Piaccia o no, animati da positività e speranza diamo il benvenuto all’alba del nuovo mondo

Piaccia o no, animati da positività e speranza diamo il benvenuto all’alba del nuovo mondo

L’alba di un nuovo mondo.

#sandropensache

Con il Covid-19 è iniziata l’alba di un nuovo mondo. È un nuovo tempo. È una nuova vita.

Ricordando l’umanista Thomas More: “ Che io (Italia) possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare. Che io (Italia) possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare”.

Stiamo vivendo un millennio in cui il mondo ha cambiato prospettiva con grande velocità per ben tre volte.

La rivoluzione digitale ha determinato un cambio di passo nella vita sociale ed economica del mondo, modificandone i paradigmi della produzione, dell’informazione, della comunicazione e delle relazioni umane.

Poi il drammatico crollo delle torri a New York ha diffuso nella popolazione mondiale la paura del terrorismo.

Infine Covid-19 viaggiando per il mondo ha messo in riga l’essere umano bloccando le economie della Terra.

L’attuale pandemia ha creato un trauma nel mondo con una cesura netta: tra il prima – rassicurante e normale - e il dopo – ansiogeno e incerto – con la comune sensazione che tutto possa cambiare radicalmente. Non si lavorerà più come prima, la vita socio economica delle città probabilmente cambierà, modalità produttive e di consumo non saranno più le stesse.

Si tratta di una pandemia che ha improvvisamente sorpreso il mondo che deve navigare lungo tre direzioni: dall’appiattimento della curva dei contagi (azione del lockdown) alla lotta tra chi vuole riaprire (aziende) e il virus che continua a circolare, per poi finalmente giungere alla cura con il vaccino nel 2021.

Pertanto con la terza fase penso che non inizierà un ritorno alla normalità, bensì un nuovo mondo. Con questa crisi consegniamo alla stupidità il passato delirio di onnipotenza per spostare finalmente l’attenzione sulle cose possibili da fare e a volte concretamente modificare.

Cosa cambia per le aziende?

Bisogna adottare il nuovo paradigma per riconquistare i consumatori, a seguito del notevole incremento del loro comportamento digitale verso beni e servizi.

In tal senso probabilmente il just in time a seguito delle interruzioni delle catene nelle filiere non funzionerà più come prima, mentre assisteremo ad un incremento del reshoring – rientro di alcune produzioni – nei paesi di origine dopo l’offshoring del passato.

Cosa accade in Italia?

Rispetto al resto del mondo l’Italia si trova per la tipologia della propria economia ad essere maggiormente esposta alla crisi da Covid-19 in tanti settori. In particolare la moda, il lusso e il turismo registrano un impatto negativo, quasi da tempesta perfetta per il coronavirus. Infatti lo stop del turismo da Cina, Giappone, paesi del Golfo, America e Russia ha determinato un caduta totale nelle vendite dei negozi (si registra una paralisi di 130 mila negozi che contemplano 300 mila addetti) e degli hotel delle grandi città italiane e delle principali destinazioni turistiche.

Cosa comporta questa crisi in Italia?

In generale le crisi determinano una funzione maieutica nella ricerca della verità. Pertanto l’apocalisse generata da Covid-19 spinge noi italiani finalmente a trarre fuori ciò che già sapevamo ma egoisticamente preferivamo tenere nascosto.

Adesso è il tempo di riconoscere ciò che siamo e di accettare l’operare conseguente al nostro essere, ma non potremo più ignorarlo perché se ben animato semmai potremo giudicarlo e magari modificarlo in tempo.

D’altra parte ogni volta che nella storia si è verificato un evento drammatico è scaturita l’inderogabile esigenza di una reazione.

In Italia è un momento straordinario per giocarsi bene le carte sull’innovazione della società, delle istituzioni, dell’economia.

Come rispondere alla wake up call?

Bisogna focalizzarsi su competenze umane e infrastrutture digitali, puntando su imprenditori visionari dotati di execution. L’Italia dovrà rispondere energicamente e positivamente alla wake up call, la chiamata a svegliarsi dal torpore e galleggiamento degli ultimi decenni per rialzarsi.

Competenza, mercati, consumi post Covid-19 stanno cambiando velocemente, occorre una maggiore attenzione al capitale umano di qualità.

Servono imprenditori disposti a fare da acceleratori, aziende italiane che creino nuovi prodotti per il nuovo mercato globale. Aziende italiane che dovranno accelerare gli investimenti sui canali digitali, sulle nuove tecnologie perché queste ultime saranno sempre più centrali nelle strategie imprenditoriali.

E la Storia ancora una volta è motivo di riflessione e speranza. Fin dal Medioevo noi italiani siamo abili a produrre cose belle che piacciono al mondo. La nostra arte, il nostro genio imprenditoriale, l’identità e qualità dei nostri prodotti rappresentano nei secoli la geniale sintesi della storia economica italiana. Come nel Medioevo, all’ombra dei campanili, anche adesso gli imprenditori italiani volgendo lo sguardo alla bellezza delle nostre città, dei nostri territori animati dalla fantasia dello storico genio italiano sono chiamati alla wake up call con innovative soluzioni made in Italy.

Inoltre tutti dovremo prendere atto che l’ambiente non è più una bella parola con cui riempire le nostre presentazioni, ma l’importante sfida che Covid-19 ci presenta, urgente e necessaria per costruire il nuovo tempo.

Come cambiano l’ufficio e la città?

Negli anni sessanta l’americano Melvin Webber aveva intuito che il mondo avrebbe raggiunto un’era post-città in cui si sarebbe potuto lavorare da una montagna essendo in contatto con la propria azienda e i propri colleghi.

Credo che l’attuale pandemia ci stia avvicinando alla visione di Webber. In tanti sia durante il lockdown ma soprattutto dopo, siamo stati coinvolti in riunioni aziendali o incontri commerciali via Zoom. Meno presenza in ufficio, maggiore smartworking rappresentano un punto di non ritorno che oltre ai diretti risvolti lavorativi hanno anche una importante spinta nel cambiamento delle nostre città. E così dal dogma mondiale precedente sullo sviluppo economico e territoriale “tutti nelle città, perché più grandi sono, più vincenti saranno” stiamo passando al non credo che “più grande è, meglio è” perché le città troppo grandi, le metropoli presentano delle incontrovertibili fragilità, in primis l’inquinamento, poi l’alta densità abitativa, infine sono impossibili da correggere e spesso non sono inclusive.

L’incremento dello smartworking, comporterà inevitabilmente una modifica nelle superfici lavorative, che probabilmente si ridurranno, ciò cambierà anche i quartieri delle città per quanto riguarda la densità di bar e attività di ristorazione light che erano inevitabilmente animate dalla presenza fisica quotidiana dei lavoratori.

Piaccia o no, animati da positività e speranza diamo il benvenuto all’alba del nuovo mondo!


Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate