A scuola di "cavallità". Imparare a Essere (prima di Fare)

Pensi di saper comunicare. Ti senti strafico perché conosci i 3 canali uditivo/visivo/cinestesico. Con i clienti ti riesce pure di vendere qualcosa, anche se ogni tanto ti senti soffocare da emozioni che non sai riconoscere. Credi di conoscere il mondo e le relazioni, mentre sei così sconnesso da te, che non sai nemmeno dove metti i piedi. Pesti le merde e ti incazzi, sbatti la testa e ti incazzi, convinto che un complotto cosmico sia stato ordito ai tuoi danni. Ti incazzi come una biscia, sudi di paura, a volte non ne puoi più, ma in qualche modo vai avanti.

Poi, un giorno, in un tondino di maneggio, incontri un cavallo.

Lui non parla. E tutte le stronzate che racconti a te stesso lui non le capisce, se ne frega proprio. Lui parla #equus e mo' so' cavoli tuoi.

Improvvisamente vieni sbalzato fuori dalla zona di confort del linguaggio.

Il fumo delle parole con cui ti avvolgi per nasconderti diventa inutile. Sei lì - e se vuoi comunicare ti conviene ricordarti che hai dei piedi e un corpo e delle braccia, una voce e l'energia, quella che di solito non usi.

In quel tondino ci stai scomodissimo. Ed è proprio da lì che cominci a trasformarti.

Viviamo in un momento particolare. Un momento in cui è molto importante

stare concentrati sull'Essere anziché sul Fare.

Quando ci dobbiamo presentare, soprattutto in ambito lavorativo, di solito ci viene naturale presentarci definendoci per quello che facciamo. «Faccio questo», «Mi occupo di quest'altro», «Sono amministratore... contabile... segretaria... commerciale... account...». Ci si definisce per il ruolo che si occupa e per il lavoro che si svolge.

La parte più ardua in qualunque lavoro di ricerca delle migliori parole per presentarsi e presentare la propria attività consiste sempre nel famoso «about us».

«Chi siamo?»

Le aziende spesso usano termini obsoleti e frasi fatte. «Siamo un'azienda giovane dinamica», «Siamo leader di mercato», «Siamo referenti unici per il settore», «Siamo i massimi esperti in ambito di...»

I professionisti fanno altrettanto

È più facile definirsi per quello che si fa che per quello che si è.

Perché?

Perché quello che si è proviene dalla nostra interiorità, dalla nostra storia, dal nostro vissuto, dalla nostra esperienza. Quello che si è, lascia un'impronta sul nostro personal branding; si configura come la nostra intima essenza.

Come si trova l'intima essenza?

Io di solito utilizzo la scrittura. Uso le parole come uno strumento per scavare, mi avvalgo di attivatori come le fotografie, oppure di oggetti che smuovono le memorie.

Anni fa ho avuto il grande privilegio di poter sperimentare il coaching con i cavalli.

Questo percorso, ormai consolidato ma all'epoca innovativo, proposto da Valentina Casonato, fondatrice di Experience Academy è un'esperienza unica.

Per me era un'assoluta novità perché si trattava di abbandonare le parole e il linguaggio verbale, che sono da sempre il mio veicolo privilegiato per comunicare. Togliendo il supporto delle parole si rimane con la nuda verità della propria intima essenza.

Il cavallo possiede la rara capacità di sentire esattamente chi siamo,

perché è una preda e la sua sopravvivenza dipende da quanto riesce ad affinare le sue capacità empatiche e la sua sensibilità. Ha bisogno di sapere se chi gli si avvicina è un amico, un predatore, un alleato. Deve essere in grado di relazionarsi con il branco, con rapidità ed efficacia. Per il cavallo è essenziale recepire e trasmettere informazioni con immediatezza: ne va della sua sopravvivenza e, a volte, della sopravvivenza del branco stesso.

Quando si lavora insieme al cavallo in maneggio, all'interno del tondino, il compito è fargli eseguire alcuni (apparentemente) semplici esercizi.

Ogni nostro impercettibile movimento viene registrato da questa creatura straordinaria.

Se i miei movimenti non sono allineati con quello che sento e con le emozioni che provo, il cavallo non ascolterà le parole che gli dico, mentre, al contrario, se riesco a "centrarmi", posso stare in assoluto silenzio e comunicare con lui. Posso farlo avvicinare, allontanare, dirigerlo verso un punto, fargli superare un ostacolo, solo muovendo impercettibilmente il corpo. L'importante è che lui senta che la mia intenzione è esattamente allineata con la consegna che gli trasmetto.

La relazione con il cavallo offre la possibilità di far emergere l'intima essenza, pura, intatta, coerente.

La nostra verità risalta allora come una preziosa gemma. Il cavallo ci mostra molti aspetti della nostra interiorità semplicemente relazionandosi con noi: ci fa vedere di cosa abbiamo paura, ci mostra quali sono gli ostacoli di fronte a cui ci blocchiamo, ci insegna che, fino a quando non riusciamo ad allineare perfettamente quello che diciamo con quello che siamo e pensiamo, non saremo credibili. Ci insegna a comunicare, a convincere, a vendere, a costruire relazioni, a comprendere il nostro modo di funzionare.  Ci rende consapevoli di noi stessi, restituendoci una fotografia precisa del nostro comportamento. Come uno specchio ci rimanda l'immagine di quello che siamo, trasmette il riflesso dei nostri pensieri e ci permette di trasformarli.

Il lavoro fatto con Pioggia, la meravigliosa cavalla che è stata la mia coach, mi ha permesso di aggiungere un tassello indispensabile alla consapevolezza della mia intima essenza.

Christa Wolf nel suo romanzo Cassandra fa pronunciare alla protagonista queste potenti parole, che ben sintetizzano l'immediatezza delle intuizioni che il lavoro di coaching esperienziale con i cavalli provoca:

«Nel fondo più profondo; nell'intimo più intimo, là dove corpo e anima non sono ancora divisi e dove non giunge parola, né pensiero, seppi tutto.»

Grazie a Valentina Casonato per il suo Lavoro Sacro con i Cavalli e le Persone.