Nuove nomine, nuovi e vecchi AD e presidenti, vecchie abitudini?
Anno nuovo vita nuova, forse...
Questo è stato l’anno delle nomine dei nuovi (o vecchi) #AD e presidenti di alcune tra le maggiori realtà nazionali quali #Enel, #Leonardo, #ENI, #Terna, #PosteItaliane e presto seguirà quella di #CdP.
Premetto di non conoscere nel dettaglio l’esperienza, la competenza e le capacità di ciascuna figura nominata/nominabile (esula da questo articolo, ma dispiace sempre vedere quanto la nostra società si confermi patriarcale) e di non aver mai lavorato per queste grandi aziende; mi risulta spontaneo però chiedermi, come esercizio per trarre spunti sulla mia carriera lavorativa, come si comporteranno nel corso di questa nuova (o vecchia) avventura lavorativa questi manager di successo.
A seguito della pandemia da poco superata abbiamo cambiato il modo di lavorare e di percepire il concetto stesso di lavoro. Ne sono palesi esempi l’introduzione dello #smartworking (anche se dovremmo parlare più di telelavoro) come pratica consolidata e la valanga di dimissioni di molti professionisti alla ricerca (ipotizzo) di lavori che consentano maggiori stimoli professionali, maggiori remunerazioni e/o un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata.
Molte aziende hanno potuto dal canto loro sfruttare lo “smartworking” per ridurre gli spazi lavorativi, con conseguenti risparmi su bollette e affitti, sfruttando la possibilità di far lavorare i dipendenti in luoghi alternativi (casa), cosa che ha giovato pure ai lavoratori (più unico che raro caso di strategia win-win). Sono convinto che in ogni azienda ci siano persone competenti, capaci, proattive che lavorano tanto in ufficio come (e forse ancor più) da remoto e rami secchi (probabilmente difficilmente eliminabili) che arrancano in ufficio e rallentano ulteriormente fuori.
Da queste considerazioni nasce la mia domanda:
“Cosa farei se venissi ipoteticamente nominato AD di una grande impresa multinazionale?”
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La risposta che sorge spontanea vista la distanza che si interpone tra me ed una posiziona simile è: “Non lo so”.
È probabilmente la mia indole tecnico-scientifica a parlare ma analizzerei sicuramente in modo quanto più approfondito possibile i dati aziendali per capire dove e come andare ad agire confrontandomi ed appoggiandomi ai responsabili dei diversi settori aziendali (non intendo dire avere il totale controllo nel dettaglio delle attività che porterebbe al blocco totale dell’azienda in quanto farei da collo di bottiglia, saper/poter delegare è importante).
Quello che eviterei di fare sono azioni a tappeto solo per far sentire la mia presenza, il cambiamento, azioni insensate che paralizzano l’azienda e/o che la riportino a modelli di 30/50 anni fa.
Immagino ad esempio, perdonate la mia immagine cinematografica di una multinazionale, l’arrivo di un nuovo “Megadirettore Galattico” che faccia rinnovare (ed allargare) il proprio ufficio per trovare spazio alla poltrona in pelle umana, all’inginocchiatoio e all’acquario dei dipendenti. Un direttore che al suo arrivo mette in atto come prime azioni il blocco delle assunzioni, lo stop alle trasferte e l’eliminazione (o quasi) dello smartworking, come se tutto quanto fatto in questi anni fosse totalmente sbagliato e l’azienda si fosse fermata/paralizzata negli ultimi 3 anni.
Ritengo, nonostante la mia poca esperienza, che questo non sia il modo giusto di dirigere un’azienda.
Mi auguro che questi “nuovi” manager riescano a gestire al meglio queste grandi realtà e soprattutto il personale (che tra l’altro permette alle aziende di crescere ed evolversi).
Buon lavoro.