Quando la formazione genera benessere

Quando la formazione genera benessere

Quando la formazione genera benessere: il racconto di due percorsi formativi attivati in Civica di Trento APSP, FOTOGRAFIA DIGITALE & LEGAME e CIRCLE ACTIVITY & LEGAME SOCIALE

La formazione continua in azienda assume significati diversi per le persone a cui viene proposta: per alcuni assume il valore di opportunità di aggiornamento delle proprie competenze; per altri, può significare dover stare seduto in un’aula”; qualcuno può viverla come un mero obbligo e qualcun altro può riconoscerla come fonte di risorse e strumenti da diffondere ai colleghi per migliorare il proprio modo di lavorare. Nell’ambito della gestione e sviluppo delle risorse umane, la formazione è un processo che si pone almeno tre finalità: rispondere ai fabbisogni aziendali e ai bisogni personali di crescita delle competenze; favorire i processi di sviluppo organizzativo; prendersi cura del benessere dei lavoratori.

In questo primo semestre del 2019 abbiamo realizzato tre iniziative formative, due nell’area della promozione del benessere e una nell’area della crescita delle competenze tecnico-professionali: Fotografia digitale & Legame in collaborazione con il sociologo-fotografo @Luca Chistè; Circle Activity & Legame sociale, in collaborazione con il cantante @Albert Hera; Prendersi cura della persona con demenza in collaborazione con la coordinatrice del Centro Diurno @Giorgia Caldini e lo psicologo esperto in Psicologia dell’invecchiamento, @Tiziano Gomiero. Tutti i percorsi sono stati proposti con adesione volontaria.

Al termine di ciascun percorso, ai partecipanti è stata chiesta la disponibilità a condividere una riflessione personale sul corso frequentato, partecipando a un’intervista semi-strutturata, progettata e realizzata dalla tirocinante in Psicologia delle organizzazioni e delle risorse umane Diana Hoyos. Molti hanno aderito alla proposta, ritagliandosi qualche minuto all’interno della giornata lavorativa oppure fermandosi al termine del turno. Qualcuno è addirittura venuto nella giornata di riposo. Il racconto che segue riporta alcune riflessioni emerse nel corso delle interviste fatte in due dei tre percorsi sopra citati, Fotografia digitale & Legame e Circle Activity & Legame sociale.

Iniziamo con il corso di Fotografia Digitale & Legame. Il percorso formativo si poneva due obiettivi: da un lato, offrire conoscenze tecniche per l’impiego della fotografia digitale; dall’altro, si proponeva come occasione di riflessione sul proprio legame con l’organizzazione, fornendo l’opportunità di dare al pensiero una forma visibile tramite l’utilizzo delle immagini. Sono stati intervistati 6 su 14 partecipanti.

Motivazione alla partecipazione al corso. Le motivazioni espresse dagli intervistati rispetto all'iscrizione al percorso sono state le più diverse. Per alcuni è stato il desiderio di conoscere e imparare a utilizzare correttamente la macchina fotografica di casa; per altri, la motivazione principale è stata l’opportunità offerta dal corso di ricercare o riconoscere un proprio registro fotografico; per altri ancora, la possibilità di riprendere in mano vecchie passioni o di coltivare per qualche ora la propria. Alcuni si sono iscritti perché mossi semplicemente dalla curiosità e dal desiderio di fare qualcosa di diverso.

