Se Shakespeare avesse un microfono spento: lezione di umanità dai grandi scrittori al mondo del lavoro

Se Shakespeare avesse un microfono spento: lezione di umanità dai grandi scrittori al mondo del lavoro

William Shakespeare, in giacca e cravatta, seduto davanti al suo laptop in una riunione su Zoom. L’icona del microfono lampeggia mentre, frustrato, cerca di declamare il concept per una nuova campagna pubblicitaria. “Essere o non essere... il nostro cliente target?” Lo slogan è geniale, ma nessuno lo sente. Intanto, sullo sfondo, il suo gatto attraversa il video, rubando la scena. Shakespeare, maestro del dramma, probabilmente scriverebbe una tragedia su questa scena, trasformando un banale problema tecnico in un potente monologo sul fallimento comunicativo nell’era digitale.

Franz Kafka, invece, nel suo ufficio angusto, circondato da pile di documenti e una finestra che si affaccia su… niente. È alle prese con una compliance checklist: il modulo 3 richiede la firma del responsabile del modulo 2, che però non ha mai risposto alla sua email. Kafka si sente intrappolato, come il protagonista del suo stesso Processo. Con il suo stile, probabilmente scriverebbe una guida distopica sulla burocrazia aziendale, analizzando come i sistemi complessi disumanizzano le persone. Ma ci immaginiamo anche il suo spirito ironico, mentre dice a un collega: “È buffo come le regole servano per aiutarci, eppure ci facciano sentire così impotenti.”

Nel frattempo, Jane Austen partecipa a una call di team building. Con il suo sorriso enigmatico, osserva in silenzio come i colleghi più estroversi monopolizzano la conversazione, mentre i più introversi cercano disperatamente di farsi notare. Analizzerebbe con precisione chirurgica le dinamiche di potere, riconoscendo le somiglianze con i balli e le cene della società inglese che conosceva così bene. “Ah, la vanità è universale,” penserebbe, annotando mentalmente un nuovo capitolo per il suo Orgoglio e KPI. Forse suggerirebbe un nuovo approccio al team building: meno giochi e più ascolto autentico.

Virginia Woolf è invece persa nei suoi pensieri durante una pausa caffè. La vediamo con una tazza in mano, mentre guarda fuori dalla finestra l’alba che illumina gli uffici. Per lei, ogni dettaglio della giornata lavorativa sarebbe una rivelazione: la luce che si riflette sulla tastiera, il suono della macchina del caffè, lo sguardo assente di un collega in pausa. Woolf trasformerebbe una semplice giornata in ufficio in un flusso di coscienza collettivo, invitandoci a trovare poesia nei gesti più banali. “Ogni riunione,” scriverebbe, “è un microcosmo della vita, dove l’essere e il fare si incontrano, e noi dobbiamo scegliere cosa portare con noi quando la call termina.”

Ernest Hemingway, seduto nella sua scrivania, scrive una risposta su Slack: “Problema risolto. Andiamo avanti.” La sua essenzialità è il suo punto di forza. In una riunione, direbbe poche parole ma decisive. Tuttavia, non avrebbe pazienza per email inutilmente lunghe o discussioni inconcludenti. Se qualcuno in azienda gli proponesse una presentazione PowerPoint di 50 slide, probabilmente risponderebbe: “Mostratemi solo l’essenziale.” Hemingway ci ricorderebbe di vivere con chiarezza e scopo, anche quando il lavoro sembra avvolto nella nebbia dell’eccessiva complessità.

Shakespeare ci ricorda che ogni messaggio, anche il più tecnico, può essere una storia che colpisce il cuore. Kafka ci insegna a trovare un senso persino nei labirinti burocratici, senza mai dimenticare l’umanità dietro il sistema. Austen ci invita a riflettere sull’importanza delle relazioni autentiche, Woolf ci sprona a vedere la bellezza nei dettagli di ogni giorno, e Hemingway ci ricorda che spesso meno è davvero più.

E se ci chiediamo come queste figure si sarebbero adattate al mondo di KPI, riunioni Zoom e work-life balance, forse la risposta è che non si sarebbero adattate del tutto. Avrebbero, piuttosto, sfidato le convenzioni, portando nei nostri uffici quella scintilla di umanità e profondità che rischiamo di dimenticare.

Allora, la prossima volta che apriamo il laptop per una call o ci perdiamo tra grafici e report, fermiamoci un attimo e chiediamoci: come racconterebbe questa scena Shakespeare? Come la vedrebbe Woolf? Come la sintetizzerebbe Hemingway?

Forse, la risposta non cambierà solo il nostro lavoro, ma anche il modo in cui scegliamo di viverlo.


Marianna Porcaro


Mauro Ferraro

Quality Control Packaging Team Leader presso Diageo

1 settimana

Posso dire che mentre leggevo mi dicevo che nei miei anni di onorata carriera ho davvero avuto colleghe e colleghi come Wolf, Shakespeare e Kafka? Li ho davvero visti ed ho rivisto alcune riunioni quando ancora zoom non aveva rivoluzionato il mondo degli incontri...

Complimenti per la vostra bella provocazione!!

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