Semplicemente Gigi
Fra le prime musicassette che ho ricevuto, c'era un album di Gigi Proietti che mi aveva copiato mio zio. Il titolo è semplicemente "Gigi" ed è stato quello il primo contatto con gli stornelli romani e con Gigi Proietti. Ascoltavo "Barcarolo romano" , "Nun je da retta Roma" ma anche "Me so' magnato er fegato" ed "Er tranquillante nostro". Ricordo che mi piaceva la sua voce, così calda ma anche così familiare, come quella di mio papà, simpatica e divertente ma anche saggia.
Negli anni l'ho incontrato tante volte, Gigi, e ne ho sempre gioito: Gastone, Mandrake, Toto, il giardiniere di Villa Arzilla... fra tutti, Pietro Ammicca, affarologo appaltologo, era capace di farmi ridere a crepapelle, cercando di capire cosa stesse mimando. Immortale è il suo "nientepopodimeno" che...
Poi sono arrivati gli anni in cui Gigi lo vedevo nei panni del "Maresciallo Rocca", un evento che metteva intorno al tavolo tutta la famiglia. Ricordo che la sera non volava una mosca fino a quando non arrivava la fine. Tutti con le orecchie ben tese e attenti a ogni singolo fotogramma.
Tanti sono i personaggi che Gigi ci ha regalato, a ricordarli non ci si riesce, ma tutti escono dal cuore. E ricordo la sua straordinaria capacità di "raccontare la fantasia". Ecco, Gigi per me è colui che ha reso alcuni personaggi reali, fra cui i Re di Roma (tutti e sette, eh! Non saprei immaginarli diversi da come li ha ritratti lui), e il Genio di Aladdin. Forse è anche per la sua voce che è quello il cartone animato che preferisco in assoluto.
Da grande, ho avuto il privilegio di vederlo a teatro, spesso e volentieri al Globe Theatre, ma anche nella replica di "A me gli occhi please", dove ho portato i miei. Un regalo speciale, per tutta la famiglia. Mamma aveva in borsa la pizza bianca da sgranocchiare (dovete scusarci, siamo gente alla buona) e quando la tirò fuori, poco prima dell'inizio, le dissi: "mamma, ti prego, siamo a teatro!" e lei: "daje su, che Gigi è uno de noi, nun s'offenne"!.
Ecco, Gigi era uno di noi, un romano con tanta fantasia, capace di trasformarsi in tutti e nessuno, come i romani. Era anche meglio di noi perché sorrideva sempre anche quando era drammatico, ti faceva sempre sentire vivo, ti appassionava.
Oggi Gigi se ne va e tanti hanno scritto parole di encomio su di lui. Come lui le aveva scritte quando ci aveva lasciato Albertone. Ricordo che quando leggeva il sonetto dedicato a Sordi io, fra le lacrime (esattamente come oggi), pensavo: "Grazie, Gigi, che ci sei tu. E quando andrai via tu, chi rimarrà a raccontare la nostra città, la TUA città?". Non possiamo neanche salutarti come si deve, Gigi. Perdonaci.
Come cantavi tu, "la vita è come er vino, più lo bevi e più te frega. Da 'mbriachi è na poesia". Beh, Gigi, sappi che tu ci hai ubriacati di racconti, di buonumore, di personaggi, piccoli e grandi.
Oggi Roma tua ti piange, Gigi, che neanche il sole è "sortito fora" per scaldarci con i suoi raggi. Ma forse stiamo sbagliando tutto perché dovremmo ridere ricordando le tue battute, le tue interpretazioni, le tue scenette. Scusaci, dunque, grande Maestro se oggi siamo tutti in lacrime, lo so che "l'omo nun piagne perché ce perde de dignità" ma "che c'ho da perde si io ho perso a te" .