Non commette reato chi filma la vicina nuda se le finestre dell’abitazione sono senza tende

La Corte di Cassazione ha stabilito che non integra la fattispecie delittuosa di interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615-bis c.p. la condotta di chi riprende o fotografa la vicina nuda se le finestre dell’abitazione sono prive di tende e non v’è nulla a impedirne la visione.

Il caso in esame

La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza con cui il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale territorialmente competente aveva ritenuto sussistente la penale responsabilità di un soggetto, accusato, tra i vari reati, dell’ipotesi delittuosa di interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615-bis c.p., per essersi procurato indebitamente video e fotografie della propria vicina mentre, nuda, usciva dal bagno della propria abitazione.

Avverso la suddetta sentenza, l’imputato aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione ed erronea applicazione dell’art. 615-bis c.p. e vizio di motivazione dell’impugnata pronuncia, ritenendo che la Corte territoriale non avesse adeguatamente considerato la circostanza che l’abitazione dell’imputato e quella della persona offesa erano adiacenti e che la vittima si era mostrata nuda pur sapendo che la propria abitazione fosse priva di tende. Conseguentemente, non poteva dirsi sussistente alcuna lesione alla riservatezza della stessa.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di legittimità ha ritenuto la doglianza fondata.

In particolare, i giudici di Cassazione hanno rilevato come fossero pacifiche le circostanze fattuali dell’effettiva prossimità delle abitazioni, dell’assenza di tende o altri accorgimenti volti a limitare la visibilità di ciò che avveniva all’interno dell’abitazione della vicina e l’inutilizzo, da parte dell’imputato, di particolari accorgimenti per fotografare e filmare la persona offesa.

Analizzando la formulazione lessicale della disposizione codicistica, il consesso nomofilattico è giunto ad affermare che per l’integrazione del reato de quo non è sufficiente che la condotta descritta dalla norma in esame abbia per oggetto immagini che riguardino atti posti in essere in uno dei luoghi indicati dall'art. 614 c.p. (abitazione o altro luogo di privata dimora o le appartenenze di essi), ma è necessario anche che tale condotta sia posta in essere “indebitamente”, e cioè “in contrasto o eludendo, clandestinamente o con l’inganno, la volontà di chi abbia il diritto di escludere dal luogo l’autore delle riprese”.

Pertanto, come si legge in motivazione, “se l’azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei senza ricorrere a particolari accorgimenti, non si configura una lesione della riservatezza del titolare del domicilio”, la cui tutela è limitata a ciò che si compie in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi, e, conseguentemente, non può dirsi sussistente il reato di interferenze illecite nella vita privata.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha, limitatamente alla condanna per il reato di cui all'art. 615-bis c.p., annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

 (Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 8 gennaio 2019, n. 372)


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