grigliata a casa di mia sorella e mio cognato ad Anzio, fu una bellissima giornata, che ricordo ancora con piacere. Da quel giorno non ho mai smesso di fare quello che volevo fare io al mio compleanno, in fondo è solo mio e del mio Genius, che però, ne sono convinto, appoggia le mie decisioni. E dopo il pistolotto ottimo per Linkedin, le velin…ehm le notizie!
1. Lavender: gli usi distopici dell’AI in guerra
“Lavanda”, mai un nome più innocente è stato usato per un uso così efferato. Almeno a giudicare da quanto emerge da un’inchiesta delle riviste +972 e Local Call , che ha utilizzato come fonti alcuni agenti dei servizi segreti israeliani. “Lavender” è il nome dell’AI che identifica alcune persone palestinesi come obiettivi militari, utilizzando un database di presenti militanti delle fazioni armate di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese, e ne localizza la posizione. Dopodiché gli “obiettivi” così identificati vengono bombardati, con una verifica umana a dir poco approssimativa, dato che si parla di una media di 20 secondi per l’approvazione di ciascuno.
La procedura considera come “accettabili” fino a 15-20 vittime collaterali per ogni miliziano e fino a 100 nel caso di importanti dirigenti. Per il momento dell’attacco l’esercito israeliano preferisce il momento in cui la persona in questione si trova a casa, utilizzando bombe cosiddette “stupide”, meno mirate, che spesso distruggono l’intero edificio, causando un numero molto elevato di vittime innocenti. In totale Lavender ha identificato circa 37.000 persone da colpire, negli ultimi sei mesi sono stati uccisi circa 33.000 esseri umani, tra cui 12.000 minori.
Come ripeto sempre, gli strumenti non sono mai buoni né cattivi, sono mezzi, dipende per quali fini vengono utilizzati. Purtroppo l’ambito bellico è, spesso, quello in cui vengono impiegate per prime le nuove tecnologie, ma perlomeno i vertici militari dovrebbero vigilare attentamente sul loro utilizzo, cosa che non mi sembra stia affatto avvenendo nel caso dell’esercito israeliano.
2. Google Vids: bye bye presentazioni?
Diciamoci la verità: le presentazioni hanno rotto le scatole un po’ a tutti. Il problema è che non esiste uno strumento altrettanto efficace e veloce per illustrare un progetto, un’idea, dei risultati etc. O forse dovrei dire “non esisteva”, perché zia Google sta testando “Vids”, un’app che integrerà nel proprio workspace e che dovrebbe essere un’evoluzione delle presentazioni, in modo da renderle più simili a video da utilizzare in ambito aziendale, senza perderne la facilità di creazione, anzi. Riuscirai a creare un video molto velocemente, a partire da una presentazione o da un prompt testuale, scegliendo uno stile, facendo generare a Gemini script e immagini, potrai editare il video in modo molto molto intuitivo e magari integrarlo con una tua ripresa, mentre spieghi il progetto.
L’app sembra molto interessante, il rischio è che non presenti abbastanza vantaggi per superare l’iniziale e inevitabile diffidenza da parte degli utenti. Potrebbe rappresentare davvero un game changer, nel senso che tra 3-4 anni le presentazioni potrebbero essere obsolete come un sito in Flash (non esageriamo), oppure a quella data Vids potrebbe già riposare nel cimitero delle app di Google che non ce l’hanno fatta. Staremo a vedere!
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La patatina della discordia
Un prete si para dinnanzi a un gruppo di suore, in fila per fare la comunione. Una di queste mette in bocca l’ostia, ma quando chiude la bocca si sente il tipico “crunch” di una patatina. In realtà il suono proviene dalla sagrestia, dove una simpatica suora anziana si sbafa un pacchetto di patatine con gusto. Claim finale: “Amica chips, il divino quotidiano”. Fine.
