Manlio Sgalambro, il “nichilista attivo” venuto dalla Sicilia dei filosofi
di Salvatore Grillo
Quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita di Manlio Sgalambro (Lentini 9 dicembre 1924 – Catania 6 marzo 2014), figura complessa e controversa del panorama filosofico italiano. Un intellettuale che, pur non rientrando in alcuna scuola di pensiero definita, ha lasciato un segno indelebile nel dibattito culturale del nostro Paese.
Contro le scuole idealistiche dominanti
La sua formazione universitaria, intrapresa a Giurisprudenza anche come reazione alle scuole idealistiche dominanti (Croce e Gentile) nelle facoltà di filosofia dell’epoca, è solo un primo indizio della sua indole anticonformista. Le etichette che gli sono state affibbiate nel corso degli anni – schopenhaueriano, pessimista vicino a Giuseppe Rensi, anti-idealista e materialista leopardiano, esistenzialista alla Emil Cioran – sono solo tentativi parziali di definire un pensiero che si è sempre sottratto a ogni sistematizzazione.
Sgalambro è stato, infatti, un filosofo puro, asistematico, che ha usato il pensiero come un martello per scardinare le grandi narrazioni e le tradizioni, per strappare il velo di Maya che offusca la realtà. La sua opera, ricca di aforismi e intuizioni fulminanti, è stata spesso definita nichilista. Tuttavia, lo stesso Sgalambro ha sempre respinto questa etichetta, preferendo definirsi, al limite, “nichilista attivo”, un pensatore che, di fronte al nulla, non si arrende ma continua a cercare un senso alla vita.