Riprendiamoci i fondamentali – Ci vuole equilibrio
Nel mio primo post sottolineavo l’esigenza di concentrare la nostra attenzione sui Fondamentali, ovvero le tecniche di base indispensabili per la buona riuscita di un’attività.
Uno dei fondamentali che ritengo indispensabile nella corretta gestione di un’azienda è l’EQUILIBRIO.
Un'azienda sana deve necessariamente avere molte anime al suo interno: serve qualcuno che abbia le idee, qualcuno che le sappia tradurre in prodotti/servizi appetibili , qualcuno che le produca in modo efficiente, qualcuno che le venda, qualcuno che gestisca le risorse che occorrono a mantenere la struttura e infine qualcuno che coordini tutte queste "anime" e che lo faccia in maniera equilibrata affinché ognuna possa lavorare al meglio.
Solo un’organizzazione equilibrata consente a ciascuna area di dare il proprio contributo al meglio perché quando una o più anime di un’azienda prendono il sopravvento sulle altre si genera una deriva che tende a mettere in evidenza un solo punto di vista a discapito degli altri; le decisioni e le scelte allora perdono di completezza ed organicità.
Nel mondo della moda, ad esempio, non era infrequente vedere intere aziende sottostare ad ogni capriccio dello stilista di turno: da intere collezioni che lui stesso aveva disegnato buttate due giorni prima della sfilata perché "fanno schifo", a decine di migliaia di euro di materiali acquistati e poi abbandonati in magazzino perché lo Stile aveva cambiato idea, e così via.
Questo tipo di impostazione se da un lato lascia ampio spazio di manovra alla creatività degli stilisti, dall’altro genera inefficienze gestionali pesantissime, anche dell’ordine di centinaia di migliaia di euro.
D’altra parte è di qualche giorno fa un’autorevole dichiarazione in merito all'inutilità della figura dello stilista, visto ora –da qualcuno, non da tutti !- solo come un rallentatore di progetti; ma la moda, come dichiarato nel medesimo intervento, si nutre di prodotti aspirazionali e abbandonare la creatività dello stilista rischierebbe di trasformare il tutto in un prodotto industriale, seriale e puramente funzionale…esattamente l’opposto di un oggetto aspirazionale.
Personalmente mi sento di sposare senza dubbio l’idea di una sana creatività gestita che permetta di coniugare l’innovazione e le esigenze economico gestionali che hanno dato tanto successo al Made in Italy.
Questo esempio potrebbe essere riportato senza alcuna difficoltà a qualsiasi forma di disequilibrio interno alle aziende: la scorsa settimana ho fatto riferimento ai problemi derivanti da un predominio degli aspetti finanziari all’interno delle aziende industriali ed è facile immaginare le conseguenze di un’asfissiante attenzione ai costi di produzione che vada a discapito della qualità del prodotto.
Il caso Betamax
Ma anche avere un buon prodotto non serve a nulla se non si è in grado di venderlo, a questo proposito è emblematico il caso Betamax.
Alla fine degli anni ’70 si diffusero i primi videoregistratori per il mercato domestico. I modelli Sony sfruttavano lo standard proprietario Betamax mentre JVC si propose sul mercato con il VHS.
Mentre JVC siglò accordi con altri produttori e con le case cinematografiche per promuovere la diffusione del suo standard, Sony mantenne una politica commerciale “chiusa”; nel volgere di pochi anni la diffusione dello standard di JVC (che, a detta di molti, era qualitativamente inferiore al Betamax) spinse la stessa Sony a produrre apparecchi VHS decretando, nei fatti, la fine di un ottimo prodotto che non era stata capace di vendere.
È possibile che un eccesso di sicurezza sulla qualità del proprio prodotto abbia convinto i vertici Sony a non mettere la stessa cura nella definizione delle strategie commerciali ? Non lo sappiamo, quel che è certo che la mancanza di equilibrio nella gestione del progetto ne provocò il fallimento.
Quando si stabiliscono degli obiettivi specifici è possibile forzare la mano dando maggiore peso ad una delle “anime” dell’azienda, ma è importante che si tratti sempre di una scelta consapevole, temporanea e finalizzata allo scopo: se ad esempio volessimo proporre sul mercato un prodotto non particolarmente innovativo ma legato ad un nuovo tipo di servizio al cliente, avrebbe senso dare la guida del progetto alla direzione commerciale anziché a quella tecnica. Questo però non significa mettere le chiavi dell’azienda in mano all’area commerciale, il progetto successivo potrebbe richiedere più attenzione al prodotto ribaltando le esigenze organizzative.
Sono numerosi gli esempi che mostrano che quando nelle aziende viene a mancare l’equilibrio tra gli elementi che la compongono il rischio di perdere lungo la strada alcuni obiettivi fondamentali diventa molto forte e questo può rappresentare un pericolo per la sopravvivenza stessa dell’azienda; d’altra parte che se ne fa un esercito di un’artiglieria invincibile se poi non ha truppe di terra adeguate a prendere possesso dei territori conquistati?
Martedì prossimo: “Ai figli regalate un lavoro, non una laurea”
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