Qualità efficacia e sicurezza degli estratti secchi di origine vegetale
Negli ultimi anni l’interesse per le sostanze di origine naturale come trattamento terapeutico, è in costante crescita ed è sotto gli occhi di tutti in particolare un aumento dell’utilizzo di integratori contenenti una o più sostanze di estrazione vegetale. La situazione regolatoria di questo mercato è stata recentemente rivista con il decreto 10.08.18 del Ministero della Salute concernente la “Disciplina dell’impiego negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali” nel quale le autorità hanno ritenuto di adottare una nuova lista unica di piante ammesse all'impiego negli integratori alimentari come fonte di sostanze e preparati alimentari, predisposta sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. Il decreto precisa che le uniche sostanze vegetali consentite per la preparazione di integratori alimentari sono quelle che derivano da piante o parti di esse che hanno maturato una storia tradizionale di consumo significativo come prova della loro sicurezza, recependo in particolare il riconoscimento della tradizione d’uso a fini della concessione di claims( cioè di informazioni salutistiche nutrizionali che affermano, suggeriscono o sottintendono che l'integratore alimentare abbia particolari caratteristiche e proprietà), la definizione dei concetti di qualità e sicurezza e la rivalutazione delle basi del mutuo riconoscimento europeo. Senza entrare nel dettaglio normativo, sorge quindi la necessità di saper valutare quali indicatori caratterizzano un prodotto di qualità, e le possibili conseguenze e azioni derivanti dalla sua assunzione, sia benefiche che avverse.
L’intento di questo articolo è di fare il punto sulle minime conoscenze di base a cui gli addetti ai lavori e i consumatori/pazienti dovrebbero far riferimento nella scelta di una integrazione o di un trattamento con prodotti monocomponente o multicomponente a base erbale.
La forma più comune di somministrazione di un principio attivo vegetale in un integratore è l’estratto secco che viene ottenuto a partire da una droga vegetale. Queste sono definite dalla Farmacopea Ufficiale come piante, secreti, escreti di piante che, come tali o come preparazioni, possono essere utilizzate a fini terapeutici o come sostanze ausiliarie per la preparazione di forme farmaceutiche. Invece per fitocomplesso ci si riferisce oltre ai principi attivi, a tutte le sostanze presenti nella droga, complessivamente responsabili delle proprietà terapeutiche e quindi anche a sostanze inerti e/o regolatrici dell’attività farmacologica. Gli estratti secchi rappresentano la forma più moderna ed evoluta di somministrazione delle droghe vegetali e vengono ottenuti per estrazione dalle droghe con opportuno solvente e successiva eliminazione della fase liquida.
Il primo dei parametri che caratterizzano la qualità fitoterapica di un estratto secco è la Standardizzazione. Tale procedura deve riguardare innanzitutto la materia prima, cioè come primo passo fondamentale, la “selezione in campo” di popolazioni vegetali uniformi per qualità e contenuto di sostanze funzionali seguita poi da tecnologie di trasformazione appropriate, accompagnate da costanti controlli analitici di laboratorio durante i vari passaggi della filiera produttiva, garantendo così che il prodotto finito sia caratterizzato da uniformità chimica (stessa quantità di principi attivi) e fisica (densità, aspetto, consistenza, solubilità). Le aziende più importanti e rigorose del settore, tendono oggi ad applicare o a pretendere direttamente dal produttore alcuni concetti di qualità che vengono correntemente impiegati per il settore farmaceutico, cioè i procedimenti di Good Manufacturing Practices (GMP) e le Good Agricultural and Collection Practices (GACP), che prevedono una sequenza di eventi volti a documentare la tracciabilità del materiale vegetale e dei presupposti di qualità. Le specie botaniche che vengono utilizzate per la preparazione di prodotti nutraceutici possono essere o di origine spontanea o derivanti da coltivazioni. Una scelta rigorosa, oggi si orienta prevalentemente verso l’utilizzo di piante coltivate, poiché garantiscono una continuità di filiera maggiore oltre che una garanzia importante di standardizzazione e controllo dei contaminanti. Nel caso si utilizzino ancora piante da raccolta spontanea, per ridurre al minimo l’errore di scelta della specie botanica appropriata, le aziende più attente ricorrono alle tecnologie più avanzate, come ad esempio l’analisi sequenziale del DNA (DNA bar coding). Alcune aziende vanno addirittura oltre, essendo in grado di valutare anche diversi chemiotipi, cioè una variabilità chimica intraspecifica che si verifica quando più individui della stessa specie, pur risultando avere lo stesso corredo cromosomico (genotipo) e le stesse caratteristiche morfologiche (fenotipo), possono produrre principi attivi diversi (chemiotipo). I chemiotipi sono il prodotto dell’adattamento epigenetico a varie condizioni ambientali in cui una stessa specie cresce, per cui ad esempio la produzione di molecole specifiche permette alla pianta di sfruttare meglio i nutrienti, o di difendersi meglio da parassiti, e malattie. I prodotti standardizzati in questo modo, sono quindi riproducibili industrialmente e possono essere agevolmente sottoposti alla verifica di sicurezza ed efficacia attraverso studi pre-clinici e clinici. Gli studi clinici eseguiti con prodotti standardizzati sono dunque gli unici che garantiscono al consumatore che acquisterà lo stesso prodotto standardizzato, la riproducibilità nel suo caso particolare, dei benefici verificati in tali studi.