Apriti cielo: la pubblicità ha sollevato la veemente reazione dell’Aiart, un’associazione di ascoltatori radiotelevisivi fondata dall’Azione cattolica, a seguito della quale l’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria (IAP) ha deciso di sospendere lo spot. Quante fantastiche sigle, vero? L’azienda mantovana produttrice di patatine si è trovata oggetto di accuse di blasfemia e ci è mancato poco che non fosse chiesto il rogo per il CdA. Trovo veramente incredibile che nel 2024, uno spot del genere venga censurato con la seguente motivazione, cito letteralmente: “Il parallelismo che il messaggio instaura tra la patatina, descritta come “il divino quotidiano”, e l’ostia, che rappresenta evidentemente il divino, si sostanzia nella derisione del senso profondo del sacramento dell’eucaristia, rendendo più che ragionevole che il credente e non solo si senta offeso”.
Al di là della risata spontanea che suscita leggere un comunicato ufficiale in cui si parla di accostamenti impropri tra “patatina” e “ostia”, mi chiedo: ma siamo ancora a questo punto? Basta un riferimento qualunque alla religione cattolica per gridare allo scandalo e iniziare a chiedere a gran voce la censura? Possibile, davvero, che un credente si senta offeso da uno spot così innocente? Quel che è certo, come conclude un articolo di Wired, è che le forti critiche, il clamore seguito alla sospensione, la pubblica ammenda della dirigenza dell’azienda hanno fatto guadagnare ad Amica chips e allo spot una visibilità insperata! Non che il “purché se ne parli” sia un principio sempre valido, però, se l’obiettivo era limitare la visibilità dello spot, faccio i miei complimenti all’Aiart, che ha proprio ottenuto il suo scopo!
Che studiamo a fare le lingue ora che c’è l’AI?
Sono finiti i tempi delle traduzioni brutte e imprecise di Google Translator, nell’epoca delll’AI i risultati della trasposizione di un testo da una lingua all’altra sono impressionanti. Numerosi programmi offrono servizi di sottotitolazione, più o meno efficaci, anche in diretta, mentre altri software (ad esempio HeyGen) addirittura doppiano la persona che sta parlando con la sua stessa voce, adeguando il lip synch. In questo scenario, ha senso continuare a studiare le lingue? È quello che si è chiesta Anna Franchin, giornalista di Internazionale in un bell’articolo, la cui risposta è NI. Innanzitutto dai dati che presenta appare chiaro come sempre meno persone nel mondo studino le lingue straniere. In effetti, per il livello base, sembra che la tecnologia sia già in grado di sostituire la conoscenza umana della lingua. Tuttavia, in altri ambiti, con le traduzioni dell’AI ci sono delle criticità:
L’AI che cambierà il modo in cui si compone la musica
Suno potrebbe essere la ChatGPT della musica, un nome che ora non ti dice nulla e che tra qualche mese farà parte della tua routine quotidiana, perlomeno se ti occupi di musica.
Funziona in modo semplicissimo, come la maggior parte delle AI generative, basta scrivere un prompt testuale tipo “crea una canzone per i lettori e le lettrici (detti/e padawan) della Leletter, una newsletter sulla comunicazione e il marketing di Emanuele Salè, con un ritmo da pezzo dance anni ‘90” e il gioco è fatto. C’è anche il “custom mode”, una versione avanzata con cui si può inserire un testo già fatto e scegliere con maggiore ricercatezza lo stile musicale. I risultati sono impressionanti, nel senso che nel giro di 1 minuto l’AI crea ben due versioni distinte del pezzo, musica e voce. Chiaramente sul testo e sulla musica si può lavorare, ma io credo che in breve possa diventare uno strumento molto utile per musicisti e produttori. La versione free consente di elaborare 10 canzoni al giorno (che si possono accumulare se non se ne usufruisce), sufficienti per divertirsi con gli amici. Ma ho una sorpresa per te, giovane padawan: ecco la “Forza del padawan” la canzone creata da Suno per te con il prompt che ho riportato poco fa (e un evidente errore nel testo che ti sfido a individuare)!
È finita la Leletter, evviva la Leletter! Vuoi farmi censurare dall’Aiart? Basta che rispondi alla email con cui ti è arrivata.
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Ad maiora, Emanuele