“Perché” il master Clever: ovvero, anche i formatori si formano!
Quando ho deciso di frequentare il Master di Clever in Formazione Esperienziale collaboravo già con Massimiliano ed Erika da qualche tempo, e pur non avendo ancora conosciuto Renata avevo avuto modo di leggere ed apprezzare vari suoi testi. La formazione esperienziale non era esattamente una novità per me, visto che avevo già avuto modo di utilizzarne le modalità anche fuori dalla collaborazione con Clever.
Perché la scelta di iscriversi al Master?
La formazione d’aula è una delle mie principali attività, che svolgo con una serie di partecipanti diversi per fabbisogni, esperienze e formazione: nell’arco di una settimana “tipo” non è raro per me passare da un gruppo di apprendisti a figure di responsabili aziendali, passando per Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione e futuri hr specialist. Trascorro quindi buona parte del mio tempo lavorativo in aula, e da tempo ho realizzato un elemento fondamentale: il merito di un “buon” corso (Utile? Interessante? Coinvolgente? Sostituite pure quel “buon” con quanto ritenete più opportuno…) non si può accreditare né a qualche magica dote del docente né a corsisti particolarmente desiderosi di apprendere… ma solo ad un efficace dialogo fra le parti.
Dialogo che non è sempre così semplice da strutturare: ogni gruppo è a tutti gli effetti un caso a sé, e non è raro che una determinata modalità di approcciare una tematica, perfetta per il gruppo “A”, si riveli totalmente inefficace per il gruppo “B”. Cosa fare allora, specialmente per tutte quelle situazioni (penso in particolare alla formazione per la sicurezza) in cui il programma didattico è “fisso” e ben poco adattabile?
“Io avrei un sacco di cose interessanti da raccontare, ma non mi vogliono ascoltare…”
Prima di tutto, se siete formatori (anche “occasionali”) e vi riconoscete nella frase qui sopra ho una pessima notizia per voi: probabilmente non siete in grado (ancora) di gestire perfettamente un’aula.
La capacità di trasmettere un contenuto, qualsiasi contenuto, riuscendo a coinvolgere le persone che abbiamo davanti è un requisito fondamentale per la nostra professionalità, e anche se vi trovaste nella condizione di poter trasmettere delle vere e proprie “perle” ai vostri corsisti non potrete riuscirci se prima non avrete instaurato un dialogo con l’aula stessa.
Ed è proprio sull’ “entrare in sintonia” che le modalità della formazione esperienziale si rivelano essenziali. Se un determinato approccio non sembra funzionare, niente vieta di provarne uno più utile, diretto e mirato:in particolare su questo elemento il Master è stato per me uno stimolo eccezionale che mi ha spinto ad abbandonare la sicurezza illusoria di una programmazione rigida e poco articolata, fonte in alcuni casi di “avvelenamento da slide” per le mie aule.
Con la formazione esperienziale il focus dell’attività invece viene spostato dal progetto del formatore all’interazione con i partecipanti… termine assolutamente azzeccato perché una buona aula esperienziale può essere tutto, fuorché noiosa e statica.
E la dinamicità, l’interazione ed il divertimento (va bene, stiamo affrontando temi serissimi ma… dobbiamo per forza annoiarci?) diventano le vere e proprie chiavi dell’apprendimento, efficaci perché tarate sulle esigenze specifiche di “quelle” persone.
Chi si occupa di formazione sa quanto sia difficile poter ricevere un feedback strutturato e realmente utile per migliorarsi, spesso il tutto si riduce a “il corso è piaciuto / il corso non è piaciuto” con rischio non trascurabile di poter divenire con il tempo eccessivamente rigidi nel modo di progettare ed erogare i propri interventi, operando quindi di preferenza solo con certe tipologie di gruppi e rinunciando quasi completamente a mettersi in discussione.
E poi… è davvero accettabile per un formatore non avere “tempo” di imparare?
Ps: se sono riuscito ad incuriosirvi, e volete provare in prima persona, vi segnalo che sono ancora disponibili alcuni posti per l’Open Day del 21 Settembre a Milano