Perché la tecnologia non ci rende meno umani.

Perché la tecnologia non ci rende meno umani.

Al #CustomerEngagementSummit 2023 ho avuto il piacere di condividere con il pubblico presente in sala alcune riflessioni sul rapporto tra tecnologia ed esseri umani. In particolare, mi sono soffermato su tre concetti-chiave e la loro interdipendenza per progettare esperienze digitali capaci di generare fiducia, creando relazioni tra imprese e singoli individui o specifici gruppi d’interesse. Vediamoli qui insieme.


Linguaggio

È da sempre alla base dei processi di sviluppo dell’umanità. Anche i progetti più ambiziosi sono falliti quando è mancato un sistema di comunicazione. Da questo punto di vista, la Torre di Babele ne è un esempio per antonomasia.

Torre di Babele

Lavorando nel digitale dal 1998, ho vissuto in prima persona tutta la parabola evolutiva che ha permesso alle tecnologie di raggiungere il livello di pervasività in cui siamo quotidianamente immersi. Nel corso degli interventi che si sono succeduti al Customer Engagement Summit si è parlato di Revenue Operations, Cloud, Cybersecurity, Marketing Automation, Intelligenza artificiale.

Non è semplice immaginare l’impatto che tutta questa innovazione avrà nelle nostre vite nel prossimo futuro.

Sappiamo però che in un istante possiamo raggiungere mercati molto lontani da noi, distribuire contenuti tramite applicazioni web e social media, spedire migliaia di newsletter via e-mail, invitare qualcuno a comprare prodotti e servizi in luoghi sia fisici che virtuali. Dal punto di vista delle percezioni umane, è diventato normale, se non naturale, vivere esperienze in una realtà fisica o in una digitale.

La contemporaneità di fruizione dei canali di vendita, di comunicazione e contatto, ha portato con sé una proliferazione esponenziale di contenuti, proposte e messaggi, che, come conseguenza, produce un drammatico appiattimento della curva di attenzione.

Ed è qui che entra in gioco il tema della Rilevanza.


Rilevanza

Come accade per le tecnologie, evolvono rapidamente anche i linguaggi e le abitudini delle persone, generando infinite sfumature intorno ai vari segmenti d’interesse (design, salute, arte, moda, etc.), in funzione di molteplici variabili (socio-culturali, demografiche, economiche e così via).

Viene spontaneo chiedersi a cosa serve tutto il potenziale delle tecnologie digitali se non riusciamo ad essere rilevanti per quel preciso gruppo di persone con cui vogliamo entrare in contatto e sviluppare il nostro business.

Ecco che Linguaggio e Rilevanza portano il ragionamento dritto al cuore di ogni attività ovvero le Persone.


Persone

L’innovazione tecnologica non ci sta rendendo meno umani.

In realtà, nel profondo restiamo ancora esseri tribali, nel senso che identifichiamo la nostra tribù di appartenenza anche attraverso un linguaggio identitario. Gli stessi social media possono essere visti come luoghi dove comunità digitali si riconoscono e si aggregano sulla base di linguaggi comuni.

È il linguaggio che ci permette di dire agli altri chi siamo, di comunicare la nostra identità. Le cose che diciamo e il modo in cui le diciamo, ancor prima della veste estetica con cui ci presentiamo, sono la chiave per entrare in empatia con i nostri interlocutori.

In uno spazio che mescolando fisico e digitale diventa sempre più grande e affollato, in cui è necessario confrontarsi con molta intelligenza per acquisire visibilità, l’empatia diventa la chiave per spalancare le porte dell’attenzione.
Pubblico di persone con sguardo attento

Linguaggio, Rilevanza e Persone hanno un impatto diretto su un altro aspetto  aspetto fondamentale per l'impresa e il brand: la Reputazione.

Parafrasando una celebre frase di Jeff Bezos – ‘Your brand is what people say about you when you are not in the room’ – possiamo dire che la reputazione è quello che dicono di noi quando usciamo dalla stanza. Parole che prendo a prestito volentieri perché fanno capire in breve quanto sia importante conoscere a fondo i gruppi di individui o stakeholder di cui vogliamo ottenere la fiducia.


Comunicare non è inviare un messaggio , è il significato che il destinatario di quel messaggio percepisce. Quando comunichiamo, inevitabilmente, esprimiamo la nostra interpretazione di un’idea, di una proposta, di un gesto mentre il ricevente ne può recepire un’altra perché i suoi filtri percettivi sono diversi dai nostri.

Talvolta le nostre convinzioni, la certezza di conoscere molto bene tutti i nostri interlocutori e di sapere cosa interessa loro veramente, ci fa mettere in secondo piano le variabili e le complessità da analizzare per riuscire a cogliere nel segno e ottenere quell’attenzione che si può trasformare in valore.


Conclusione

In Develon Digital , l’azienda che ho contribuito a fondare ventun anni fa e che oggi è parte di Impresoft Group , ci occupiamo, tra le altre cose, di progettare l’esperienza utente che può essere definita, in estrema sintesi, come la semplicità e la soddisfazione con cui le persone interagiscono con un touchpoint, sia esso fisico o digitale.

Nel nostro lavoro è fondamentale coltivare il dubbio, chiederci continuamente se ciò che stiamo progettando - che si tratti di un’interfaccia digitale per una soluzione complessa o un micro-copy per una call-to-action - sia realmente in grado di entrare in empatia con le persone, diventando un momento rilevante e per questo “ingaggiante”, capace cioè di generare fiducia, creare relazione e favorire un’interazione come un acquisto, un’iscrizione o un feedback.

Senza dubbio l’analisi dei dati è un punto fermo del nostro metodo che parte dall’interazione diretta con le persone cui un determinato progetto si rivolge. Attraverso interviste e laboratori di pensiero, chiediamo direttamente agli interessati di aiutarci a progettare soluzioni rilevanti proprio perché costruite sui loro reali bisogni e aspettative.

In fin dei conti la definizione della tipologia di business - B2C, B2B, DTC - non è così importante: qualunque sia l’acronimo che la definisce, si tratta di attività che hanno a che fare con le Persone.

L’engagement non è una variabile direttamente proporzionale al numero di canali, contenuti, touchpoint che attiviamo o al budget che investiamo in tecnologia; dipende invece dalla rilevanza dell’esperienza che siamo in grado di garantire, dalla semplicità con cui gli stakeholder interagiscono con i vari punti di contatto e dalla coerenza con cui comunichiamo senza soluzione di continuità dal mondo fisico a quello digitale. 

Approfondire nel dettaglio tutti questi aspetti è il modo migliore per valorizzare gli investimenti in innovazione tecnologica.


Il Customer Engagement Summit è un evento organizzato da Impresoft Group - Customer Engagement Competence Center

Elisa Pellizzaro

Chief Marketing Officer presso Impresoft Engage

1 anno

Carlo nell’onda travolgente del digitale, sempre alla rincorsa dell’innovazione, spinti dal desiderio di evolvere e ottimizzare, capita di trascurare i principi cardini di ogni azienda. L’empatia con i nostri interlocutori, con le #persone, è e dovrà essere sempre la regola n. 1

Linguaggio, tecnologia, impatto. Un mix esplosivo. Tre keyword fondamentali e uno speech ricco di spunti. Ad majora Carlo Alberto Campione ! 💥

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