Neuropsicologia alla lettura

Neuropsicologia alla lettura

Nel mio precedente articolo ti ho parlato di Davide Bertozzi e del suo libro Immagini VS Parole.

In questo breve articolo ti parlo di Davide Crepaldi e del suo libro Neuropsicologia alla lettura.

Questo libro l’ho trovato molto interessante e mi ha aiutato a capire come funziona il nostro cervello per il linguaggio scritto.

Due argomenti che mi hanno molto colpito sono:

  1. la lettura su carta e su schermo
  2. la dislessia

Anche il funzionamento del cervello è molto interessante, ma preferisco non rovinarti la sorpresa se lo vuoi leggere al capitolo 3.

Detto questo… partiamo!

Lettura su carta e su schermo

Grazie alla tecnologia leggiamo molto su schermo.

Cambia qualcosa rispetto alla lettura su carta? Leggiamo davvero di più su schermo?

Nel 2016 da uno studio condotto tra i lettori americani emerge che:

  • il 38% degli adulti si informa sui social o sul web
  • solo il 20% legge spesso i giornali stampati

Da un altro studio meno recente giapponese emerge che circa il 70% del tempo di lettura dei lettori è su schermo. Questi sono i risultati raccolti su un campione di 1700 lettori adulti, sia uomini che donne, di età compresa tra i 18 e i 69 anni.

Nel 2015 in Italia l’ISTAT ha pubblicato un rapporto basato sulla qualità e non sulla quantità di libri letti.

Da questa ricerca emerge che vince la carta se si tratta di libri o quotidiani.

Invece per la posta elettronica e internet vince la lettura su schermo.

Infine, da un altro studio emerge che la scelta tra carta e schermo si basa sulla lunghezza del testo.

Se il testo è breve non c’è un vero vincitore. Invece se il testo è lunga la preferenza dei lettori va alla carta.

Due diversi tipi di lettura?

Leggere su carta ci da l’impressione di essere più concentrati, ma è davvero così?

Le neuroscienze dicono che dal punto di vista cognitivo, cioè dell’apprendimento, non cambia di molto leggere su carta o su schermo.

Il sistema di lettura è sempre lo stesso, ma cambiano le sue interazioni con le altre funzioni cognitive (ad esempio, la memoria e l'attenzione), e questo fa sì che il risultato della lettura possa essere diverso.

Nella lettura su schermo siamo bombardati da informazioni non legate a quello che leggiamo. Ne sono un esempio i banner pubblicitari presenti nelle pagine web.

Il nostro sistema si accorge, in automatico, dei cambiamenti improvvisi sullo scenario percepito. In pratica la pubblicità ci fa distrarre mentre leggiamo.

In breve la lettura sullo schermo è veloce e superficiale. Invece, la lettura su carta è più lenta ma più approfondita perché non ci sono stimoli visivi che ci distraggono.

Inoltre, nella lettura su carta la comprensione è arricchita da tenere il libro tra le mani oppure dal sentire il profumo della carta stampata.

Si impara meglio su carta?

Il fatto che il lettore si percepisce più concentrato sulla carta rispetto allo schermo non significa che sta imparando meglio.

In generale la comprensione del testo si impara bene sia leggendo su carta, sia leggendo su schermo.

In uno studio pubblicato nel 2016 emerge che il lettore digitale non mostra differenze di comprensione di un testo legate al supporto di lettura.

Invece chi dice di essere un lettore su carta ha punteggi di apprendimento migliori su quel formato (Digital Replica Edition Versus Printed Newspapers: different reading styles? in New Media and Society, 20, pagine 760 – 776).

Tuttavia i dati della ricerca scientifica non sono sempre coerenti. Infatti da una ricerca pubblicata nel 2013 risulta che un gruppo di giovani della seconda superiore comprende meglio i testi scritti su carta rispetto a quelli su schermo.

Ad un campione di 36 lettori, scelti a caso, ha letto un testo di media lunghezza – 1400/2000 parole -.

Un gruppo ha letto su carta, mentre un altro ha letto lo stesso testo su schermo.

Dopo la lettura il campione ha risposto a delle domande sul contenuto.

I dati raccolti tengono conto dei caratteristiche intrinseche di ogni partecipante (Reading linear texts on Paper Versus Computer Screen: effects on reading comprehension, in International Journal of Educational Research, 58, pagine 61 – 68).

Infine da una ricerca pubblicata nel 2011 emerge che chi cerca informazioni online sui motori di ricerca ricorda meglio le parole chiave rispetto al contenuto trovato (Google effects on memory: cognitive consequences of having information at our fingertips, in Science, 333, pagine 776 – 778).

Carta o schermo: chi vince?

La sperimentazione neuro cognitiva è solo agli inizi, quindi al momento non vince nessuno.

