Privacy, tracciamento di massa e compressione delle libertà individuali
Lungi da noi tentare di esprimere un parere sulle minacce alla democrazia che l’epidemia di COVID-19 sembra stia facendo sorgere all’orizzonte. Non ne abbiamo le competenze. Ma sul sito del Garante della Privacy è stata pubblicata un’intervista al presidente Soro proprio sulla compressione delle libertà individuali e della privacy dovuta alle misure di contenimento del contagio, tra le quali anche l’uso del tracciamento di massa, e troviamo interessante riportarvi alcuni frammenti.
Se ve la sentiste di darci un parere tecnico su tali tematiche, ci farebbe piacere che ci scriveste a info@servicematica.com. Sarebbe interessante raccogliere i vostri punti di vista, le vostre analisi, e riassumerle in un futuro articolo di approfondimento.
PRIVACY ED EMERGENZA
«Siamo in uno stato di emergenza che comprime un po’ tutte le libertà».
L’epidemia da Coronavirus ha creato una situazione d’emergenza, inaspettata e mai vista dalla fine dell’ultima guerra mondiale.
I limiti alla mobilità, l’obbligo di avere sempre con sé un'autocertificazione, l’impossibilità di accedere a servizi fino a pochi giorni fa considerati scontati, i controlli delle forze dell’ordine e l’incognita di futuri inasprimenti, ben poco hanno a che fare con l’ideale di libertà e democrazia che noi tutti abbiamo (finora) avuto.
Sebbene ammetta che l’eccezionalità della situazione giustifichi una parziale compressione delle libertà individuali e della privacy, nell’intervista Soro dichiara che alcune proposte di contrasto all’epidemia che sono state avanzate siano azzardate.
Tra queste, il tracciamento di massa digitale dei cittadini tramite app, sistema utilizzato in Corea del Sud.
Secondo il Presidente, l’idea alla base di queste proposte è che «un incremento della sorveglianza individuale possa essere utile al contrasto e alla conoscenza del fenomeno epidemiologico».
«Usare la tecnologia per migliorare la qualità delle nostre vite, in questo caso addirittura proteggerle, è certamente un obiettivo giusto, che condivido. Esiste poi un passaggio successivo, assai delicato e ancora più importante: questi nuovi strumenti andrebbero valutati sulla base di un progetto serio, visibile e conoscibile, ispirato a principi generali di trasparenza, proporzionalità e coerenza tra obiettivo perseguito e strumenti usati. Per fare questa valutazione servono progetti concreti e valutabili. Invece in queste ore così difficili temo che a volte possa prevalere l’idea di “fare come la Corea del Sud” o “come la Cina”. Bene, dico qui con forza e chiarezza che non sono questi i modelli cui ci dobbiamo ispirare».
IL TRACCIAMENTO DI MASSA
Qualcuno potrebbe ribattere che un sistema di tracciamento di massa sia già stato usato in Lombardia, dove i dati raccolti dalle celle dei telefoni cellulari ha permesso di capire se i cittadini si spostassero o meno.
La situazione è però ben diversa da quanto accaduto in Asia.
I dati raccolti tramite le celle telefoniche lombarde sono dati anonimizzati, cioè dati dai quali non è possibile individuare i singoli soggetti e che permettono solo di comprendere i flussi di movimento.
In sostanza, un conto è accettare per un periodo di tempo limitato l’obbligo di autocertificazione, sebbene questo mini in qualche modo la privacy dei cittadini poiché permette alle autorità di raccogliere informazioni anche sensibili. Un altro è condividere la nostra posizione 24 h su 24 tramite un’app che ci dice se possiamo uscire o meno e che trasmette i nostri dati personali alle autorità appena usciamo di casa.
Le misure di contenimento dovrebbero essere valutate considerando se siano sufficienti a fini di prevenzione, se sono davvero necessarie e proporzionate.
CINA E COREA NON SONO UN MODELLO
Che la Cina non brilli per il suo livello di democrazia è sotto gli occhi di tutti. Per quanto riguarda la Corea, il suo assetto storico, sociale e culturale è talmente diverso dal nostro da non poterla rendere un riferimento giuridico.
Soro sottolinea che «Dobbiamo accettare regole che senza dubbio ci limitano in nome di un bene superiore senza però mai dimenticare che la forza del nostro Paese è sempre stato il modello democratico, […] il nostro modello è l’Italia, l’Europa e non la Cina».
«Abbiamo vissuto e superato la stagione del terrorismo e degli anni di piombo senza minare i cardini della nostra Costituzione. E’ giusto subire e accettare limitazioni dei diritti, purché conformi ai principi generale del nostro ordinamento».
Chi «ha la responsabilità di governare si deve ispirare alla nostra Costituzione e non al governo dell’emozione. Anche in tempo di guerra il diritto deve guidare la scelta di atti necessari».
Da più parti si sente però dire che «siamo in guerra» o «serve un’economia di guerra».
Queste frasi sono parte di una retorica spinta dall’emotiva che può essere parzialmente compresa, ma che non dovrebbe minare la lucidità di chi governa indirizzandolo verso scelte poco conformi alle nostre leggi.
DOV’È IL LIMITE TRA LA TUTELA DELLA LIBERTÀ INDIVIDUALI E LA TUTELA DELLA SALUTE?
Il Garante della Privacy e il direttore della Protezione Civile Borrelli hanno discusso sul confine ultimo tra diritto alla privacy e diritto alla salute. La conclusione è che «il diritto alla salute viene prima visto che senza salute non ci può essere privacy».
In situazioni di emergenza il bilanciamento tra i diritti individuali e costituzionali va rivisto. In questa emergenza, la tutela delle libertà e della privacy viene bilanciata da un altro diritto fondamentale, individuale e collettivo: quello alla salute.
A questo punto, capito che dobbiamo accettare la situazione così com’è, c’è da chiedersi cosa succederà una volta terminata l’emergenza COVID-19?
Terminerà anche la compressione delle libertà individuali e della privacy? Oppure l’epidemia avrà segnato un precedente che potrà essere richiamato per gestire, più o meno in buona fede, situazioni ben diverse?
In questi giorni Servicematica rimane operativa, sebbene in modalità da remoto. Dato il grande afflusso di chiamate, vi invitiamo a contattarci via mail o social.