Multidisciplinarietà tra intenzione e realtà
Risultati economico-finanziari? Strategia? Processi? Persone? Leadership? Tecnologia?
Quale è l’aspetto più importante in un’azienda? La “vera cosa che conta”?
Da dove partire per ottenere un’azienda eccellente e che prosperi nel futuro?
E’ importante definire e perseguire obiettivi chiari attraverso lo sforzo di progettare e implementare una strategia differenziante? Ha senso il successo a ogni costo, a prescindere da “come” lo si è ottenuto? L’eccellenza nei processi è la via maestra per un’azienda che voglia prosperare nel futuro? Il clima aziendale è così importante da essere misurato e in certe aziende premiato? L’adozione di una nuova tecnologia è strategico?
Ovviamente credo sia ormai opinione diffusa che questi aspetti (e altri) vadano perseguiti insieme e siano fra loro interconnessi. Un’azienda è un sistema complesso “socio-tecnico”.
E’ curioso notare (come per moltissime altre "teorie" accattivanti che riscuotono numerosi "like" sui vari social) che questa considerazione risale alle ricerche fatte da Eric Lansdown Trist (1909 – 1993) già nel periodo della seconda guerra mondiale e dai suoi colleghi che fondarono il Tavistock Institute di Londra (www.tavinstitute.org).
Serve quindi un approccio “multidisciplinare” che affronti entrambe le dimensioni: quella tecnica, non intesa solo come tecnologia ma anche come metodi, strutture “visibili” quali un organigramma, e quella sociale, intesa come attenzione agli aspetti psicologici in generale (p.e. motivazione, emozioni in genere e non solo comportamenti) delle persone e dei team.
Ancora, fin qui tutto relativamente semplice e condivisibile.
Forse. Queste due dimensioni, spesso continuano invece a viaggiare parallele. lo si nota a livello di organizzazione delle aziende, di formazione scolastica (a tutti i livelli), di specializzazioni delle società che offrono progetti di miglioramento. C’è la “via tecnica”, alla cui base ci sono fisica, matematica, ingegneria, economia, ecc. e c’è la “via umanistica”, alla cui base ci sono filosofia, psicologia, sociologia, ecc. Ognuna con i suoi “esperti”, con le loro soluzioni per miglioramenti possiamo dire verticali e parziali. Che non necessariamente portano a un miglioramento complessivo di un’azienda. Anzi, possono portare ad aziende, nel breve, migliorate dal punto di vista tecnico (p.e. nei processi) ma che nel tempo regrediscono per non aver affrontato il tema sociale o a livello dei singoli, o ad aziende che affrontano con entusiasmo investimenti nella dimensione sociale (p.e. iniziative di coaching o corsi sugli stili di leadership) ma che se non supportati da miglioramenti nella dimensione tecnica (in particolare economica) a breve perdono di slancio.
Si, serve un approccio multidisciplinare, ancora facile sostenerla come tesi. Ma come realizzarlo? Tramite un team multidisciplinare con specialisti per ogni area, tramite il coinvolgimento di esperti esterni specialisti ognuno nella sua area di competenza, o tramite un insieme di persone le quali ognuna ha all’interno un approccio multidisciplinare?
Io credo che le dinamiche di un’azienda si sviluppino si anche attraverso grandi interventi di cambiamento, ma che in realtà quello che fa la differenza e in particolare garantisce la sostenibilità dei miglioramenti siano le micro-decisioni quotidiane che tutti si trovano a dover affrontare nella vita aziendale, sia da risorse appartenenti all'organizzazione oggetto del miglioramento sia da esperti esterni ingaggiati per portare le loro competenze.
Multidisciplinarietà come insieme di individui multidisciplinari, non come insieme multidisciplinare di specialisti
Credo quindi che siano i singoli a dover essere multidisciplinari, gli attori dei programmi di cambiamento a essere multidisciplinari, i leader che guidano le aziende a essere multidisciplinari. Non “semplicemente” i team che supportano i progetti di cambiamento o le aziende “semplicemente” nel loro insieme. Non basta un insieme di specialisti.
Si, ma come fare? Beh, non è facile visto che veniamo educati e ci sviluppiamo nel mondo del lavoro in maniera specialistica e che spesso anche gli esperti esterni sono specializzati.
Partire dalla consapevolezza dell’esistenza e dell’inscindibilità delle due dimensioni
Ma si può cambiare. Molto il lavoro da fare, ma penso serva partire innanzitutto attraverso la consapevolezza dell’esistenza e dell’inscindibilità delle due dimensioni. Dalla convinzione che non esiste una scorciatoia nell’affrontare prima una e poi l’altra. E dal trasformare questa convinzione in azioni concrete che portino in questa direzione.
Alla prossima.