ovvero...come dovrebbe essere un buon insegnante

ovvero...come dovrebbe essere un buon insegnante

di Lorenza Di Fabio

Ci sono almeno due o tre concetti di medio-grande portata che si collegano all’affermazione del pedagogista Carruthers, della quale quest’ultimo (senza nessun merito volergli sottrarre) non è il primo scopritore/ideatore: è questione molto più antica…parliamo di Socrate. Un buon insegnante, un buon maestro dovrebbe essere colui che ci aiuta a conquistare, o come diceva Socrate, a “partorire” il sapere ed unitamente ad esso, un nucleo solido di “verità” essenziali, che nessuno dall’esterno può imporci come fossero dogmi.

Fondamentalmente un bravo docente è paragonabile ad un genitore che insegna ad un figlio a camminare: lo accompagna, lo sostiene, lasciandolo, se occorre, anche libero di cadere; ma la conquista della conoscenza e della “verità” (attenzione a come si intende il termine!) deve essere sempre frutto di una ricerca personale, cioè condotta dall’allievo in prima persona (non di certo in solitudine).

Perciò, volendo inquadrare la cosa anche secondo le più moderne teorie di gestione delle relazioni, l'insegnante deve/dovrebbe saper mettere in piedi un gioco ad equilibro variabile tra leadership (che tutti oggi identificano nel termine “autorevolezza”, stando bene attenti a non confonderla con autorità o autoritarismo) e spirito gregario: se fosse soltanto, oppure se fosse eccessivamente, leader, non sarebbe empatico ed attento alle esigenze ed alle peculiarità di chi si trova di fronte, non sarebbe in altre parole un “professionista riflessivo”, per dirla con Schön; se fosse soltanto, o soprattutto gregario, sarebbe un quasi compagno di classe.

Il docente, in soldoni, dovrebbe essere insieme guida e scopritore/ostetrico/valorizzatore di talenti; curarsi di fornire i propri studenti di un corretto approccio metodologico alla costruzione ed al consolidamento del proprio bagaglio di conoscenze. Michel de Montaigne, filosofo vissuto nel 1500, ispiratore del pensiero del sociologo contemporaneo Edgar Morin, diceva:

“E’ meglio una testa ben fatta, che una testa ben piena”

E’ fondamentale aiutare gli studenti a sviluppare un corretto incedere nel cammino della scoperta della conoscenza, senza mai dimenticare due o tre cose: l’economia del sapere, cioè il quantum (in senso latino) corretto ed utile di conoscenza da “trasmettere/costruire”; l’unione indissolubile di scienza e virtù, vale a dire che il sapere senza buon senso e capacità di discernimento del bene e del male in ogni situazione (questione delicata e dai confini sfumati), non serve a nulla; ma soprattutto, l'importanza della capacità di ragionamento e l'autonomia di pensiero, il cosiddetto pensiero critico. Quest'ultimo è il salvavita in qualunque situazione/contesto sociale, a maggior ragione (e questo ormai è noto) in un mondo ipertecnologizzato che offre in pochi click presunte verità, in una società certe volte omologante, in contesti relazionali nei quali c’è la competizione e la corsa a chi coniuga meglio in sé molteplici doti ed abilità (perdendo spesso di vista la propria reale persona/personalità), pur di rispondere agli imperativi attuali di sempre maggiore efficienza/forza/self-determination. In merito a quest'ultimo aspetto, già nella seconda metà degli anni ’50 qualcuno aveva detto la sua: si tratta di Herbert Marcuse che nel suo Eros e Civiltà del 1955, opera di revisione critica del pensiero freudiano, individuava nell’espressione e nell’elemento  principio di prestazione uno dei meccanismi più pericolosi e repressivi della soggettività in tutte le sue sfumature vitali ed espressive (vita quotidiana, lavoro, consumi, sessualità).

Per concludere, incentivare l’alunno al ragionamento, alla costruzione autonoma del proprio sapere/saper fare/saper essere (quindi della propria identità) vuol dire aiutarlo a diventare un individuo nel senso letterale del termine, cioè munito di individualità; il che non fa il paio con teorie necessariamente incentivanti ad essere delle voci isolate e fuori dal coro, assolutamente no. La dimensione sociale e comunitaria dell’apprendimento dovrebbe essere in perfetta armonia con il corretto sviluppo di una sana individualità. Tutto questo serve anche a non svilire ed appiattire i rapporti interpersonali affettivi e/o d'amore: se ti voglio bene/ ti amo, è per quel che sei; non devi a tutti costi perdere o mistificare te stesso/a in equilibrismi inutili. Amore chiama diversità, diversità chiama amore.

Lasciamo le ultime parole al poeta Walt Whitman.

Tratto da O me! O vita! (O ME! O Life!):

“The answer: That you are here — that life exists and identity. That the powerful play goes on, and you may contribute a verse.”

"La risposta: Che tu sei qui - che la vita esiste e così la diversità. Che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuire con un verso."

Robin Williams in Dead Poets Society: "What will your verse BE? "

Robin Williams nell'Attimo fuggente: "Quale sarà il tuo verso?"

Domenico Maria Caprioli

R&D and Technology Transfer Expert

4 anni

Dovrebbe essere anche il mestiere del consulente che, oltre a raggiungere l'obiettivo, dovrebbe trasferire un metodo e, se possibile, degli strumenti. Grazie per il contributo, condivido in toto.

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