Rapporto GIMBE: l'autonomia regionale differenziata
Autonomia regionale differenziata

Rapporto GIMBE: l'autonomia regionale differenziata

L'autonomia regionale differenziata si riferisce alla possibilità che alcune Regioni italiane acquisiscano maggiori poteri decisionali e gestionali su determinate materie, inclusa la sanità, rispetto ad altre. Questo significa che le Regioni avrebbero più controllo diretto su come vengono gestiti e distribuiti i fondi, organizzati i servizi sanitari e implementate le politiche sanitarie, rispetto a quanto non avvenga in un sistema più centralizzato o uniforme.


Come funziona l'autonomia differenziata in ambito sanitario?

Attualmente, il sistema sanitario in Italia è già parzialmente decentralizzato, poiché la gestione del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è suddivisa tra lo Stato e le Regioni. Lo Stato stabilisce i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero i servizi minimi che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, mentre le Regioni hanno il compito di organizzare e gestire i servizi sanitari nel proprio territorio.

Con l'autonomia regionale differenziata, alcune Regioni potrebbero chiedere e ottenere competenze aggiuntive, che permetterebbero loro di decidere in modo più autonomo come gestire i fondi e le politiche sanitarie. Questo porterebbe a un maggiore divario nella gestione della sanità tra le diverse aree del Paese (si veda il Report Osservatorio GIMBE sull'Autonomia Differenziata in Sanità).


Perché potrebbe essere controproducente?

Una delle principali preoccupazioni è che l'autonomia differenziata potrebbe amplificare le disuguaglianze già esistenti tra le Regioni del Nord, che spesso hanno più risorse economiche, e quelle del Sud, che tradizionalmente sono più svantaggiate. Le Regioni più ricche potrebbero decidere di investire di più nella sanità, migliorando ulteriormente i servizi, mentre quelle più povere potrebbero avere difficoltà a mantenere lo stesso livello di assistenza, creando una sanità a due velocità.


Frammentazione del sistema sanitario

L'autonomia differenziata rischia di frammentare ulteriormente il sistema sanitario nazionale. Attualmente, ci sono già differenze significative nella qualità e nell'efficienza dei servizi sanitari tra le diverse Regioni. Con un'autonomia ancora maggiore, queste differenze potrebbero accentuarsi, minando il principio di universalità che dovrebbe garantire lo stesso diritto alla salute a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dal luogo di residenza.


Complicazioni nella gestione delle emergenze nazionali

In situazioni di emergenza sanitaria, come è stato per la pandemia da COVID-19, la frammentazione delle competenze potrebbe rendere più difficile la gestione coordinata a livello nazionale. Un maggiore livello di autonomia regionale potrebbe portare a una scarsa collaborazione tra le Regioni, rendendo più complicato adottare politiche comuni ed efficaci a livello nazionale in risposta a crisi sanitarie.


Differenze nei finanziamenti

Le Regioni più ricche potrebbero essere tentate di trattenere una parte maggiore delle proprie entrate fiscali per finanziare i propri servizi sanitari, lasciando meno risorse per quelle Regioni che già faticano a mantenere i propri sistemi sanitari. Questo potrebbe tradursi in un sottofinanziamento delle Regioni più povere, che avrebbero quindi meno fondi per investire in infrastrutture sanitarie, assunzioni di personale medico o acquisto di tecnologie avanzate.


Erosione della solidarietà nazionale

L'idea di un sistema sanitario nazionale si basa su un principio di solidarietà tra le diverse aree del Paese: le Regioni più ricche, attraverso la fiscalità generale, contribuiscono a sostenere quelle più deboli. Un aumento dell'autonomia differenziata potrebbe minare questo principio, alimentando tensioni tra le Regioni e riducendo il senso di coesione nazionale.


Dal 6° Rapporto GIMBE...

Il 6 febbraio 2019, in pieno dibattito politico sul regionalismo differenziato, la Fondazione GIMBE ha lanciato la consultazione pubblica “Maggiori autonomie in termini di tutela della salute richieste da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto ai sensi dell’art. 116 della Costituzione Italiana”, per far luce sui potenziali rischi del regionalismo differenziato sulla tutela della salute e alimentare la discussione pubblica su un tema le cui conseguenze rischiano di compromettere i diritti civili delle persone (vedi 6° Rapporto GIMBE).

Dalla survey condotta da GIMBE emerge:

  • Il basso numero di “Non so” (2-8%) e i numerosi commenti indicano un campione composto prevalentemente da stakeholder della sanità.
  • L'impatto delle maggiori autonomie sulle disuguaglianze regionali è percepito come rilevante.
  • Preoccupazioni principali: irreversibilità del processo, imprevedibilità delle conseguenze, aumento del divario Nord-Sud, e differenziazione del diritto alla salute.
  • Le proposte per mitigare i rischi includono: maggiore controllo statale, meccanismi di solidarietà tra Regioni, e più risorse per le Regioni del Centro-Sud.



SAVE THE DATE

7° Rapporto GIMBE

Il prossimo 8 ottobre si terrà la presentazione del 7° Rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale, un importante occasione per analizzare le grandi criticità di sistema: finanziamento pubblico, spesa sanitaria, livelli essenziali di assistenza, governance Stato-Regioni e autonomia differenziata, personale sanitario, sprechi e inefficienze, attuazione del PNRR.

Puoi seguire la diretta streaming sul sito www.rapportogimbe.it e sul canale YouTube del Senato della Repubblica.

Il Rapporto GIMBE fa parte delle attività di #SalviamoSSN, la campagna della Fondazione GIMBE che con attività di ricerca indipendente, advocacy e comunicazione pubblica si batte dal 2013 per rimettere al centro del dibattito pubblico e dell'agenda politica l'importanza della sanità pubblica e per difendere il diritto costituzionale alla tutela della salute.

La tua donazione ci permette di continuare a lottare per un servizio sanitario pubblico equo e universalistico. Scopri come: www.salviamo-ssn.it


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