SE SEI LA MAMMA O IL PAPÀ DI UN RAGAZZO O UNA RAGAZZA DELLE SUPERIORI E SEI IN APPRENSIONE PER IL SUO ANNO SCOLASTICO, DOVRESTI LEGGERE QUESTO POST
VERSO LA MATURITÀ E IL FUTURO
La scuola superiore è per molti ragazzi l’ultimo tassello di un percorso che porta verso la vita adulta e il mondo del lavoro, per altri il penultimo, prima dell’università.
È la scuola in cui i cambiamenti, iniziati alla scuola media, si completano. I cambiamenti caratteriali e fisici sono sempre più evidenti, si fanno le prime esperienze in tanti campi a partire da quello sentimentale.
In questo fluire della vita rapido e incessante di tuo figlio, come genitori è sempre complesso trovare il giusto punto di equilibrio tra la fermezza e la capacità di mediare, nel distinguere tra ciò che bisogna mantenere saldo è ciò che invece richiede flessibilità e adattamento.
Se l’adolescenza dei figli è un continuo oscillare, fatto di andate e ritorni, tra la ricerca di maggiore autonomia e il ritornare a una dimensione più intima e familiare, l’adolescenza dei genitori ha invece più a che fare con la capacità di saper adattare le proprie modalità educative alla nuova persona che ci si trova di fronte e che cambia in modo molto rapido.
Insomma, in poche parole, non è per niente facile capire quando rimanere fermi e quando invece essere più permissivi con i figli adolescenti.
E la dimensione scolastica, soprattutto quando si avvicina la fine dell’anno scolastico, amplifica queste e molte altre dinamiche e situazioni nel rapporto genitori-figli.
ESITO SCOLASTICO E SUE CONSEGUENZE
L’attesa della conclusione dell’anno scolastico mette infatti in moto tutta una serie di conseguenze potenzialmente positive o negative.
Quest’ultime va da sé che siano la bocciatura o i debiti a settembre con tutto quello che queste possibilità comportano in termini di serenità familiare e personale con delusioni, discussioni, recriminazioni e non da ultimo punizioni. Arrivando al punto di paventare ritiri, abbandoni o cambiamenti scolastici. Per non parlare di tutto il corollario di vacanze rovinate o saltate, ripetizioni da prendere, che questo comporta.
La promozione viceversa è portatrice di reazioni che vanno dal classico sospiro di sollievo alla soddisfazione più o meno piena passando per la delusione, talora immancabile, di qualche voto inferiore rispetto alle attese.
Per non parlare anche qui di tutto il corollario che spesso ha a che fare con le ricompense e i premi, e di molto altro ancora, pattuiti magari all’inizio o durante l’anno scolastico a fronte di una promozione o di determinate valutazioni finali.
Volutamente, non mi soffermo su cosa comporti la valutazione nel caso di accesso a una facoltà a numero chiuso.
Perciò, come genitori si è giustamente spesso in apprensione per tutto ciò, con conseguenze spesso tutt’altro che felici ed esiti poco soddisfacenti.
IL PESO DELLA SCUOLA SUPERIORE
Le tradizionali tensioni di cui la scuola è portatrice vengono amplificate a dismisura proprio per il fatto che la scuola superiore, piaccia o meno, riveste un peso e un ruolo considerevole nella vita presente e soprattutto futura di un ragazzo o di una ragazza, nonché della sua famiglia.
Si tratta infatti di una scuola che lancia – per così dire – verso l’età adulta, l’università e il mondo del lavoro.
Non voglio entrare nel merito di se e come questo sia giusto, se e come andrebbe riformata la scuola superiore, o altro ancora, ma molto più semplicemente prendere atto della realtà così come si presenta e provare a indagarla per vedere, piuttosto, se e come sia possibile gestire le tensioni che ne conseguono.
La scuola superiore è in effetti il trampolino di lancio verso il domani dei nostri figli, benché non sia né l’unico, né tanto meno infallibile o irrecuperabile.