Il secondo parametro importante per valutare la qualità di un estratto secco è la Titolazione. Una droga o un estratto vegetale dal punto di vista analitico, è molto più complesso di un composto puro ottenuto per sintesi, poiché esso generalmente è costituito da una miscela complessa di sostanze ed è praticamente impossibile tener conto di tutti i componenti (ammesso che essi siano completamente identificati e rilevabili analiticamente). Il controllo di un determinato spettro di costituenti deve necessariamente basarsi su quella sostanza o gruppo di sostanze che, sulla base delle conoscenze scientifiche e tradizionali, sono ritenute rilevanti per l’effetto salutistico e/o tossicologico. I prodotti vegetali vengono quindi analizzati e titolati mediante la quantificazione dei marker, cioè di uno o più componenti (o di loro derivati) che concorrono a definire le proprietà biologiche, l’origine, l’identità e la specificità della specie botanica. La titolazione è un procedimento analitico con il quale si determina, con assoluta precisione, la sostanza attiva o il gruppo di sostanze più importante e caratterizzante presente nel fitocomplesso e la sua concentrazione. La titolazione è in sostanza un dosaggio quantitativo che si effettua direttamente sull’estratto secco, ed è diverso dalla concentrazione presente nella droga intera. Un estratto titolato assicura un'efficacia ottimale che dipende dalla quantità del principio attivo più importante. Se essa è al di sotto dei limiti richiesti dalle monografie delle Farmacopee ufficiali (se presenti), la validità della terapia risulta compromessa. Classico esempio molto frequente in oftalmologia è l’estratto secco di Vaccinium myrtillus. Il frutto naturale del mirtillo nero contiene tra lo 0,1-0,25% di antocianosidi, cioè le sostanze più attive e caratterizzanti del fitocomplesso e stando alla letteratura sul miglioramento della visione notturna e sull’acutezza visiva, gli estratti secchi dovrebbero essere standardizzati per contenere almeno il 25% di antocianidine, equivalenti a oltre il 36% di antocianosidi. Tuttavia esistono in commercio molti prodotti ben al di sotto di tale valore, che quindi non possono garantire i benefici della titolazione corretta.
Titolazione e Standardizzazione permettono di valutare la qualità della materia prima di un estratto erbale, ma tutto ciò non è sufficiente per garantire un adeguato effetto biologico, salutistico e tossicologico, poiché gli effetti farmacologici sono mediati non solo e non tanto dalla concentrazione dell’attivo presente nella formulazione, ma anche dalla sua componente biodisponibile. Quindi terzo parametro da considerare nel decidere sulla qualità di un estratto secco fitoterapico è la Biodisponibilità dei suoi principi attivi. Con il termine di biodisponibilità si intende la frazione di principio attivo in grado di raggiungere la circolazione sanguigna, ed essa rappresenta uno dei fattori fondamentali nel calcolo del dosaggio, in quanto, sebbene sia meno scontato ed intuitivo, anche il fitoterapico come il farmaco, possiede una “ finestra terapeutica” di valori di concentrazioni, al di sotto dei quali è inefficace o viceversa al di sopra gli effetti indesiderati possono superare i benefici. La biodisponibilità delle diverse vie di somministrazione viene calcolata in relazione all’infusione endovenosa che viene considerata a biodisponibilità pari al 100% poiché il dosaggio viene direttamente riversato nel circolo sanguigno. La somministrazione orale, sebbene sia la più gradita, spesso coinvolge il metabolismo epatico di primo passaggio che può modificare le caratteristiche chimico-fisiche degli attivi e ridurre la percentuale che si ritrova nel circolo ematico. Oltre che dalla via di somministrazione la biodisponibilità dipende anche dalle caratteristiche chimico-fisiche del principio attivo, della formulazione e da fattori individuali. La solubilità rappresenta uno dei principali fattori che influenzano l’assorbimento e quindi la biodisponibilità delle molecole: quelle molto idrofile hanno difficoltà ad attraversare le membrane lipidiche cellulari e sono quindi scarsamente assorbite, viceversa gli attivi eccessivamente idrofobi sono assorbiti con difficoltà poiché completamente insolubili nei liquidi acquosi dell’organismo. Molti attivi possono inoltre essere destabilizzati dal pH gastrico o distrutti dagli enzimi digestivi o dall’idrolisi.Per ovviare a questi inconvenienti esistono diverse tecnologie brevettate che permettono di aumentare la biodisponibilità di un composto fitoterapico.
La semplificazione delle procedure per l’immissione in commercio di integratori e medicinali di origine vegetale non richiede l’esecuzione di studi di biodisponibilità e studi pre clinici e clinici sull’uomo. La sicurezza e l’efficacia vengono infatti sostituite rispettivamente dalla relazione bibliografica da parte di un esperto e da ulteriori studi bibliografici. In realtà le aziende più rigorose e attente alla qualità dei loro prodotti, trattano come se fossero specialità medicinali, i principi attivi che producono o utilizzano, sui quali eseguono studi di farmacocinetica e biodisponibiltà sia su modelli animali che sull’uomo, ed in genere possono vantare uno o più studi clinici di efficacia e sicurezza. Quindi come quarto parametro di valutazione della qualità di un estratto di origine vegetale sicuramente la presenza di studi clinici condotti proprio con lo stesso prodotto che il consumatore può reperire in farmacia, da maggiori garanzie di efficacia e sicurezza rispetto ad altri prodotti che non possono vantare alcuna sperimentazione clinica.
Ricapitolando per valutare la qualità di nutraceutici ed integratori a base di estratti secchi vegetali occorre fare attenzione se gli attivi sono Titolati, Standardizzati, Biodisponibili e Clinicamente testati.