Per trovare professionisti della salute, le professioni devono cambiare
Temo che ci troviamo in un ecosistema sociale e professionale dove il mondo delle professioni legate alla salute continui a essere parametrato su un passato nostalgico che non solo non è più sostenibile, ma che non tornerà mai più come lo abbiamo conosciuto.
Il contesto sociale: l’inverno demografico
La tendenza è in atto da anni: «I nati residenti in Italia sono stati 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (6,7 nel 2022). La diminuzione di nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%)» certifica l’ISTAT. Negli anni ’60 i nuovi nati erano oltre 1 milione. È stato detto molte volte? Sì. C’è bisogno di ripeterlo? Allo sfinimento. «Gravissima la situazione italiana», commenta Adriano Bordignon, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari: «Un crollo senza fine, cui assistiamo inerti malgrado i ripetuti allarmi. Ci sta condannando a un futuro insostenibile: non saremo in grado di far fronte a una spesa sanitaria crescente. La tenuta del sistema previdenziale è compromessa con fenomeni dello spopolamento delle aree interne e rurali». In compenso, aumenta l’età media e il numero di anziani e grandi anziani che necessitano di assistenza.
Il contesto tecnologico: l’intelligenza artificiale e la tecnologia sanitaria
Stiamo discutendo a sufficienza di come le nuove tecnologie rivoluzioneranno le professioni? Di come impatteranno in alcuni casi riducendone il numero, in altri casi modificandone le competenze fino quasi a stravolgerle, in altri casi ipotizzando anche una scomparsa di alcune branche? Un esempio su tutti l’intelligenza artificiale nei processi diagnostici radiologici. «La maggior parte dei radiologi si aspetta cambiamenti sostanziali nella professione entro la prossima decade e crede che l’intelligenza artificiale dovrebbe avere un ruolo come “copilota”, agendo come secondo lettore e migliorando la gestione del flusso di lavoro. Tuttavia, emergono preoccupazioni […] dai possibili cambiamenti nell’identità e nell’autonomia professionale. L’uso dell’intelligenza artificiale in campo radiologico, infatti, non è limitato solo ai radiologi, ma sta emergendo una tendenza globale verso l’utilizzo di questi strumenti da parte di clinici non radiologi e altri operatori sanitari» spiegano due medici della SIIAM (Società Italiana Intelligenza Artificiale in Medicina).
Il contesto professionale
Lo Stato italiano riconosce attualmente 30 professioni sanitarie. Si tratta di circa un milione e 500mila professionisti. Questo è un editoriale, non una metanalisi, quindi rimango su un livello superficiale. Tuttavia, è chiaro dai dati in premessa che non avremo un numero sufficiente di giovani per ricoprire tutte le 30 professioni sanitarie così come sono strutturate attualmente. È pleonastico che le professioni abbiano bisogno di essere ripensate completamente, immaginando che alcune di queste diventino specializzazioni post-laurea di altre, alcune accorpate e in generale ripensando le competenze di tutte. Non ci stiamo preparando con modalità omogenee e con lucida onestà intellettuale, che richiede l’abbandono di logiche autoreferenziali, su questo tema; anzi, in alcuni casi, continuiamo a ragionare e proteggere attività esclusive in ambiti professionali appannaggio di professionisti che un domani, semplicemente, potrebbero non esistere più perché i giovani che le svolgeranno non ci saranno, o perché i bisogni della popolazione non se ne serviranno. Cito due recenti dichiarazioni a sostegno di quanto espresso, perché comunque un pensiero riformatore appare e cerca di farsi spazio. Di fronte all’allarme sulla mancanza dei medici pediatri in Toscana, Paolo Biasci (presidente regionale toscano della Federazione Italiana Medici Pediatri) dichiara a mezzo stampa in data 22 maggio 2024: «In base a uno studio fatto da noi pediatri se la natalità rimane invariata a livello nazionale ci saranno un milione e 500mila bambini in meno entro il 2026. Eravamo 7500 pediatri e ora siamo 7.000, numeri senza ospedalieri. Dov’è la mancanza? Siamo anche troppi…»
Rimodulazione delle competenze: sfide e opportunità
Un recente editoriale (20 maggio 2024) dello psichiatra Andrea Angelozzi solleva questioni cruciali sulla rimodulazione delle competenze all’interno delle professioni sanitarie e nell’intersezione tra diverse figure e specializzazioni. L’autore si interroga sul ruolo futuro degli psichiatri, evidenziando la carenza di specialisti e la crescente richiesta di servizi da parte della popolazione. Angelozzi presenta diverse ipotesi sul futuro della psichiatria: alcuni propongono un avvicinamento all’assistenza sociale, altri ipotizzano lo sviluppo di competenze farmacologiche e anestesiologiche. Non manca chi ritiene che il lavoro degli psichiatri possa essere svolto da medici di medicina generale o specialisti affini, limitando così l’intervento specialistico. Dall’altra parte, la popolazione e le istituzioni auspicano un ruolo più centrale degli psicologi, in modo più rigoroso e meno stigmatizzante. Il medico chiude il suo interessante intervento così: «Ma allora, cosa rimane allo psichiatra di specifico? […] Alla fine, un dubbio avvolge tutti questi dubbi: che per questa psichiatria a cui oggi assistiamo non servano gli psichiatri, ma che possano avere un senso in un modo diverso di fare psichiatria, da cui però attualmente siamo molto lontani…».