Ecco, se c’è un tema che accomuna le diverse situazioni problematiche che mi sono trovato ad affrontare in questi anni accompagnando i genitori nel percorso #GENITORICONLEALI è spesso proprio il peso, eccessivo e incrementato da pressioni, aspettative e proprie proiezioni, che viene dato alla scuola superiore dai genitori in primis, ma certe volte anche dai figli.
Certo la scuola è importante, a maggior ragione la scuola superiore, ma sia un inciampo (debiti), sia un “fallimento” (bocciatura), tanto meno una delusione (“un voto inferiore ai meriti”), non sono di per sé né irrecuperabili, né definitivi. Tanto meno a questa età.
NON DEFINITIVI
Non sono definitivi per tre ragioni.
La prima è che non significano la fine di un futuro di un certo tipo, immaginato, desiderato, sognato che sia. Si tratta piuttosto di un passaggio, certo doloroso, frustrante, magari anche ingiusto e immeritato, ma un passaggio.
Di fronte a queste situazioni quello che è importante è dare la giusta cornice all’evento, ovvero come lo si spiega a se stessi, come genitori, e ai propri figli.
Spiegare queste situazioni negative come qualcosa di drammatico, come la fine di un progetto o di un sogno, come qualcosa di meritato (per esempio quale conseguenza cercata o voluta del poco impegno profuso o dovuta all’antipatia di qualche insegnante) – spiegazioni che spesso i genitori danno per cercare di spronare il figlio o la figlia a impegnarsi di più l’anno successivo o per in qualche modo “punirli” e farli “sentire in colpa” – non aiuta in realtà a superare quello che è comunque a tutti gli effetti un trauma.
Per questa ragione, quando ci si avvicina alla fine dell’anno scolastico, nel dialogo o discussione con i figli cominciano a essere più ricorrenti questi argomenti.
La seconda ragione per cui queste situazioni negative non sono definitive è che non definiscono i nostri figli e le nostre figlie (né tanto meno - come dirò tra poco - noi genitori).
C’è infatti il rischio di definire i figli (i quali poi spesso si autodefiniscono allo stesso modo) come incapaci, lazzaroni, svogliati, irresponsabili, e molto altro ancora.
Come genitore è importante stare molto attenti a usare queste espressioni perché portano a tante conseguenze. Tra le più comuni e diffuse ce ne sono due.
La prima è che tuo figlio o tua figlia finiranno per sentirsi così come tu li definisci.
La seconda è che, stufi di sentirti far loro la predica, finiranno per non ascoltarti.
Terza ragione infine è che un “fallimento” o un insuccesso di tuo figlio non ti definiscono come genitore, né come persona.
SPIA SUL CRUSCOTTO, OPPORTUNITÀ E CAMBIAMENTO
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Cosa pensi infatti quando si accende una spia sul cruscotto della tua automobile?
Un insuccesso di tuo figlio, come una difficoltà che incontri nella relazione con lui o lei, sono tutt’al più la stessa cosa di una spia accesa sul cruscotto.
Ti avvisa che c’è qualcosa che non funziona al meglio nella tua automobile. Magari che è necessario fermarsi per fare rifornimento, oppure che è meglio aggiungere olio od acqua, controllare la pressione degli pneumatici, o cambiare qualcosa che non va nel migliore dei modi.
So che potrò sembrarti provocatorio, ma l’insuccesso di tuo figlio o di tua figlia possono essere, tutt’al più, la spia di qualcosa che non funziona al meglio e che richiede di essere sostituito o revisionato.
QUALCHE STRATEGIA
Dopo questa lunga premessa, sicuramente non esaustiva dato che ogni situazione per quanto possa essere comune a tanti figli e genitori va poi esaminata singolarmente, vediamo una strategia comunicativa e relazionale che utilizzano con successo i genitori che seguono il mio programma #genitoriconleali.
