Radiofarmacia: un approccio che offre ai farmacisti grandi opportunità di venir coinvolti nelle fasi di sviluppo dei radiofarmaci.
Radiofarmacia: un approccio che offre ai farmacisti grandi opportunità di venir coinvolti nelle fasi di sviluppo dei radiofarmaci.
La terapia con radioligandi rappresenta una innovazione di grandissima portata nel panorama contemporaneo della medicina, una trasformazione talmente profonda, al punto da rendere necessario rilanciare concretamente una specifica offerta formativa in ambito universitario e lavorativo, per tutte le figure che vengono coinvolte a vario titolo nel campo della Medicina Nucleare.
Nello specifico della Radiofarmacia, la medicina nucleare gioca un ruolo sempre più importante nel percorso diagnostico-terapeutico del paziente, anche grazie alla disponibilità di radiofarmaci sempre più selettivi. Tutti i professionisti che potranno apportare una competenza utile a rispondere alle necessità di questa nuova sfida organizzativa e gestionale, dovranno contribuire a rendere le opportunità offerte dai radiofarmaci un’opzione fruibile in modo semplice e sicuro, innanzitutto, ed efficace per i pazienti che rientrano nel range di utilizzo. In questo contesto, i farmacisti ospedalieri, già coinvolti a diversi livelli nella gestione del radiofarmaco, a partire dall’approvvigionamento dello stesso, al supporto regolatorio, fino alla preparazione e al controllo della qualità, sono chiamati ad approfondire la comprensione dei processi e delle potenzialità offerte dalla Medicina Nucleare.
Radiofarmacia e oncologia: la diagnosi diventa farmaco
Com’è noto, infatti, i nuovi radiofarmaci trovano la collocazione ideale in ambito oncologico, perché sono in grado di selezionare i pazienti in base al loro profilo genetico, identificando in anticipo chi trarrà vantaggio dall’impiego di uno specifico farmaco. Il 90% della mortalità in oncologia dipende dalla comparsa di metastasi. La terapia con radioligandi può perciò rivelarsi un’opzione molto efficace in questi casi, così come quando il tumore si trova in zone difficili da raggiungere con un intervento chirurgico o critiche perché, se il bisturi danneggia l’area circostante, si possono avere conseguenze serie per la qualità di vita. Basti pensare al tumore della prostata e al rischio di lesionare le strutture nervose per la continenza e l’erezione, o addirittura quando le metastasi crescono lungo un vaso sanguigno non operabile come ad esempio l’arteria carotide nei casi di tumore testa-collo.
In questo campo la terapia con i radioligandi offre potenziali riuscigte di successo. Un radioligando è composto di due elementi: una particella radioattiva che svolge l’attività terapeutica, e un ‘ligando’, ossia una molecola in grado di riconoscere e legarsi alle cellule tumorali. Proprio per quelle tipologie di carcinoma in fase avanzata o metastatica, la terapia con i radioligandi diventa uno dei possibili nuovi utilizzi: una molecola capace di unirsi alle cellule malate prima viene inviata per trovarle e poi viene caricata con una dose radioattiva che le distrugge con precisione. Le particelle radioattive possono essere variate in base alla dimensione del tumore e perseguire un utilizzo a fine diagnostico piuttosto che terapeutico. Cambiare il ligando può consentire di trattare diverse forme di cancro o anche altre patologie poiché i radioligandi agiscono selettivamente su alcuni tipi di cellule, lasciando praticamente intatte le cellule sane. Grazie a questo suo peculiare meccanismo d’azione, offre un’opzione in più ripestto alle terapia classiche, molto invasive amche per le cellule sane del paziente, e va a inserirsi in uno scenario molto ricco di opportunità terapeutiche: è perciò importante definire il momento e le situazioni in cui è più opportuno utilizzarla.
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Cosa occorre? Per rendere accessibile questa innovazione terapeutica a tutti i pazienti che ne possono beneficiare, occorre migliorarne la disponibilità della terapia, la richerca scientifica e la formazione delle figure coinvolte, superando gli ostacoli amministrativi e organizzativi. Saranno sempre più indispensabili reti oncologiche interconnesse, che consentano al paziente, ovunque si trovi, di accedere al trattamento nel luogo più idoneo possibile e più vicino al luogo in cui si trova, casa propria o del caregiver, o struttura in cui sia ospitato.
Il ruolo del radiofarmacista
Il fisico medico, garante della radioprotezione, non è però l’unico specialista che dovrà affiancare oncologo e medico nucleare: si sottolinea l’importanza del radiofarmacista in questo ambito, che è il garante della qualità della cura, poiché deve occuparsi dell’approvvigionamento del radiofarmaco, della sua preparazione in ambienti sterili, del controllo della qualità, della farmacovigilanza, della gestione del rischio clinico, delle possibili interazioni con altri farmaci o con alimenti presi in concomitanza. Ha perciò competenze trasversali a tutte le figure specializzate che ruotano attorno alla terapia con radioligandi.
Detto ciò, cosa ci piace di questo approccio?
Il fatto che funziona in gruppo: solo con team multidisciplinari operativi in strutture adeguate, sarà possibile mettere questa terapia a disposizione di tutti i pazienti con una precisa indicazione del trattamento. Il radiofarmaco non è un argomento di nicchia, ed è anche vero che nella gestione delle terapie inerenti la Medicina Nucleare e Oncologica, l’unione fa la forza. La gestione dei radiofarmaci deve essere a tutto tondo e i farmacisti ospedalieri devono avere la capacità di entrare nel merito anche dei costi e della gestione economica, comprese le valutazioni regolatorie in relazione agli utilizzi clinici, di appropriatezza delle prescrizioni, di sperimentazioni cliniche con radiofarmaci. Approccio che offre ai farmacisti grandi opportunità di venir coinvolti nelle fasi di sviluppo dei radiofarmaci.
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1 annowhat an interesting article. Thanks for sharing Paolo Marini