Le scelte attorno alla mobilità non sono neutrali e tanto meno facili. Prova ne sono le polemiche (di questi giorni) attorno ai rincari di AreaC e agli aumenti del costo della sosta (le strisce blu), che entrano in vigore a Milano proprio in questi giorni.
E’ una vicenda milanese che però dice molto delle fatiche che le grandi aree urbane stanno attraversando per costruire un futuro più a misura d’uomo.
Provo a condividere qualche riflessione per sperando che sia utile per inquadrare la fase in cui siamo.
- Negli ultimi 100 anni le nostre città sono cresciute in un mondo che, per quanto riguarda la mobilità, è stato dominato dall’utilizzo dell’automobile privata. E’ un modello che, soprattutto nei grandi centri urbani, mostra tutti i suoi limiti, sotto il punto di vista ambientale (emissioni climalteranti) e di qualità della vita (traffico, incidenti, problemi di salute, utilizzo spropositato dello spazio pubblico per il transito e la sosta dei mezzi di locomozione).
- Costruire un futuro meno auto centrico è indispensabile per recuperare qualità della vità nei contesti urbani. Lavorare a questa transizione significa voler bene alla propria città, costruire una città più vivibile e salutare per tutte e tutti (a partire dai più giovani e i più anziani che, nell’attuale situazione, sono i più penalizzati), liberare spazio pubblico a favore di destinazioni d’uso più socialmente utili (e divertenti!), stimolare le economie locali e rinaturalizzare il nostro ambiente urbano. Abbiamo insomma un gran bisogno di riaggiornare il nostro ideale di metropoli.
- Costruire questo futuro alternativo significa condividere una nuova visione di città, ri-disegnare insieme un nuovo ideale di stile di vita, renderlo possibile innanzitutto attraverso maggiori investimenti in sistemi di trasporto pubblico, spazi intermodali, infrastrutture e spazi per la mobilità attiva (pedonalità e ciclabilità).
- In questo quadro, l’introduzione di nuove regole, incentivi ai nuovi comportamenti, disincentivi via via più stringenti e anche divieti sono tutti strumenti necessari, che però vanno dosati e negoziati con attenzione (sono fondamentali per lanciare dei segnali forti capaci di mettere in discussione lo status quo, ma devono generare frizioni gestibili altrimenti diventano controproducenti)
- In particolare, è cruciale porsi il tema dell’equità (reale e percepita) di ogni provvedimento. Viviamo in una società sempre più diseguale in cui le disuguaglianze sono distribuite spazialmente e territorialmente. Se non correttamente disegnate, tasse e divieti, rischiano di “pesare” solo sulle tasche di chi ha di meno (e che magari si sposta per lavoro e non per piacere, usa l’auto perchè non ha alternative, deve pendolare anche perchè non si può permettere di vivere in città, ha un'auto poco ecologia perchè non può permettersi di cambiarla, etc. etc.) ed essere percepite come generatrici di vantaggi solo per chi già sta bene (perchè la qualità della vità migliorerà prima nelle zone centrali in cui vive chi già sta economicamente bene e sul cui reddito le maggiorazioni incrementali tutto sommato pesano il giusto).
- Investimenti ed incentivi per favorire una mobilità pubblica, attiva e sostenibile dovrebbero, in un mondo ideale, precedere le forme di disincentivo ed i divieti. Ogni restrizione va abbinata alla dimostrazione di un vantaggio concreto e delle alternative possibili già oggi disponibili, riaffermando una visione di cambiamento, il punto in cui ci troviamo, gli investimenti che si stanno pianificando ed i benefici attesi (scegliendo bene quali vantaggi sottolineare: nel caso delle riduzioni di velocità proposte in molte grandi città - città a 30 km/h - il punto è la gestione più efficiente e sicura degli spostamenti in città, il risultato finale saranno spostamenti più gradevoli e più veloci per tutti, soprattutto negli orari di picco; il richiamo ad una generica “lentezza” rischia in questo caso di essere male interpretato)
- Soprattutto quando si parla di mobilità, le trasformazioni urbane più significative vanno pensate, decise, finanziate, gestite e comunicate alla giusta scala, che è quanto meno quella metropolitana se non regionale. I Sindaci delle città capoluogo non vanno lasciati soli - e non possono pensare di agire da soli - in questa rivoluzione epocale. Servono piani ed investimenti nazionali e regionali per generare cambiamenti tangibili e diffusi.
ingegnere presso Comune di Almenno San Bartolomeo
1 annoLe nuove regole, come tutte le regole, si adattano solo ai privilegiati e penalizzano sempre i poveretti... Infatti quando si pensa ad una legge alcuni già pensano a come procurarsi i modi per farci sottostare i più deboli che non hanno soldi né forze per studiare o far studiare, come loro, il modo di aggirarla elegantemente e legalmente con altre leggi a corollario in apparenza innocue... Era stato già intuito ed evidenziato ai tempi della Fattoria degli Animali di Orwell... "la legge è uguale per tutti... ma per qualcuno è più uguale degli altri..." 👏😉 Prosit...!
Independent Advisor
1 annoSecondo me sul tema misure di restrizione al traffico a #Milano bisogna chiamare ad un cambio di prospettiva. Non concentrarsi sulla modalità di trasporto che ognuno di noi sceglie ogni giorno e cambia a seconda della convenienza o dell'opportunità. Mettere al centro il diritto alla mobilità, con un cambio di paradigma necessario: aumentare al possibile il diritto che ognuno di noi ha di avere un'area di azione la più grande possibile nel minor tempo necessario. Per acquistare beni e servizi al minor costo possibile e alla migliore qualità. Per scegliere la scuola migliore per i propri figli. Per accedere alle migliori cure. Per avere il lavoro che si sogna al miglior stipendio possibile. Per accedere all'offerta culturale e sociale più ampia.
Componente del Comitato Consultivo FINCO presso FINCO
1 annoProbabilmente tutto ciò consentirà presto un confronto su dati socio-sanitari#conomici reali e concreti, superando le posizioni "a priori".
Avvocato
1 annoIniziamo ad offrire un servizio di trasporto pubblico serio e realmente efficiente altrimenti silenzio, non una parola.
Director of International Urban Development Association
1 annoVedo che lei è della fondazione SNAM. INTA è una Agenzia delle Nazioni Unite leader nel mondo per lo sviluppo, che ho l’onore di rappresentare in Italia, ricordo che in Francia si puntó su le imprese territoriali, quelle che potevano espandersi, ma non scappare tipo la FIAT, perché il business lo creavano nei territori. Nacquerò quindi delle società miste (sistema nato nel 1923 in Francia) che portai in Italia nel 1990 che fu legiferato male nel 1985. Tornando in Francia, si puntò su società poi divenute multinazionali, grazie a noi di INTA per ruolo puntando sull’energia, costruzioni, rifiuti, acqua e mobilità che per le PMI rappresentano lo zoccolo duro a tenuta crisi per l’indotto. L’Italia fece il contrario come ora vedo in ogni cosa. Forse dovremmo parlarci a livello istituzionale perché il mondo va avanti mentre noi annaspiamo, non essendo capaci di fare sistema. I Paesi Esteri chiedono a noi per il loro sviluppo per cui siamo garanti di questi Paesi, ma non nei confronti del nostro perché non abbiamo interlocutori e ricordo che siamo l’unico Paese al mondo, con errori che io rilevo ogni giorno. Dei politici si comprende, ma nei contesti internazionali ci si chiede: cosa fanno gli attori del territorio come voi, CDP,