NOTA BENE: prima di proseguire, ti ricordo che trovi molte altre strategie utili anche se hai figli alle superiori nei due articoli precedenti dedicati alla scuola primaria e media.
METTERE UN PO’ DI DISTANZA
Ribadito che ogni situazione va presa e analizzata singolarmente, la prima strategia che propongo e che spesso risolve la maggior parte delle situazioni di conflitto è quella di mettere un po’ di distanza tra te, la scuola e tuo figlio.
In altre parole, significa uscire dalla dinamica per la quale tuo figlio sente la tua pressione e aspettativa sulla scuola e il tuo controllo su quello che fa.
Chiedergli se ha studiato, oppure ricordargli di studiare, insistere perché studi sono tutte modalità che, sono pronto a scommettere, non hanno mai ottenuto che tuo figlio studiasse di più. Forse solo le prime volte che glielo dicevi hanno funzionato.
Le restanti volte, per non dire tutte, avrai ottenuto da lui o da lei risposte del tipo “Sìììì mamma…”, “Non rompere pa’…”, “Ho già fatto vecchio…”
Tu ti esasperi a ripetere sempre le stesse cose e lui o lei si esaspera a sentirtele dire.
Tu ti senti impotente, non ascoltata, offesa, inadeguata, incapace di aiutare, di motivare, di stimolare tuo figlio e lui o lei si sente trattato da bambino, oppure sotto pressione.
Per altro, a furia di ripetere le stesse cose senza che lui faccia quello che gli chiedi finisci per perdere autorevolezza ai suoi occhi.
Allora cosa puoi fare? Sia chiaro non si tratta di una soluzione né magica, né miracolosa, ma di un modo per uscire da quella dinamica oppositiva e soprattutto improduttiva.
Se sai che il giorno dopo ha una verifica o un’interrogazione, durante la cena – per esempio – puoi porgli queste tre domande.
1) come ti senti in vista della verifica (o interrogazione)?
2) come ti sei preparato?
3) cosa ti sarebbe utile per sentirti più tranquillo?
Se invece lo vedi all'inizio del pomeriggio prima che si metta a studiare puoi domandargli:
1) come pensi di prepararti per la verifica di domani?
2) cosa pensi ti possa aiutare?
3) cosa ti sarebbe utile per affrontare gli argomenti più difficili?
PERCHÉ LIMITARTI A QUESTE DOMANDE?
Immagino tu ti stia chiedendo: “Tutto qui?”
La mia risposta è “Sì, tutto qui!”
Perché in realtà quello che stai facendo è tantissimo.
Gli stai dicendo che lo consideri abbastanza grande da sapere cosa deve (ed è giusto) fare. Che ti fidi di lui.
In questo lo stai infatti rispecchiando in un modo diverso, nel senso che gli stai comunicando che non lo vedi più come un bambino che ha bisogno di consigli e indicazioni, ma come una persona che sta maturando.
E ricorda il modo con il quale rispecchi tuo figlio finisce per incidere potentemente su come lui si considera.
Tu, le tue parole, le cose che gli dici o le dici, sono infatti lo specchio nel quale tuo figlio o tua figlia si vede riflesso.
Quando gli dici cosa deve fare, quando lo incalzi su quello che deve fare, fondamentalmente gli stai dicendo “Io ti considero ancora un bambino irresponsabile” e di conseguenza lui tenderà a comportarsi ancora da bambino irresponsabile.
Quando viceversa gli fai delle domande aperte lo stimoli a tirar fuori le sue risorse e gli stai dicendo “Io ti considero una persona che sa assumersi le sue responsabilità”.
Ho già aiutato decine di professionisti a gestire stress e relazioni tossiche sul lavoro per poter vivere pienamente e al meglio il rapporto con i propri figli una volta tornati a casa.
2 anniPer conoscere meglio il percorso e candidarti a uno dei posti di giugno, richiedi qui la tua videochiamata gratuita di 30 minuti: www.liberamentecpf.com/percorso-ali