NON È FINITA FINCHÉ NON È FINITA

NON È FINITA FINCHÉ NON È FINITA


 

Sono da sempre affascinato dai voli pindarici.

 

Mi piacciono i collegamenti improbabili, i salti logici, le connessioni inaspettate, le suggestioni che precedono le spiegazioni. Non chiedetemi perché, ma è così.

 

E quindi: scommettete che riesco a partire da Angelo Branduardi e ad arrivare a Italo Calvino, passando per l’orso Yoghi e Lenny Kravitz?

 

Un gioco da ragazzi.

 

Cuggiono vi dice qualcosa?

Per i non milanesi, Cuggiono è un comune della città metropolitana di Milano. “Cuggiono è una terra piatta, senza montagne senza alture, dove vige tutta normalità, senza sbalzi”. Questa è la descrizione che ne dà uno dei suoi più famosi concittadini, Angelo Branduardi. Sì, quello della fiera dell’Est e del topolino che per due soldi suo padre gli comprò. Regali d’altri tempi e canzone geniale.

 


La fiera dell'Est


Vicino a Cuggiono si trova Robecchetto con Induno, altro piccolo comune del milanese. Campi, casette, chiesetta. Malvaglio è una frazione di Robecchetto con Induno. Cercatela su Google Maps. Esiste.

 

Pietro Berra partì da Malvaglio nel 1909 per emigrare in America. Aveva 23 anni. Arrivò ad Ellis Island il 18 ottobre. Quella che sarebbe diventata sua moglie, Paolina Longoni, lo raggiunse qualche anno dopo. I due si sposarono e andarono a vivere a Saint Louis dove il 12 maggio 1925 nacque loro figlio, Lawrence Peter Berra. 

 

Lawrence Berra è stato uno dei giocatori leggendari dei New York Yankees, squadra in cui trascorse quasi tutta la sua carriera agonistica nel ruolo di ricevitore prima e di allenatore poi. Disputò 21 World Series e ne vinse 13. Nelle World Series 1956, Berra aiutò il lanciatore della sua squadra, Don Larsen, a realizzare la prima e unica partita perfetta della storia delle World Series. È Berra il giocatore che abbraccia Larsen nella famosa fotografia che celebra il perfect game. Su Larsen tornerò un’altra volta, perché la sua è una storia potente che merita di essere raccontata.

Insomma, dai, avete capito che tifo per gli Yankees.

 


Nel 1972 Berra entrò a far parte della Hall of Fame di baseball. Nello stesso anno la maglia numero 8 fu ritirata dagli Yankees.

 

Marco Pe, suo amico di infanzia, vedendolo una volta seduto a braccia conserte e gambe incrociate aspettando il suo turno alla battuta, disse che assomigliava a una divinità indu (Yogi). Da allora Lawrence Berra prese il soprannome di Yogi Berra.

 

Il suo carisma, dentro e fuori dal campo, fu talmente grande che Hanna e Barbera diedero il suo soprannome all’orso Yoghi (Yogi Bear), personaggio nato all’interno del Braccobaldo Show e che poi si guadagnò una serie tutta sua (The Yogi Bear Show, appunto). L’episodio in cui Ranger Smith spiega a Yogi e al suo assistente Bubu le norme e i divieti vigenti nel parco di Jellystone è un pezzo di storia dei cartoni animati. Nell’orso Yoghi Hanna e Barbera introdussero anche una innovazione grafica per ridurre i costi: non ci crederete ma fu… il collarino. Con questo stratagemma fu infatti possibile animare per lunghe scene soltanto la testa di Yoghi, lasciando immobile il resto del corpo. Tanto per quantificare il cost saving, su un segmento di 7 secondi il numero dei disegni scese da 14.000 a 2.000 circa.

 

Il libro delle norme e dei divieti


Ma torniamo a Yogi Berra. Oltre che per il baseball e per la sua strabiliante carriera sportiva, Berra è ricordato per i suoi aforismi, il più famoso dei quali probabilmente è: “Non è finita finché non è finita” (“It ain’t over till it’s over”), che poi è anche una canzone di Lenny Kravitz che potete ascoltare qui:

 

It ain't over till it's over


L’elenco degli aforismi di Berra è lunghissimo. Ne scelgo a mio piacere alcuni dei più noti:

 

·       È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro

·       In teoria non c’è differenza tra teoria e pratica, ma in pratica c’è

·       Il futuro non è più quello di una volta

·       Bisogna fare molta attenzione se non si sa dove si sta andando, perché si potrebbe non arrivare

·       Abbiamo fatto troppi errori sbagliati

·       Dai il 100% nella prima metà della partita; se poi non è sufficiente, nella seconda metà dai tutto quello che ti è rimasto

·       In quel ristorante non ci va più nessuno, è troppo affollato

 

Poi ce n’è una che mi piace perché si adatta anche al mio sport del cuore (il nuoto) e dice: Nel baseball (nel nuoto) il 90 per cento è impegno mentale, l’altra metà è sforzo fisico.

 

Ma la più bella è il suo famoso aforisma sul funerale:

 

 “Andate sempre ai funerali degli altri, altrimenti loro non verranno al vostro”.

 

Concorderete che questa frase è geniale. È geniale sebbene assurda, anzi forse è geniale proprio perché assurda. Una frase come questa ci fa tremare, manda in cortocircuito il nostro ragionamento. Nella sua assurda logicità questa frase merita di essere ricordata. Non mi dilungo, ma è utile dire che viene spesso usata per introdurre il concetto di reciprocità, di cui ho già parlato.

