Mangiare bene è una pratica igienica e salutare: la frutta si mangia ai pasti o lontano dai pasti ?
Ma come si fa a capire il limite tra il mangiare bene ed il mangiare male? Nella comunità scientifica spesso si trovano argomenti che vengono affrontati in modo diametralmente opposto da specialisti di settore. Questione di filosofia, di competenze, di visione generale o semplicemente che ancora realmente non abbiamo messo a fuoco come il DNA umano evolva in ciascun individuo in modo differente rispetto allo stesso alimento? E poi la pera che mangia il paziente A è proprio uguale a quella che mangia il paziente B, viene dallo stesso albero oppure da due ceste diverse? Ha lo stesso contenuto in fruttosio e fibre pur venendo da due coltivazioni diverse? Abbiamo verificato il tasso di residui di pesticidi prima di somministrarle a pranzo? Perchè per poter dire che i frutti hanno azione anti-ossidante, i loro contenuti in anti-ossidanti naturali (polifenoli, proantocianidine, etc.) non devono essere in alcun modo ridotti o immobilizzati dai pesticidi residuali. Senza dati analitici non si può dire nulla e non si può dare alcuna risposta ai quesiti sopra esposti.
Siccome mi piace leggere libri di scienza e, dopo la lettura e lo studio profuso in oltre 55 esami accademici per conseguire due lauree magistrali, una in chimica ed una in farmacia, mi piace ancora studiare post-lauream per poter essere sempre aggiornato e conseguire gli ECM necessari alle mie professioni, con la passione per la lettura oggi mi ritrovo una biblioteca che rappresenta il mio unico patrimonio.
Qualche giorno fa, guardando la mia libreria zeppa di testi, mi sono soffermato a riflettere e sono arrivato ad un punto: se ho capito cosa vuol dire mangiare male, confesso che mi sono fatto una mia idea di cosa vuol dire mangiare bene. Ovvero mi sono fatto un'opinione.
Oh madonna mia! ho esclamato.
Ma una stampa nel mio studio riporta la faccia di Ippocrate che mi ricorda: "esistono soltanto due cose: la scienza e l'opinione. La prima genera conoscenza, la seconda ignoranza". Come non essere d'accordo! Ce l'ho messa là perchè la condividevo. Dovevo consolidare l'opinione e farla diventare scienza.
Allora sono andato alla ricerca della verità, proprio come Diogene, con la mia lampada (un background da chimico e da farmacista) che fa anche abbastanza luce. Mi sono subito recato nella libreria della mia Università dove il titolare mi sorride sempre compiaciuto perchè sa bene che non esco mai a mani vuote. Ho cercato dei libri da comprare, che fossero intellegibili per me e fossero scritti da gente qualificata. Fissati questi criteri di selezione delle fonti, ne ho comprati un paio ed ho iniziato a divorarne i contenuti come un diabetico divora pasticcini. Volevo rispondere al mio dubbio: ma la frutta si mangia dopo il pasto o lontano dal pasto? Primo libro, molto interessante, di circa 180 pagine scritto da un professionista medico e Specialista in Scienza dell'Alimentazione, nonchè docente accademico della materia, mi riportava che la frutta non va mai mangiata dopo i pasti, specialmente se vi è una componente glicidica nel pasto, perchè il fruttosio in essa presente, assorbito dai villi viene trasformato solo parzialmente in glicogeno mentre la gran parte si trasforma in acido palmitico, un grasso saturo ed aterogeno. Il fruttosio, se da solo può portare alla steatosi epatica, condizione morbosa che può evolvere fino alla cirrosi epatica, anche se nella pera è associato a fibre, vitamina C e sali minerali, non è consigliabile dopo pranzo in chi soffre di steatosi epatica, perchè può essere trasformato in grasso. Non ho trovato i dati di tale "tossicità" giornaliera" nel libro, ma ho pensato che fosse di natura discorsiva e quindi ho annotato che mi mancava l'asticella a cui posizionare la dose giornaliera tollerata. Ma tollerata da chi? Siamo tutti uguali? No certamente. Alcuni dubbi sono rimasti, ma molti processi biochimici riscontravano quanto riportato in questo testo, la formazione delle catene C16 del palmitato e gli enzimi che regolano la formazione dell'acido grasso sono stati cristallizzati. Quindi, la frutta sarebbe meglio mangiarla lontano dai pasti, magari come spuntino oppure al mattino a colazione, quando il nostro corpo ha più bisogno di carburante glicidico. Fissato questo concetto, vado avanti.