Consigliati da LinkedIn
E gli infermieri?
La professione si interroga da molto, e non da ora. L’istituzione di una laurea magistrale ad indirizzo clinico in infermieristica pediatrica che con il tempo sostituisca la omonima laurea triennale (e quindi ricompatti due profili professionali in uno) è un buon esempio delle tante proposte che concretamente si stanno portando avanti, ma non l’unico.
L’Italia è pronta a questa rivoluzione?
Modificare il sistema delle professioni sanitarie richiede lungimiranza e coraggio. Non è facile, né popolare, ma è necessario per anticipare il futuro e non subirlo. In caso contrario, saranno i cambiamenti imposti dalla realtà a dettare le regole, con conseguenze imprevedibili. Del resto, una massima sempre valida massima recita: «Ciò che non governi ti governerà».
Articolo pubblicato su Trend Sanità il 30 maggio 2024 a firma di Nicola Draoli.
La troppa specializzazione può solo impoverire ogni professione sanitaria, perché ognuno pensa al suo pezzettino perdendo di vista la PERSONA nel suo insieme, che dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni professionista della sanità
Purtroppo questi problemi delle tante professioni sanitarie in una sanità che cambia è dall’inizio degli anni duemila che pongono interrogatovi nel nostro Paese. Sicuramente certe professioni rivolte ai bambini dovranno essere ripensate, però mi viene spontanea una domanda, non vi sembrano troppe le professioni sanitarie in Italia? Purtroppo ormai da decenni gli infermieri si sono fatti scippare parti di assistenza da altri profili sanitari, a sostegno di questo ricordo un viaggio in Canada di un’equipe multidisciplinare nella prima decade degli anni 2000 dove i sanitari canadesi si meravigliarono delle tante figure sanitarie presenti, si parlava di assistenza agli anziani, cosa che diventa sempre più pressante nel nostro Paese, visto il cambiamento della famiglia, (molti anziani si trovano da soli), basta sfogliare il testo di assistenza infermieristica della Svizzera Liliane Juchli dove molte pratiche assistenziali vengono svolte dall’infermiere, ed invece in Italia sono comparse sempre più nuove figure professionali, mi viene in mente il Perfusionista Cardiovascolare, quindi la domanda non è reinventare certe professioni, ma per gli infermieri riappropriarsi del proprio profilo per intero.
Infermiere presso ASL
6 mesiConcordo che vi debba essere lungimiranza e coraggio, che il futuro bisogna programmarlo, per quanto possibile. Ma, per quanto concerne la professione infermieristica, dobbiamo fare i conti con la realtà e considerare l'astrattezza per quello che effettivamente è, pura teoria. Le variabili da considerare sono molteplici ma purtroppo ci si ostina a considerare quasi sempre un unico fattore quello formativo. Come se "sfornando" professionisti infermieri con una laurea magistrale con competenze a 360°, tra cui competenze in pediatria,possa risolvere tutte le criticità di un sistema sanitario che nulla fa per dare concretamente spazio di esercizio a tale professione. Infatti ad oggi in moltissime strutture sanitarie la professione infermieristica è vista ancora come ancillare, dove l'infermiere deve supportare il medico durante le visite ambulatoriali, quelle visite che lo stesso medico in intramoenia riesce, come per magia, ad espletare autonomamente senza l'ausilio di nessuno, impedendo per questo ed altri motivi l'apertura di ambulatori infermieristici, di conseguenza non permettendo al cittadino di fruire adeguatamente delle competenze degli infermieri. Ciò a discapito del singolo individuo e del sistema socioeconomico.