 

Però qui c’è qualcosa che non va: stiamo forse premiando l’assurdo? Stiamo dicendo che una frase illogica è geniale? Stiamo forse facendo l’elogio all’incoerenza?

 

Già.

 

Italo Calvino fu colpito da ictus il 6 settembre del 1985. Morì tredici giorni dopo. Non riuscì quindi a tenere le lezioni che era stato invitato a tenere nell’ambito delle Charles Eliot Norton Poetry Lectures presso l’Università di Harvard. Il ciclo prevedeva sei lezioni. Six memos for the Next Millenium era il titolo definitivo. La vedova di Calvino scelse il titolo del libro che uscì, postumo, nel 1988 (Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio).

 

Sappiamo molto sulle prime cinque proposte (torneremo prima o poi anche su queste, perché ciascuna meriterebbe molto spazio e molte riflessioni). Sono proposte di cui dobbiamo fare tesoro nella Grande Trasformazione che stiamo vivendo: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità sono ancora valori fondanti del precedente ma anche dell’attuale millennio.

 

La sesta proposta fu soltanto progettata, ma Calvino non ebbe il tempo sufficiente per scriverla. Il titolo inizialmente doveva essere Openess, nel senso di apertura, ma poi fu cambiato in Consistency, coerenza.

 


La sesta proposta è quella più aperta a critiche, anche perché di fatto non è mai stata espressa compiutamente. Perché poi Calvino volesse parlare di apertura ma scelse coerenza è difficile saperlo. Sappiamo che la sua intenzione era di scrivere l’ultima lezione una volta arrivato negli Stati Uniti.

 

Certamente la coerenza è un valore, soprattutto nel senso di coerenza logica: nella narrazione come nella vita, essere coerenti ci rende affidabili, persone con cui ha senso scambiare idee, stringere rapporti, fare affari; essere coerenti è porre le basi per la fiducia e per il dialogo, insomma, quando siamo coerenti noi di fatto ribadiamo coi fatti e con le parole che su quella logica abbiamo costruito il nostro mondo. Essere coerenti è in fondo un modo per riaffermare la nostra particolare qualità di esseri intelligenti, per mostrare ancora una volta l’arma grazie alla quale abbiamo conquistato prima la terra e poi il cielo. È una cosa seria.

 

Però, c’è un però. E si nasconde dentro la frase di Yogi Berra: l’incoerenza apre al nuovo. Io penso che l’incoerenza non sia sempre un disvalore, e capisco che sto camminando su un filo a cento metri dal suolo. Ma se ci pensate bene, l’incoerenza a volte può essere l’espressione di un’altra logica. Un’idea è incoerente all’interno di un certo sistema referenziale che dice cosa è coerente e cosa non lo è.

 

Quindi proviamo ad abbracciare anche l’incoerenza. Non blocchiamola a priori. Cerchiamo di guardarla con mente aperta, potrebbe nascondere molto più di quello che vediamo in superficie. Potete osservare molto guardando, direbbe Yogi Berra.

 

Così ci appare la Grande Trasformazione. Un periodo di grandi incoerenze, di apparenti enormi incongruità, contraddizioni, illogicità. O forse espressioni di altre possibilità di interpretazione. Rottura degli schemi mentali. Vi ricordate cosa diceva Thomas Kuhn?

 


In termini di comunicazione, è più o meno quello che dice la Terza legge (“Cambia il modo in cui dici le cose e dirai cose nuove”), e anche questo concetto si merita una legge tutta sua.


 

 


Sintesi ChatGPT

L'articolo tesse una trama di collegamenti culturali e storici che spaziano dall'arte alla filosofia, passando per lo sport e la cultura popolare. Partendo da Cuggiono, piccolo comune italiano descritto da Angelo Branduardi come una terra di normalità piatta, l'autore salta a figure come Yogi Berra, leggenda del baseball americano, nato da emigranti italiani. Berra, noto per i suoi aforismi saggi e spesso paradossali, è diventato un'icona culturale, ispirando anche il personaggio dell'orso Yoghi di Hanna e Barbera.

L'articolo evidenzia la capacità di Berra di influenzare il linguaggio comune e la cultura popolare attraverso le sue frasi, come "Non è finita finché non è finita" e riflessioni sull'importanza di frequentare i funerali altrui. Queste osservazioni, benché possano sembrare illogiche, sono proposte come esempi di una logica più ampia che può sfidare le nostre aspettative e aprire nuove vie di interpretazione.

Infine, l'articolo connette queste idee con Italo Calvino, particolarmente in relazione al progetto incompiuto delle sue lezioni ad Harvard, dove avrebbe esplorato concetti come leggerezza e coerenza. Calvino e Berra sono presentati come pensatori che, attraverso la loro arte e parole, invitano a una riflessione sulle trasformazioni culturali e sui paradigmi che guidano la nostra interpretazione della realtà. In tal modo, l'articolo celebra la diversità del pensiero umano e la ricchezza che emerge dalle connessioni inaspettate tra discipline diverse.

 

 

 

 

 

 

L’articolo riflette le opinioni strettamente personali dell’autore. Eventuali errori, mancanze o imprecisioni nei contenuti sono imputabili esclusivamente allo stesso.

 

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