Nella testa dei nativi digitali: l'Ansia

Nella testa dei nativi digitali: l'Ansia

Proseguiamo la rubrica "Nella testa dei nativi digitali" affrontando il tema dell'ansia.

L’ansia può essere considerata come uno stato "spiacevole" di preoccupazione, apprensione o attesa per un pericolo futuro non ben definito. Si distingue dalla paura vera e propria per il fatto di essere meno specifica e definita, vaga e, spesso derivata da un conflitto interiore. I sintomi di questo stato emotivo sono il nervosismo, l'apprensione, l'insonnia, l’apnea, la facilità al pianto, le palpitazioni, la debolezza ed i crampi allo stomaco. È importante inoltre distinguere tra ansia di stato e ansia di tratto. Mentre la prima è legata a una situazione specifica in cui l’individuo si trova (es: l’interrogazione il giorno dopo), la seconda può essere considerata una caratteristica stabile della personalità. 

Durante gli incontri con i giovani adolescenti nelle scuole mi è capitato spesso di “origliare” le conversazioni dei ragazzi nei corridoi e ho potuto riscontrare come nelle loro frasi l’ansia fosse ricorsiva:

“Dici che domani la prof interroga di nuovo? Sì, ma che ansia!”

“La vuoi piantare di chiedermi sempre la stessa cosa? Mi stai ansiando!”

Ho l’ansia che non mi risponda al messaggio…”

L’ansia non è solo la malattia del ventunesimo secolo, ma anche uno dei termini più utilizzati oggi dagli adolescenti. È diventata un’espressione quasi gergale, che contiene al suo interno una pluralità di significati che talvolta esulano da quello reale e proprio del termine. È dunque da chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina e quindi se l’uso così frequente della parola ansia evidenzi, effettivamente, un disagio diffuso da parte dei giovani che lamentano questo stato perenne.

Una recente indagine svolta in Italia conferma che, purtroppo, il termine è utilizzato meno a sproposito di quanto possa sembrare e che circa il 10% dei ragazzi compresi in una fascia di età tra i 12 e i 25 anni soffre di forme depressive o ansiose(dati ISTAT). Questo dato, di per sé allarmante, rappresenta il termometro di un contesto psicosociale nel quale l’ansia sta assumendo le caratteristiche di un tratto culturale. In altre parole, l’espressione “che ansia” si può considerare come un meme dei nostri tempi, uno slogan virale, e soprattutto una forma di eredità culturale che si sta creando e che sempre più finirà per sedimentarsi e diffondersi nella popolazione più giovane.

 Il fatto che così tanti adolescenti sperimentino vissuti d’ansia durante il loro percorso di crescita è normale e in qualche misura fisiologico, tuttavia questo aumento degli stati ansiosi viene attribuito anche alle nuove tecnologie e all’uso pervasivo che i ragazzi ne fanno.

La ragione è semplice: l’adolescenza, e i cambiamenti che caratterizzano questo periodo, di per sé sono rimasti invariati, ma sono oggi declinati in un mondo, quello digitale, che ha modificato drasticamente il loro rapporto con diverse dimensioni come lo spazio, il tempo, l’identità e le relazioni, andando a generare vissuti d’ansia inediti.  

Il cervello dei nativi digitali, infatti, riceve costantemente un enorme quantità di immagini, informazioni, opportunità e richieste.  Sebbene questo aspetto comporti una serie di vantaggi (ne abbiamo parlato negli articoli dedicati all’apprendimento) è come se il cervello fosse continuamente sotto attacco

La quantità di stimoli che un nativo digitale riceve oggi dal web è soverchiante rispetto a quella di un adolescente di 10 anni fa e gli spazi dedicati alla noia sono radicalmente diminuiti andando a generare una sorta di ansia da “vuoto”, un vuoto che bisogna riempire il prima possibile, perché insopportabile.

Questa iper stimolazione influenza il ritmo sonno-veglia dei nativi digitali e, stando alle ultime ricerche sembra avere dei risvolti anche nell’esposizione agli stress emotivi e affettivi, facendo emergere disturbi depressivi o ansiosi che possono avere conseguenze anche gravi. 

Un altro caso esemplificativo di come l’ambiente digitale sia determinate in tal senso è il cyberbullismo: mentre prima l’ansia di essere aggrediti dal proprio bullo era circostanziata in particolare all’ambiente scuola, oggi, la possibilità di essere raggiunti in qualsiasi momento e a qualsiasi ora dal proprio aguzzino amplifica enormemente lo stress e l’ansia che ne deriva.

Personalmente ritengo che il fattore culturale impatti in maniera tanto incisiva quanto quello fisiologico ma determinato dal digitale e, come sempre, penso che l’educazione sia la chiave preventiva più efficace. Imparare (e soprattutto insegnare) a conoscere il mondo del web 2.0, a gestire il flusso di informazioni che provengono da quel mondo e a dar loro il giusto peso, stabilire tempi e limiti alla propria attività online può aiutare a vivere in maniera più serena sia l’ambiente digitale che quello analogico.

Devis Zampedri

Esperto ipnosi | Analogista | Life coach | Light trainer |

5 anni

articolo molto importante in quanto oltre a soffermarsi sull'utilizzo abusato del termine ansia, affronta il rischio legato a chi è sovraesposto alle apparecchiature luminose. la luce blu degli schermi, infatti genera una riduzione della produzione dell melatonina endogena, inoltre causa un aumento del cortisolo circolante predisponendo l'utente ad un aumentato rischio di obesità.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Stefano Solari

Altre pagine consultate