Vado avanti, perchè una rondine non fa primavera! Apro il secondo libro acquistato che parla di frutta, scritto da un'oncologa, un medico specializzato che parla dei pericoli della frutta, perchè la battaglia contro i tumori inizia a tavola. E come non essere d'accordo. Anche in questo libro di ben 13 capitoli qui trovo scritto "no alla frutta dopo i pasti" : la frutta, se consumata dopo i pasti, specie dopo aver consumato carboidrati (come un piatto di pasta, o di riso, o del pane) provoca la putrefazione di tutto quello che abbiamo mangiato, creando anche una forte acidosi. L'acidosi, sottolinea l'autore è uno di quei fattori che favorisce lo sviluppo del cancro. In questo testo l'oncologa riporta una serie di "no":
• No alla frutta a cena: la frutta contiene zuccheri e gli zuccheri andrebbero sempre banditi a cena e in generale da dopo pranzo in avanti. Dopo il pranzo il nostro metabolismo rallenta e l'organismo ha più difficoltà a metabolizzare gli zuccheri. Inoltre se mangiata durante la sera, la frutta provocherebbe un picco glicemico notturno, con il rischio di svegliarsi il mattino dopo con glicemie altissime. La dott.ssa dice di aver visto glicemie di oltre 200 in pazienti che avevano mangiato solo 2-3 frutti a cena. Come afferma anche il Dott. Franco Berrino in molti suoi interventi, una glicemia tendenzialmente alta è uno di quei fattori che favorisce lo sviluppo e la crescita dei tumori, dato che le cellule tumorali si nutrono proprio di zuccheri. Per tutti questi motivi l'oncologa raccomanda la frutta solo a colazione.
• No alle macedonie: mangiare frutti diversi nello stesso pasto è una pratica sbagliata e dannosa per la salute. Ogni frutta ha il suo pH, ovvero un suo indice di acidità, con la conseguenza che mangiando macedonia il nostro stomaco non sa più cosa fare e letteralmente impazzisce. Il risultato è che tutto quello che abbiamo ingerito, soprattutto se carne rossa, marcisce e si produce putrescina, una poliammina cancerogena.
• No a mandarini e arance: mandarini e arance, oltre ad essere frutti molto acidi, che quindi provocano il crollo del pH (acidosi), contengono anche delle sostanze, chiamate poliammine, che rappresentano dei fattori di crescita per le cellule tumorali. Tra i peggiori c'è la putrescina e le arance, seguite dai mandarini, sono i frutti che ne contengono di più.
Dopo questa lettura mi "ipocondrizzo" per me che divoro mandarini, ed aspetto l'autunno per la loro maturazione, per farmene scorpacciate al mattino, ma anche negli spuntini pomeridiani. Però decido che i dati clinici siano importanti e quindi, visto che già due medici specialisti mi spostavano la frutta lontano dai pasti penso che questa localizzazione giornaliera sia quella corretta scientificamente. Facendo una ricerca sulla rivista scientifica Journal of Hepatology trovo uno studio dei ricercatori dell’area di Malattie epato-metaboliche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che, per la prima volta in letteratura, rivela i danni del fruttosio sulle cellule del fegato dei più piccoli. In tale studio si definisce anche un limite di 25 g /die per il fruttosio. Ogni grammo in più rispetto al fabbisogno giornaliero (circa 25 grammi) accresce di una volta e mezza il rischio di sviluppare malattie epatiche gravi. Verificato che una pera da 100g contiene 6,23g di fruttosio, la banana 4,85g/100g ed il mandarino 2,4g/100g, ho sperato ( e spero tutt'ora) di non avere un cancro perchè se il mio mandarino ha meno fruttosio, di contro nel paziente oncologico genera putrescina. Devo dire che la presenza di fibra del mandarino è molto alta e questo è un fattore protettivo verso la putrescina ed il suo contatto con l'epitelio intestinale, ma se lo dice un'oncologa c'è da crederci.
Quindi, questo medico oncologo afferma che un consumo sconsiderato (non precisa una quantità) di frutta può provocare seri danni alla salute, a cominciare dal fegato, dove il fruttosio viene stoccato, immagazzinato e trasformato in glicogeno. Mangiare troppa frutta può provocare un innalzamento non solo della glicemia, a cui devono stare attenti tutti, non solo i diabetici, ma anche di altri valori come il colesterolo (di cui i colpevoli sono appunto gli zuccheri e i cereali, non di certo le uova) e dei trigliceridi. La stessa steatosi epatica, conosciuta anche con il nome di “fegato grasso” è una patologia di cui la causa può essere tranquillamente il consumo eccessivo di frutta. Una cosa interessante è invece la sua posizione favorevole al limone come frutto. Pur essendo un frutto acido, all'interno del nostro sistema digerente esso si comporta come un alimento alcalino. Inoltre il limone, specialmente se assunto al mattino a stomaco vuoto come spremuta con un po' di acqua tiepida, aiuta a depurare l'organismo e a regolarizzare l'intestino. Infine, una spremuta di limone su carne e pesce migliora sensibilmente l'assorbimento del ferro contenuto in questi alimenti.
