Rivoluzione e fragilità: l'impatto del PNRR sul mondo del lavoro italiano - Ing. Stefano Di Giacomo

Rivoluzione e fragilità: l'impatto del PNRR sul mondo del lavoro italiano - Ing. Stefano Di Giacomo

In questi ultimi due anni abbiamo assistito ad una rivoluzione copernicana nel mondo del lavoro, con massima applicazione nei settori interessati da finanziamenti PNRR. L’ingente volume di denaro messo a disposizione dal prestito europeo per favorire la realizzazione di opere strategiche per gli Stati dell’Unione, nel nostro paese ha messo a nudo una fragilità che i modesti investimenti degli anni precedenti avevano nascosto: l’organizzazione aziendale.

Processare un flusso di attività per trasformare gli investimenti in opere concrete, coniugando tempi, finanza e qualità, richiede una struttura operativa consapevole, ben dimensionata, che risponda positivamente alle esigenze che emergono nel percorso, siano esse previste o impreviste.

Il buon esito dell’investimento sconsiglia vivamente il ricorso alla fantasia, all’improvvisazione e alle azioni solitarie. Purtroppo, è tradizione nazionale vivere del presente, godendo dei momenti di vacche grasse senza investire in organizzazione per fronteggiare l’andamento ciclico dei mercati. Osservando cosa è accaduto e quali sono state le risposte del sistema Italia alle richieste associate al finanziamento PNRR ci accorgiamo che non solo i soggetti chiamati a realizzare le opere ma tutta la filiera si è rivelata inadatta. Le formule magiche studiate per mitigare le urgenze di realizzazione in tempi certi e celeri, si stanno rivelando un boomerang per tutti i soggetti coinvolti. La legislazione che cambia in corsa, le stazioni appaltanti che trasformano con bacchetta magica valenti tecnici con mansioni di RUP a Project Manager, ma senza portafoglio. Le imprese che fino a ieri eseguivano lavori per 100, incaricate di fare lavori per 500. Insomma, una BabeleE in tutto questo marasma quale è stata la genialata della classe dirigente delle SA, Imprese e società di servizi? Provenendo dal mondo degli ingegneri il top management ha elaborato una semplice equazione: molto lavoro=molto personale, roba da preistoria, da costruttori di piramidi.

I risultati stentano a mostrarsi e la fretta di dotarsi di forza lavoro, concentrata in pochi mesi ha distorto non solo i prezzi del personale ma ben più grave ha minato il percorso formativo di tanti giovani, garantito dalla gavetta in piccole e medie imprese dove, peraltro, si sono formati gli ottimi manager di oggi.

Tutti si chiedono cosa succederà quando tra un paio di anni i fondi saranno esauriti ma la miopia italiana sopra citata non se ne preoccupa. Cogli l’attimo!Se guardiamo nel piatto dei vicini, tanto è risaputo, prima o poi mangeremo la stessa pietanza, ci accorgiamo di qualcosa di diverso. Se un CV italiano viene ben giudicato dalla fedeltà alla medesima azienda in paesi anglosassoni lo stesso cv viene cestinato perché poco dinamico. Dove è la differenza? Nell’organizzazione. In USA la risorsa è inserita in un contesto aziendale proceduralizzato. La libertà di azione del dipendente è minima e la sala regia è ad un livello molto più in alto e per molti irraggiungibile.Questo sistema disinnesca la forza contrattuale del lavoratore in quanto il più delle volte facilmente sostituibile. Senza contraccolpi pratici ed economiciIn Italia l’assenza (o la pochezza) di procedure aziendali genera mostri. Giovani Lucignoli attratti dal paese dei Balocchi, la corsa allo smartworking esasperato (tutto bene ma almeno si controlli quanto la risorsa ha prodotto stando a casa!) ma soprattutto nessuno menziona le procedure come rimedio. il peggio deve ancora arrivare!

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