Perché la smart city è necessaria
Il 39% dei Comuni italiani con popolazione superiore ai 15mila abitanti ha dato avvio ad almeno un progetto di smart city nel corso
del 2022. Se si considera la totalità dei centri urbani, nel nostro Paese, la percentuale rimane comunque alta, e oggi si attesta al 21%. Una fotografia, quella proposta dai recenti dati
dell’Osservatorio Smart City della School of Management del Politecnico di Milano, che ci consegna un quadro estremamente dinamico di un settore che, sempre nel corso del 2022, è arrivato a generare un fatturato totale di 900 milioni di euro (+23% rispetto all’anno precedente).
Che si parli di città intelligente, smart city o smart land appare sempre più chiaro, dunque, che ci si trovi davanti a un modello di sviluppo irrinunciabile per il rilancio del nostro Paese. Queste sigle sono infatti il sigillo a progetti di importanza cruciale per il recupero e la valorizzazione del territorio, sia dal punto di vista economico, sia considerando i non meno rilevanti aspetti ambientali e sociali. All’efficienza energetica si abbinano, infatti, la gestione e il controllo dei dati – ad esempio attraverso un’infrastruttura evoluta di illuminazione -, così come a una mobilità urbana più sostenibile si affiancano servizi maggiormente puntuali e soddisfacenti per la popolazione.
Le assegnazioni alle amministrazioni comunali dei primi fondi legati al PNRR hanno trainato in questi mesi la crescita del settore smart city che è peraltro destinato a incrementare
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ulteriormente il proprio peso se si pensa che (sempre in base ai dati dell’Osservatorio del Polimi) l’89% dei Comuni che in anni recenti hanno avviato progetti di città intelligente punta a rinnovare i propri investimenti in progetti di smart mobility, smart building, e analisi dei dati legati a turismo e mobilità.
Insomma, gli enti locali che hanno abbracciato e sposato strategie di investimento nella direzione della città intelligente hanno già ricavato benefici tali da voler rinnovare e rafforzare la propria strategia.
In particolare, affidarsi al partenariato pubblico-privato, ovvero al supporto e al know-how di aziende specializzate per progetti definiti, è fondamentale per gli enti locali chiamati a governare questa transizione complessa, ma ormai non procrastinabile.
La grande sfida appare oggi, dunque, quella di rendere sistemico il ricorso da parte dei Comuni alle nuove applicazioni smart city. Per “raccontare” i benefici della città intelligente servono infatti ancora più case history virtuose, ancora più progettualità mirate e giunte a effettivo compimento.
L’esempio, più che mai in questi casi, è contagioso.