Quella timidezza dei banchieri verso le fusioni che non possono permettersi
Foto Ansa

Quella timidezza dei banchieri verso le fusioni che non possono permettersi

“I figli si facevano anche a tempo di guerra”, mi ha sempre detto mia nonna da quando ho poco più che vent’anni, probabilmente per esortarmi a generare uno o una bisnipote senza farmi scoraggiare dal contesto. E in tempo di guerra – purtroppo in senso letterale – si va anche avanti anche col business, come dimostrano le operazioni ad esempio dei private equity o di m&a registrate negli ultimi mesi.

Chi invece sembra aver assunto un atteggiamento attendista, a tratti timido, sono le banche. Proprio ieri sui giornali hanno fatto notizia le varie dichiarazioni dei ceo delle principali banche del Paese a margine del settimo congresso nazionale della Uilca da cui trapela prudenza, attesa, incertezza. Andrea Orcel, ceo di Unicredit, ha detto: “Non dico che la stagione sia tramontata o meno, ma ci sono fattori importanti da considerare. Da un lato in Europa oggi c’è incertezza e volatilità molto elevata che rendono difficili le operazioni straordinarie. Dall’altro lato ci sono considerazioni regolamentari che rappresentano un ostacolo”. Idem Giuseppe Castagna, numero uno di Banco Bpm, si è detto in attesa di capire come evolverà lo scenario.

Chiaro, l’attuale contesto impone di andare con i famosi piedi di piombo ed è anche vero che nessuno di loro ha intenzione di scoprire le carte prima del tempo qualora stessero lavorando su qualche dossier. Tuttavia, questa prudenza a parole si sta traducendo per il momento in una non-azione. La domanda è: le banche che ancora non hanno fatto m&a – cioè soprattutto Banco Bpm e Unicredit – possono permetterselo? Il contesto di crisi può davvero essere un deterrente o peggio ancora una scusa? Oppure le tensioni dentro e fuori i mercati – che spesso colpiscono prima di tutto i titoli bancari specialmente in Italia – dovrebbero essere l’occasione per rafforzarsi e fare economie di scala?

Prendiamo ad esempio Banco Bpm. Con i suoi 4 miliardi di euro circa di capitalizzazione (Intesa Sanpaolo è la più grande e ne ha quasi 32) è la preda perfetta, il risultato della digestione dell’unione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano. Non a caso era stata attenzionata da Unicredit, che pure ha bisogno di recuperare terreno rispetto a Intesa, e ora ha in casa i francesi del Credit Agricole i quali, è la sensazione tra gli addetti ai lavori, difficilmente si accontenteranno di quello scarso 10%. Se la fine sembra già scritta, l’unico modo per Castagna per continuare a ricoprire il suo ruolo è, dall’altra parte, quello di porsi come soggetto aggregatore. L’unica banca in questo momento disponibile e utile a tal fine sembra essere Banca Monte dei Paschi di Siena. Ma qui torna la timidezza. “Non voglio fare un’altra ristrutturazione. Se ce ne fossero le possibilità, io farei un’operazione con una banca già pronta alla ripartenza”, ha detto Castagna sempre al convegno della Uilca a proposito di un possibile intervento su Mps, aggiungendo che “per il momento non è sul tavolo. Non è mai stata sul tavolo in questi due anni”. Viene da chiedersi se sia una strategia lungimirante, o, più auspicabilmente per lui, se siano solo parole ma in realtà i giochi siano ben diversi. Oppure se ricordi qualche altra banca (una a caso, Ubi Banca) che stava crescendo molto bene in maniera organica, così bene da essere stata acquisita in un solo colpo da un pesce più grande.

Anche perché, ed è un altro elemento da considerare, chi è a conoscenza del dossier Mps suggerisce di guardare a Modena. Bper sta infatti chiudendo l’acquisizione di Carige e sembra intenzionata a crescere in maniera significativa, quale miglior modo se non tramite Siena? Le sinergie non mancherebbero.

Poi c’è Unicredit che nell’ultimo anno ha considerato diverse acquisizioni, tra cui la stessa Banco Bpm, o Commerzbank in Germania, senza però riuscire a concretizzare.

Il messaggio è dunque che aspettare e vedere va benissimo ma i tempi per il consolidamento erano maturi già da prima della pandemia di Covid-19. Se è vero che non bisogna fare acquisizioni o fusioni a tutti i costi, è anche vero che in tempi incerti come quelli che viviamo la timidezza rischia di portare dritti alla sparizione.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Laura Morelli

Altre pagine consultate