Tuttavia emerge un messaggio: quando dobbiamo leggere un testo lungo, complesso che richiede un alta attenzione e lo vogliamo memorizzare, allora i lettori preferiscono la carta allo schermo.

Lo schermo non sembra dare performance peggiori, tuttavia si adatta meglio a letture veloci e più superficiali.

La dislessia: cos’è?

La #dislessia è un disturbo dell’apprendimento e negli ultimi anni è cresciuto nella consapevolezza delle nostre comunità.

Se cerchi una definizione scientifica la trovi nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’Amercian Psychiatrici Association del 2014:

Un disturbo dell'apprendimento delle capacità di decodifica in lettura, in assenza di altri disturbi più generali che possano giustificare le difficoltà del bambino.

La dislessia presenta due elementi:

  1. non c’è una difficoltà più generale nelle capacità intellettive del bambino. Spesso la dislessia è associata con altri disturbi dell’apprendimento, come la disortografia o la discalculia. In pratica i bambini che hanno una difficoltà nell’apprendimento della lettura hanno anche difficoltà nel fare i conti, oppure a scrivere. Questo significa che l’eventuale disturbo aggiuntivo non è una conseguenza delle difficoltà di lettura
  2. difficoltà di decodifica. La decodifica è la trasformazione dei grafemi in fonemi. La decodifica non significa comprendere il testo. Un bambino dislessico ha difficoltà a leggere ad alta voce. La maggior parte dei bambini dislessici capisce molto bene quello che legge, solo evita di leggere ad alta voce. La lettura ad alta voce impegna, nel dislessico, buona parte delle sue risorse, a scapito della comprensione del testo. Un espediente con maggior successo è aumentare lo spazio tra i caratteri. Se si aumento lo spazio tra i caratteri, diminuisce in alcuni bambini dislessici la decodifica. In pratica diventa più semplice l’identificazione visiva delle lettere. Questo effetto si chiama crowding in letteratura scientifica.

Nessun dislessico è uguale ad un altro. Infatti occorre capire qual è l’origine del problema del sistema cognitivo in costruzione di ognuno, prima di intervenire con strumenti adeguati.

Come si manifesta la dislessia?

La dislessia è un disturbo della comprensione delle parole scritte in suoni linguistici. Questa definizione è lasciata vaga perché la dislessia si manifesta in modo differente a seconda delle caratteristiche della lingua e del sistema di scrittura.

Ad esempio l’italiano ha una corrispondenza molto precisa tra grafemi e fonemi. Quindi una persona riesce a leggere qualsiasi parola, anche quella mai vista prima.

Invece, in inglese, la corrispondenza tra grafemi e fonemi è molto meno regolare e le lettere possono venire lette in modi molto diversi tra loro.

In inglese la dislessia si manifesta con chiari errori di lettura, mentre in in italiano come una scarsa velocità di lettura.

La diagnosi di dislessia è su base comportamentale. Qualsiasi esame funzionale dell’attività neurale serve ad escludere che le difficoltà di apprendimento di lettura siano un problema di altra natura.

Quanto conta la genetica?

La genetica conta molto. Ma questo vale anche per la dislessia? Se un genitore è dislessico lo è anche la prole?

Gli studi recenti suggeriscono una base genetica “multicomponenziale”, cioè basata su geni diversi la cui espressione interagisce con quello degli altri.

Questo significa che, al momento, anche se si ha un campionamento completo del genoma di una qualsiasi persona, la scienza non è in grado di predire con certezza la presenza o l’assenza del disturbo.

In pratica non è detto che se un familiare ha la dislessia lo saranno anche i nascituri, come non è detto che se in famiglia nessuno ha la dislessia nessuno possa essere dislessico.

Tuttavia ci sono dati molto chiari che dimostrano come alcuni fattori legati al nostro rapporto con la lettura possono proteggerci dall’emergere del disturbo.

In pratica dobbiamo esporre i nostri figli al linguaggio il prima possibile. Più parole sentono, più sono invitati a parlare con noi sin da molto piccoli. Più lingue sentiranno parlare con regolarità, migliore sarà il loro linguaggio al momento della lettura.

Davide Crepaldi consiglia ai genitori di leggere assieme ai propri figli, quando sono un po’ più grandi.

Quando il bambino vede il libro che sta leggendo il genitore, comincia a ad intuire che c’è una corrispondenza tra parole lette e parole scritte, tra le singole lettere e i suoni linguistici. 

Dislessia: qualche dato

Alcune stime a livello internazionale suggeriscono che 7 bambini su 100 hanno punteggi ai test di lettura inferiori alla soglia per la diagnosi di dislessia.

In Italia, da una ricerca risulta la percentuale è dimezzata, cioè del 3,5%,

Inoltre da questa ricerca italiana emerge che il dato non cambia da regione a regione.

Quindi, per quel che riguarda l’Italia la dislessia è omogena e non settoriale.

Spero di averti fornito idee e stimoli su questo argomento.

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