Dopo la lettura di questi due libri pensavo di poter avere la risposta alla mia domanda. Anche perchè concordavano, cosa strana per la medicina. Era importante per me avere una risposta a quella domanda iniziale: ma la frutta si mangia dopo il pasto o lontano dal pasto? perchè nella mia professione mi trovo a consigliare medicinali, ne illustro dose, modo di somministrazione, durata, precauzioni, eventi avversi, ma questo anche per integratori, prodotti dietetici, quindi devo avere piena conoscenza e consapevolezza della nutrizione, devo essere preparato a giustificare perchè il medico nella dieta ha deciso di mettere la frutta lontano dai pasti o al mattino. La maggior parte delle diete che seguo sono terapeutiche ovvero curative e specifiche per persone con diabete o ipercolestrolemie o iperlipidemie moderato-gravi che hanno terapie farmacologiche associate al trattamento dietetico. Sento su di me un peso non indifferente quando il paziente torna dal diabetologo con il suo papiro e mi chiede aiuto perchè non sa da dove iniziare. Un foglio stampato su cui c'è scritto cosa mangiare e cosa non, frutta lontano dai pasti ed altri dati, tra questi il posizionamento dei medicinali, dose e posologia. Diamogli una struttura!
Ci sediamo nello studio, prepariamo un diario, ovvero schema day by day, in cui mettiamo la dieta assegnata dal medico, riportiamo gli incastri dei medicinali ed integratori prescritti ed articoliamo la distribuzione degli alimenti come indicato dal medico. Creiamo dei box dove poter riportare i valori delle analisi di routine, da poter fare anche in auto-diagnostica in farmacia. Mettiamo anche un box in cui riporta l'attività fisica svolta e la sua durata. Tutto diventa più chiaro e schematico, il paziente non vede più la sua dieta come un peso e le tensioni si sciolgono anche dentro di me quando sono certo di aver trasferito tutte le informazioni necessarie e corrette. Poi ritorna l'incubo della domanda ma la frutta si mangia dopo il pasto o lontano dal pasto?
E qui illustro come il medico gli abbia dato come opzione al mattino o come spuntino, ma lontano dai pasti. Credevo davvero che la mia opinione si fosse trasformata in conoscenza grazie a questi due clinici ed ai loro libri, quando si è verificata l'apparizione di un biologo nutrizionista che si è avventurato, con un post su un social professionale di cui ho tenuto traccia, che si tratta di una bufala, quella della frutta lontano dai pasti è una bufala. Ed ha messo in discussione quanto studiato e dimostrato clinicamente dai meccanismi biochimici, ma che è anche scritto sui due libri che recentemente ho finito di leggere di questi due medici specializzati.
Ovviamente, non posso pensare che siano i due illustri medici ad aver riportato "fake news" perchè le ho trovate logiche, motivate, documentate e stampate su libri. Quindi, senza riscontri precisi e puntuali, senza letteratura scientifica di supporto, senza una credibilità al pari degli autori di cui sopra, la bufala è quella riportata dal biologo nutrizionista, dal quale sarebbe meglio non andare, se opera con tale faciloneria, neppure per la dieta del pappagallo.
Chi, essendone in facoltà, volesse contribuire a supportare la teoria della frutta a fine pasto è il benvenuto, purchè sia in grado di spiegare le sue motivazioni scientifiche, supportare con debite documentazioni (di fisiologia, di biochimica) quanto asserisce. Non si accettano link a siti che lo dicono, si accettano solo pubblicazioni, nero su bianco o anche testi. C'è bisogno di onestà intellettuale e professionalità per determinare una risposta certa alla domanda. Ne guadagneremo tutti quando nella descrizione ai nostri clienti/pazienti saremo tutti uniformi. In questo modo sconfiggeremo le fake news ed i cialtroni. Ma se uno dice una cosa ed un altro dice l'esatto opposto, allora regnerà sovrana la confusione e l'incertezza, per cui le persone andranno in giro per cercare la verità e, anche per colpa nostra, potranno essere vittime proprio dei cialtroni.
Grazie per l'attenzione accordata.
Filippo Caccavale
Fonti:
Mangiare bene per sconfiggere il male - Dott.ssa M.R. Di Fazio - Medico Oncologo;
Conosci il tuo corpo, scegli il tuo cibo - Prof. Pierluigi Rossi - Medico e docente di Scienza dell'alimentazione