Apprendimenti. Gli apprendimenti riconosciuti dagli intervistati si possono dividere in quattro categorie: conoscenze, stati affettivi ed emotivi, apprendimenti lavorativi ed extra-lavorativi. Tra le conoscenze, i partecipanti riportano di aver appreso le corrette modalità di utilizzo della macchina fotografica, sia a livello tecnico (es: diaframma, tempo di esposizione, ISO, RAW), sia a livello di soggetto fotografico (ritratti, foto in movimento, foto con poca o tanta luce ecc.). Inoltre, la richiesta del docente di inviare le foto scattate tramite il programma “We Transfer”, ha stimolato lo sviluppo di nuove competenze nell’utilizzo del pc e di internet. Gli apprendimenti correlati alla sfera emotiva ed affettiva si sono realizzati essenzialmente durante i workshop sul campo. Entrando nelle RSA come fotografi - e quindi con vesti diverse rispetto a quelle del lavoro quotidiano - alcuni degli intervistati riferiscono di aver provato pudore nel fotografare i Residenti, ritrovandosi a spostare l’obiettivo sulle attività di backstage dell’assistenza diretta (ossia verso i servizi di supporto: lavanderia, ristorazione, manutenzione) oppure scegliendo di fotografare situazioni di gruppo o di convivialità (es: gruppi di lavoratori, persone in sala da pranzo). Altri raccontano di aver vissuto sentimenti di tenerezza, riconoscendo negli occhi dei Residenti una sorta di solitudine che non viene intercettata durante il turno di lavoro: in questo senso, il workshop ha svolto per qualcuno la funzione di attivatore di consapevolezza, perché ha permesso di comprendere come nel lavoro quotidiano quel tipo di coinvolgimento venga soppresso, un meccanismo di difesa che permette di riuscire ad assolvere al compito di cura. Per altri, il workshop è stato un momento di contemplazione del processo di cura e assistenza, che ha permesso di ricevere indirettamente un rinforzo positivo rispetto al proprio lavoro di professionisti della relazione di cura. Tutti gli intervistati hanno riportato, infine, di aver vissuto l'esperienza di un sentimento di collegamento reciproco con gli altri partecipanti al percorso, un gruppo formato da figure professionali diverse (infermieri, oss, amministrativi, operai) con i quali si è creata l’opportunità di conoscersi in un modo alternativo rispetto a quello definito dal rapporto di lavoro. Anche gli apprendimenti più direttamente riconducibili alla sfera lavorativa si sono realizzati durante il workshop sul campo. La gran parte degli intervistati ha acquisito maggiore consapevolezza delle diverse modalità di lavoro dei colleghi, delle interazioni che ci sono tra Operatore e Residente e tra Residenti, del modo in cui viene organizzata la giornata degli Ospiti. È stata anche un’occasione per riflettere sulle differenti tipologie di legame con il proprio lavoro e con l’organizzazione.   

Legame di appartenenza: rispetto al legame con l’organizzazione, il percorso ha fatto emergere l’esistenza di legami certi, visibili, riconosciuti (individualmente) e riconoscibili (dagli altri), ma anche di legami più sfumati, meno definibili, che si caratterizzano per una certa ambiguità che consente molteplici appartenenze. I legami di appartenenza, sembrano assumere una forma riconosciuta e riconoscibile quando si riferiscono al proprio gruppo professionale, ma sfumano e diventano più ambigui quando ci si spoglia dell’abito professionale e si entra in relazione attraverso altri canali, che permettono di intravedere la possibilità di appartenenze diverse e alternative, cross-professionali.

Legame professionale: le fotografie scattate hanno reso evidente la presenza di sguardi diversi con cui ciascun ruolo professionale guarda all’organizzazione. Ciascuna immagine, rappresenta in modi diversi il teatro organizzativo delle nostre RSA: dalla grande profondità di campo, che orienta la messa a fuoco sul back-stage dell’assistenza diretta (il rifacimento letti, le attività di manutenzione, il servizio di lavanderia, …), alla minima profondità di campo, capace di catturare nel dettaglio gli sguardi e le espressioni dei residenti. Tra i due estremi, le azioni e i gesti della cura, rappresentate sia in un contesto allargato che nel dettaglio del loro compiersi. Le immagini raccontano di un legame con l’organizzazione che si genera nel ruolo professionale: più il ruolo è vicino alla cura e al caring diretto, più ravvicinata è la profondità di campo; più il ruolo è lontano dalla cura e dalla relazione diretta con le persone residenti, più aumenta la profondità di campo.

Legame con la fragilità: le immagini di caring selezionate dal gruppo dei partecipanti per la fase di editing ritraggono prevalentemente l’azione dell’imbocco. Si tratta di un’attività di cura delicata, perché espone la persona imboccata in tutta la sua fragilità. Queste immagini sono il racconto di un legame con la fragilità, quella fragilità che un po’ ci commuove e ci stimola a “fare” e un po’ ci spaventa, perché la persona fragile diventa specchio di una realtà “umanamente umana”. Il momento dell’imbocco è un momento di grande esposizione, come se la persona fosse nuda davanti a noi. Lavorare in un’organizzazione che si occupa di cura, popola il nostro spazio comune e condiviso anche della condizione di fragilità e il riconoscimento della fragilità è uno degli elementi di cui si sostanzia il nostro legame con l’organizzazione.

