Sbloccadebiti PA, obiettivo mancato.
Le condizioni per l'accesso ai 12 miliardi messi in campo dal Governo erano decisamente vantaggiose: tasso del 1,226% e restituzione trentennale. Il target era mirato a ridurre l'esposizione debitoria della PA (in particolare enti locali e aziende sanitarie) nei confronti dei Fornitori. Ma pare che questo non sia servito. Alla scadenza del termine per la presentazione delle richieste, martedì scorso, le richieste (a quanto risulta dal Sole 24 Ore) sarebbero ferme a poco più di un miliardo di euro (dunque il 10% circa).
Era uno stanziamento inutile o svantaggioso? Così non pare proprio in quanto, se è vero che dal 2013 i tempi di pagamento della PA (in particolare sul fronte sanità) si sono ridotti, in pancia alla stessa ad oggi continuano a pesare circa 17-18 miliardi. Sui quali era possibile puntare l'arma del nuovo sbloccadebiti, almeno per 2/3. Ma tale scopo non pare essere stato raggiunto. Si era pensato proprio alla restituzione in 30 anni per non dare adito a possibili scuse di sostenibilità finanziaria da parte degli enti.
Se lato richiesta di prestiti per i crediti commerciali la PA non sembra essersi accapigliata, non così sulla rinegoziazione dei mutui, per i quali CDP aveva offerto la rimodulazione. Glie enti territoriali hanno risposto entusiasticamente ed hanno chiesto la modifica di circa 80.000 contratti, per un controvalore di circa 20 miliardi di euro. Che sia per questa maggiore capacità di spesa, che si sia trovato irrilevante adempiere alle formalità (comunque richieste in un tempo stringente) di accesso al fondo dei 12 miliardi?