Quale futuro? Basta solo innovazione e tecnologia?
"Ciò che ci inquieta, in fondo, è che non sappiamo più dove stiamo andando" (Marc Augè - Un altro mondo è possibile)
Ormai si parla solo urlando, l'uno contro l'altro, e un pò tutti difendiamo i nostri personalissimi interessi di nazione, di organizzazione, di partito, di impresa, di sindacato, di cittadinanza, di classe sociale ...e si potrebbe continuare all'infinito.
Sembra ci governi un forte senso di paura e una rabbia atavica contro chi detiene potere e finanza. Ma l'analisi personale di ognuno spesso rimane superficiale, si ragiona per slogan, si sono persi i luoghi e la capacità di ragionare insieme ad altri, difficilmente si crea massa critica costruttiva.
Manca una leadership coerente, una visione complessiva della società che possa essere condivisa nei suoi elementi essenziali, certo discutendo, ma che non siano solo delle cifre, dei freddi numeri della finanza e del PIL. Sono sparite le persone e la loro vita reale: diventata un fuoco di paglia come le emergenze a cui, da troppo tempo, siamo abituati a vivere.
Noi stiamo fallendo come Paese perchè non investiamo su cultura e conoscenza, perchè l'ignoranza complessiva della popolazione, basti pensare ai NEET, ci pone in coda in tante classifiche. E il nostro futuro, vista la fuga di tanti giovani all'estero per lavorare, si presenta con tonalità di grigio scuro assai preoccupanti.
Siamo, invece, ai primi posti per l'uso di social network che stanno plasmando i nuovi cittadini su parole d'ordine e comportamenti con un tono anche antisociale, di odio diffuso verso le istituzioni e le poltrone dei politici, conducendo campagne contro il capro espiatorio di turno. La nostra pancia profonda borbotta e non dà fiducia più a nessuno.
Certo, la grande maggioranza di popolazione che sta sui social non sono "haters" che insultano e urlano contro qualcuno, ma è gente, per lo più normale, che usa questi strumenti per stare in contatto rapidamente con amici, famigliari, colleghi, conoscenti e con nuove possibilità d'incontro. Ma il risultato di tutto questo è un appiattimento verso il basso, è una schematizzazione delle relazioni, un rincorrere continuo alla battuta; i contenuti si sfilacciano, il disimpegno è sempre dietro l'angolo in favore di qualche chat o chiacchera superficiale da aperitivo. O dando spazio all'emergenza sociale del momento, sempre mantenendo un fiato troppo corto. Le notizie, vere o false che siano, hanno bisogno di un continuo ricambio, se ci si ferma troppo ... non funziona!
L'essere al mondo, vivo e vegeto, lo si misura ogni volta dalla quantità di foto e selfie postate. Vogliamo dimostrare di esserci anche noi a bordo, sia pure con il fiatone, di questo stanco pianeta - che stiamo consumendo - perchè ormai tutto è merce da usare e consumare rapidamente, noi compresi.
Sono consapevole di non dire nulla di nuovo. Queste situazioni le conosciamo tutti, ci lavoriamo in queste realtà digitali, usiamo questi strumenti per fatturare consulenze a fine mese o per raccogliere fondi per la nostra causa sociale, o per raggiungere più rapidamente i clienti sull'on-line o sui social.
Ma sappiamo davvero dove stiamo andando imboccando la strada della continua innovazione tecnologica? Chi la sta guidando? Con quale visione del futuro per le nuove generazioni? Faremo in modo di mettere sempre le persone, senza alcuna discriminazione, al centro dell'innovazione e non solo le nostre finanze e il ritorno degli investimenti?
Si dice da tempo che l'Industria 4.0 genererà tanti posti di lavoro specializzati; quanta più gente nel mondo, al contrario, questo posto lo perderà a vantaggio di macchine e robot?
Quello che avremo sarà un mondo più libero, equo e inclusivo, sapremo sconfiggere la povertà estrema, le guerre e il commercio delle armi? O sarà un continuo e inarrestabile conflitto tra chi detiene le leve della ricerca e della tecnologia contro chi ne sarà, inevitabilmente, ai margini o succube?
Guardando i miei nipoti giocare qui davanti a me, mi rendo conto che a molte di queste domande, potranno rispondere solo loro. A me rimane la certezza di non aver fatto, con la giusta forza e coerenza, tutto il possibile.