Ripresa Economica 2021: riflessione sulle cause e gli effetti a breve medio termine
Ormai è sotto gli occhi di tutti. Lo titolano i giornali, lo viviamo noi stessi ogni giorno. Su, sempre più su. Il Pil italiano boom nel 2021: più 6%. Forse addirittura più 7%. In pochi mesi la crescita della domanda sta assumendo ritmi folli, paragonabili al miracolo economico dell’Italia del dopoguerra.
Segnali forti ci sono anche sul fronte del lavoro. Dall’inizio dell’anno l’occupazione è tornata a salire, come del resto la domanda di nuovo personale da inserire da parte delle imprese italiane. Anche questo è un segnale forte; lavoro c’è né, e tanto, ma paradossalmente scarseggiano la forza lavoro e le materie prime.
Di certo non si può dire che tutto questo fermento sia frutto del caso: infatti, i fattori scatenanti che si possono individuare, per dare una spiegazione a tutto questo sono lo sblocco da parte dell’esecutivo, di molte opere pubbliche, ferme da ormai troppo tempo, la transazione energetica, che mai come oggi, si sta orientando verso la ricerca e lo sviluppo di fonti di energia sempre più pulite e sostenibili e la digitalizzazione, che sta radicalmente cambiando le nostre abitudini ad una velocità spaventosa.
Il vero paradosso però, è che in questo mix di nuova crescita e forte sviluppo, ci troviamo per l’ennesima volta impreparati, dovendo fare i conti purtroppo, con il nostro recente passato. Mi riferisco all’ultimo ventennio, che ha visto una svendita di dimensioni apocalittiche, di tutte quelle che sono le nostre eccellenze, il nostro know how e le nostre competenze.
Mi verrebbe da definirla “LA GRANDE FUGA VERSO L’ORIENTE”.
Imprenditori (non solo Italiani) che, per necessità o per scelta, hanno iniziato a decentrare le loro produzioni verso i paesi orientali, semplicemente perché produrre in Europa non era più conveniente. Mega fabbriche costruite in poco tempo, forza lavoro in abbondanza e a basso costo e leggi sulla tutela dell’ambiente inesistenti, hanno fatto si che molte produzioni, trovassero nuova “casa” in paesi che nulla avevano a che fare con il prodotto che da li a poco si sarebbero trovati a produrre.
L’aspetto che però non va sottovalutato, è che a fronte di un risparmio sulla produzione, questo modus operandi ha permesso a questi paesi, di acquisire conoscenze e know how, oltre che sviluppo economico e crescita.
Il risultato è che nel giro di 20 anni, paesi come ad esempio la Cina, si sono ritrovati ad avere il monopolio sulla maggior parte dei business mondiali.
E il problema sta emergendo oggi più che mai: materie prime che non arrivano, e che se arrivano, le si acquista ad un prezzo più che triplicato, impossibilità a reperire alcune componenti, come ad esempio i microchip, e costi di importazione/spedizione, diventati ormai proibitivi, sono solo alcuni esempi di quello che stiamo subendo oggi a causa di questa politica di decentramento, rivelatasi fallimentare.
Dico subendo, perché è proprio questo l’atteggiamento che stiamo avendo nei confronti di questa situazione. Siamo diventati impotenti davanti a tutto questo, e se si vuol lavorare, si è disposti ad accettare qualsiasi tipo di condizione.
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Prendo ad esempio Flama, azienda in cui lavoro, e leader nel settore della lavorazione della lamiera conto terzi da più di 25 anni. Dall’inizio di questo 2021 ha registrato, come un po' in tutti i settori, un aumento di lavoro considerevole. Anche Flama, come tantissime altre aziende, si è però ritrovata ben presto, a dover fare i conti con serie difficoltà nell’approvvigionamento della lamiera e non solo. Nel corso di questo 2021 infatti, sono diventati merce rara anche gli imballaggi (pallet in legno e non solo) ed i container per la spedizione all'estero di semilavorati finiti.
La forte preoccupazione, che personalmente sta vivendo (e sto vivendo anche io), è legata al fatto che difficilmente questo trend di crescita potrà continuare, se prima la Comunità Europea, non metterà in campo misure efficaci, atte ad incentivare il ritorno alla produzione in Europa, di componenti di cui, ad oggi, siamo completamente importatori all’estero.
Toccando ancora quello che è il mio settore, mi vien spontaneo pensare che se in Europa, non si fosse dismesso negli anni scorsi la maggior parte delle acciaierie, oggi non ci si sarebbe trovati a subire questa situazione. Idem vale per i più svariati settori, dal calzaturiero, al settore dell’elettronica, e via discorrendo.
Dobbiamo però anche essere consapevoli che produrre in Europa, non ha lo stesso costo che produrre in Cina o in India, e dunque anche noi, come consumatori finali, dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che non può essere sempre il prezzo il fattore predominante nella scelta, in fase di acquisto, di un bene o un servizio.
E la domanda dunque mi sorge spontanea. Dopo aver preso coscienza di tutti i temi affrontati in precedenza, siamo davvero disposti a cambiare le nostre abitudini di acquisto, premiando un prodotto made in Italy, rispetto ad un altro più economico proveniente da chissadove??
La transazione energetica, la digitalizzazione e tutti i temi di cui sentiamo parlare tutti i giorni, possono trovare davvero applicazione e sviluppo solo se ritorniamo a dare lavoro alle nostre aziende. Anche perché questo è l’unico modo per garantire un futuro ancora prospero e duraturo alle imprese italiane ed europee, appena terminato questo momento di boom economico.