A passo spedito verso l'abisso.

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Gli USA hanno ucciso nella notte, con un lancio di missili sul convoglio di auto su cui viaggiava, il generale iraniano Qassem Soleimani: tra gli uomini più importanti della Repubblica Islamica dell’Iran, capo delle milizie dei Guardiani della Rivoluzione, molto legato agli ayatollah e dal suo popolo ritenuto una leggenda.


L’omicidio non è avvenuto in Iran, ma in Iraq, a Bagdad. E a dare l’ordine di aprire il fuoco è stato lo stesso presidente americano Donald Trump.


Che se ne è poi vantato sui social.

Mentre il Leader Supremo, l'ayatollah Alì Khamenei, ha già annunciato vendetta: "Prometto una dura rappresaglia contro gli USA".


Il presidente iraniano Hassan Rohani ha detto che: "L'Iran e le altre nazioni libere del mondo si vendicheranno contro gli USA criminali".


E il vicecapo delle Guardie della Rivoluzione Mohammad Reza Naghdi ha avvertito gli USA: "Cominciate a comprare le bare per i vostri soldati".


Perché questo attacco?

Perché si tratta di un omicidio eccellente?

E perché dovrebbe preoccuparci?


Tra gli USA e la Repubblica Islamica dell’IRAN è in corso da sempre (da oltre 40 anni) una guerra incessante, a bassa intensità sul piano militare, ad alta intensità su quello diplomatico, che però non è mai fortunatamente degenerata in guerra aperta vera e propria.


Il rischio è che simili azioni possano condurre i due paesi verso un conflitto definitivo che possa rimettere a ferro e fuoco l’intero (e a noi vicino) Medio Oriente, con conseguenze imprevedibili per tutti.


Alla base dell’omicidio ordinato da Trump del generale Soleimani potrebbero esserci tutta quella serie di attacchi e provocazioni contro gli USA in Iraq, ma non solo, dietro i quali secondo gli americani c’è sempre stato Soleimani.


Il più eclatante di tutti: l’assalto all’ambasciata USA di 5 giorni fa, guidato da un’altra vittima del raid di questa notte (che viaggiava con Soleimani): Abu Mahdi Al-Muhandis.


L’omicidio è quindi una reazione diretta a quell’assalto all’ambasciata USA.

Una sorta di vendetta, ma anche una scusa per togliere di mezzo un avversario parecchio scomodo.


Il punto è che il generale Soleimani non era solo un avversario scomodo per gli USA: ma una delle figure più importanti in IRAN, un mito, una leggenda, uno che ha sempre condotto in prima linea ogni guerra in Medio Oriente contro i nemici occidentali: USA e Israele in primis. Salvo collaborare contro l’ISIS.


Il problema è che alla guida dell’IRAN e degli USA ci sono dei fanatici dalle scarse capacità diplomatiche. E quando questo accade, per il mondo, non è mai una bella notizia. E le escalation sono sempre dietro l’angolo.

Emilio Mola

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