Per qualcuno, il percorso è entrato anche in famiglia. Tra gli apprendimenti che abbiamo definito extra-lavorativi, alcuni degli intervistati riferiscono che il corso ha dato loro l’opportunità di scoprire gli hobby di qualche familiare oppure di condividere le conoscenze apprese con i figli o rispettivi compagni.

Il secondo percorso è Circle Activity & Legame sociale. Il percorso formativo si poneva l’obiettivo di far riscoprire alle persone che lavorano in Civica la possibilità di stare bene insieme all’interno dell’organizzazione, recuperando la dimensione del legame sociale. Sono stati intervistati 12 su 23 partecipanti. Tutti hanno espresso una motivazione intrinseca nell’iscriversi al corso: per alcuni dettata dal fare qualcosa di nuovo; per altri, determinata dal desiderio di relazionarsi e conoscere colleghi di altri ambiti professionali; per qualcuno, stimolata dalla curiosità nel capire come si sarebbe intrecciata la parte canora con il miglioramento della comunicazione tra i colleghi; altri ancora sono stati mossi dal desiderio di mettersi in gioco, dall’aver già partecipato ad attività corali, dall’aver partecipato all’esperienza fatta nel 2018 al Centro Diurno o l’averne sentito parlare. Per qualcuno, la proposta formativa ha attivato un sentimento positivo verso l’organizzazione: ha fatto sentire l’ente ringiovanito, interessato al benessere delle persone e capace di vedere la persona oltre che il lavoratore. In generale, è emerso che, al termine di ciascun incontro, gli intervistati si portavano a casa un senso di energia, relax e crescita personale.

Tutti i partecipanti hanno gradito la modalità ludico-esperienziale, in quanto toglie la tensione e permette di assimilare gli argomenti in modo spontaneo e semplice. Ecco alcune delle cose che gli intervistati hanno detto a proposti della motivazione a iscriversi al percorso:

· Far qualcosa di nuovo

· Una cosa innovativa

· Possibilità di fare qualcosa che altrimenti non avrei fatto

· Possibilità di migliorare i rapporti tra colleghi

· Momento per ritrovarsi con persone che magari conosci poco o per niente

· C’erano tante figure di tanti diversi ambiti

· Mettere in gioco se stessi

· Curiosità dopo aver letto la locandina

· Cantavo in un coro

· Il fatto che ci fossi uno sfondo musicale

· Ente ringiovanito

· Vengo rilassata al corso ed è l’unica roba positiva di lavoro in questo periodo

· Ci sente più carico, più sereno

· Mi piace molto la relazione

· Qualcosa che ti stacca e ti rilassa

· È un corso liberatorio

· Passaparola (collega del Centro Diurno Alzheimer)

· Ho fatto l’esperienza al Centro Diurno

· Dà qualcosa dal punto di vista umano e non solo professionale

· Possibilità di scegliere un corso non obbligatorio

· Fiducia in quello che dice Debora (+ rilievo del docente)

· Ci si sente valorizzati

· Tramite il gioco si assimila con spontaneità e semplicità gli argomenti

Dalle interviste emerge il percorso ha offerto ai partecipanti l’occasione di riflettere su se stessi, sul proprio rapporto tra lavoro e vita privata, sulle dinamiche che sorgono nell’équipe e sulle diverse relazioni lavorative tra colleghi. A livello individuale, in molti riportano di aver riconosciuto l’importanza di uscire dai propri schemi abituali per mettersi in gioco in maniera diversa nel lavoro. Per tutti, il concetto di leggerezza è stato particolarmente apprezzato: alcuni l’hanno usato come codice di comunicazione per scambiarsi un saluto al timbrino con i colleghi, altri per sciogliere la tensione in situazioni di stress lavorativo in équipe, altri ancora per vivere in modo meno reattivo le situazioni di conflitto con i colleghi.  A livello di gruppo, l’apprendimento riportato dai partecipanti riguarda principalmente il concetto di “chi è il mio collega?”. Alcuni degli intervistati hanno riferito un cambiamento stravolgente di prospettiva, passando da una visione settoriale del collega (stesso ruolo/équipe) a una visione più ampia, che comprende tutti i lavoratori della Civica, collegati per il raggiungimento di uno scopo comune. Un altro aspetto su cui il gruppo ha riferito di aver acquisito nuova consapevolezza è stato il riconoscimento dell’importanza di conoscere le persone con cui si lavora: il desiderio di conoscere e la posizione di ascolto sono la via per sentirsi parte di un insieme in cui ognuno ha il proprio pezzo di responsabilità, collegato a quello di tutti gli altri. Ecco alcune delle frasi che i partecipanti intervistati ci hanno detto:

