Relazione annuale di Bankitalia sul 2016 e diritto fallimentare
Nella richiamata Relazione presentata ieri dal Governatore Visco emerge un'analisi abbastanza impietosa dell'attuale situazione. In Italia le procedure di gestione della crisi sono ancora in gran parte orientate alla liquidazione piuttosto che al risanamento della crisi stessa. Secondo i dati CERVED nel triennio 2014-2016 sono stati avviati in Italia più di 14.600 fallimenti l'anno, oltre 1.300 concordati preventivi e circa150 accordi di ristrutturazione. I concordati hanno finalità prevalentemente liquidatoria: il sensibile calo nell'utilizzo di questo strumento è dipeso unicamente dalle norme più stringenti introdotte dal 2015 circa le percentuali minime (20%) di soddisfacimento dei creditori chirografari. I tempi medi per l'esecuzione dei concordati sono 33 mesi, ma solo nel 13% dei casi il termine viene rispettato. La durata dei fallimenti resta molto elevata: quelli chiusi nel 2015 duravano in media più di 2.700 giorni (cioè oltre i 7 anni). Le durate delle procedure esecutive concluse nel 2015 erano in media superiori ai 1.500 giorni, con rilevanti differenze tra le aree geografiche del nostro paese. Si osservano ritardi nella creazione di infrastrutture importanti: il registro delle procedure fallimentari ed esecutive non è ancora stato istituito e il portale delle vendite è ancora in fase di sperimentazione. Il ricorso al patto marciano nei contratti di prestito alle imprese non è ancora stato utilizzato da nessuna banca, anche per via delle incertezze interpretative ed applicative, e necessiterebbe dell'elaborazione di apposite linee guida.
Gli strumenti di gestione della crisi d'impresa, sempre stando alla Relazione di Bankitalia, "...restano nel complesso poco efficaci". Non sappiamo che fine farà il ddl.3671-bis-A e se e quando verrà convertito in una legge delega per riformare in modo organico la legge fallimentare. Uno dei suoi principali istituti (le procedure di monitoraggio ed allerta), che altrove (es: Francia) esistono da decenni ed hanno salvato migliaia di imprese e di posti di lavoro, rischia di non essere ancora introdotto nel nostro ordinamento. E forse, vista l'attuale situazione, bisognerebbe cominciare a puntare (se non altro per rispondere alla sempre più stringente normativa introdotta dalla Direttiva europea n.359/2016, dalla BCE sul "forborne" e dal nuovo principio IFRS9 che opererà dal 1° gennaio p.v.) su una nuova cultura della prevenzione, dell'"early warning" e della "quality information". Purtroppo, nessuno è profeta in patria. Il rischio che interessi corporativi e di bottega prevalgano è sempre molto alto, come un certo "gattopardismo" della nostra "way of life" e una continua ricerca di "capri espiatori" per scaricare sugli altri (e specialmente sugli "incolpevoli") i costi della crisi