·  Guardare le situazioni con un altro punto di vista

· Guardare in un altro modo le dinamiche che accadono nell’équipe

· Si può entrare in comunicazione

· Si può lavorare anche con persone diverse

· Cercare di capirsi un po' di più

· Prendere le cose con leggerezza

· Vedere di più le reazioni delle persone che hai vicino

· Nel gruppo ci si può riscoprire

· Uscire dalla propria fossilizzazione

· Osservazione di come si comportano gli altri

· Saper cogliere

· Guardare il proprio, non giudicare

· Tutti colleghi perché facciamo parte dello stesso ente

· Sentirsi parte di un uno

· Conoscere le persone con cui lavori in modo diretto/indiretto

· Comprensione delle visioni dei diversi reparti

· Serve qualcuno che diriga la squadra, ma bisogna vedere se ascoltiamo/se abbiamo voglia di capire

Le due esperienze formative di cui vi abbiamo raccontato segnano l'avvio di un percorso che ci porta a considerare la formazione anche come strumento di cura: cura delle persone che lavorano in Civica, cura dei legami, delle appartenenze, delle relazioni. Cura dell’integrazione. Le due esperienze sono state realizzate in via sperimentale, ma le reazioni dei partecipanti ci incoraggiano a pensare che possano essere riproposte. In sintesi, che cosa abbiamo imparato?

1)     Incontrarsi in azienda "senza divisa" consente di travalicare gli spazi di legame definiti dalla professione e apre alla conoscenza reciproca;

2)     l'opportunità di vedere anche solo uno spiraglio del mondo dell'altro, permette di arricchire il proprio sguardo includendo le prospettive degli altri;

3)     uno sguardo "arricchito" favorisce la costruzione di una visione più complessa dell'organizzazione;

4)     il legame (ciò che ci lega, ciò che ci separa) si consolida, diventa "più adulto", perché si arricchisce della prospettiva di altri, che permette maggiore conoscenza reciproca e una migliore comprensione da parte del singolo di se stesso e del proprio modo di vivere, leggere, interpretare e immaginare l’organizzazione.

Un ringraziamento particolare va ai docenti che ci hanno aiutato a realizzare questi percorsi, Luca Chistè per il percorso Fotografia digitale & Legame e Albert Hera per il percorso Circle Activity&Legame sociale.

Un ringraziamento doveroso va anche alla direzione della Civica di Trento che ha creduto nelle proposte formative presentate e ci ha permesso di realizzarle.

Infine, ma non ultimo, un grazie speciale a tutti i partecipanti, perché con il loro “esserci stati” e grazie all’entusiasmo che hanno manifestato, hanno portato una buona dose di bellezza in questa prima parte del 2019!

Luca Chistè

Phf Photoforma identità sulla fotografia professionale. Riprese, curatele per autori, stampa fineart, webdesign e grafica

5 anni

DEBORA VICHI ho condiviso con una personale riflessione.. Il punto di “non ritorno”, di cui abbiamo discusso molte volte, prende sempre più consapevolezza, forma, energia, anche se con un fondo di necessaria amarezza.. Grazie, e complimenti, per la tua analisi di questo interessante e avvincente percorso formativo.. Un abbraccio, con affetto e grande stima. Luca

Luca Chistè

Phf Photoforma identità sulla fotografia professionale. Riprese, curatele per autori, stampa fineart, webdesign e grafica

5 anni

Grazie DEBORA VICHI !..

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