Molto spesso i genitori in consultazione chiedono come affrontare la paura dei propri bambini.
Generalmente, la mia modalità di lavoro consiste innanzitutto nel fare psico-educazione, ovvero spiegare cos'è la paura, come funziona e poi cercare di capire insieme a loro quale può essere una "buona pratica": come genitori, infatti, mantenere il ruolo di guide e di porto sicuro per i bambini è fondamentale e alla lunga ripaga.
Ecco la lista dei punti che condivido:
- La paura è un'emozione primaria: è cioè una delle prime emozioni base dell'essere umano, la cui funzione principale è di proteggerci dai pericoli; sebbene il mondo sia cambiato, tale reazione emotiva continua ad essere uguale a quella dell'uomo della caverna. La paura quindi, ha una sua funzione adattiva, che spinge la persona a fuggire dal pericolo o a lottare per affrontarlo.
- Non possiamo controllare e gestire le reazioni emotive di un altro essere umano, ma possiamo aiutarlo a regolarle: nei primi anni di vita i genitori aiutano i bambini attraverso la co-regolazione.
- Una delle difficoltà riscontrate nel lavoro con gli adulti di riferimento è quella di trovare una via di mezzo tra due reazioni purtroppo comuni e deleterie: minimizzare/negare/banalizzare la paura del bambino o sentirsi spaventati e sopraffatti da tale emozione (ne uscirà?). Nel ruolo di co-regolatore, invece, il genitore accoglie il sentimento del bambino così come è; nel caso di un bimbo piccolo, può far sentire la propria presenza fisica, come ad esempio dando un caldo abbraccio; nel caso di un bambino un pò più grande, può ascoltarlo e rassicurarlo, cercando comunque di ricordarsi che il mondo infantile è diverso da quello razionale dell'adulto, quindi cercando di farlo "parlando il suo linguaggio" (ovvero quello del gioco, delle fiabe e del disegno). Fulcrale in questo processo è che il bambino senta a livello "di pancia" che si può parlare di quello che si prova e che il genitore lo sostiene nella sua difficoltà.
- Ci sono paure che sono fisiologiche e scompaiono abbastanza naturalmente (ad esempio, la paura dell'estraneo verso gli otto mesi, la paura del buio nella prima e seconda infanzia). Ai fini del lavoro clinico, diventa essenziale capire se la paura fa parte di un processo evolutivo "normale" oppure se c'è qualcosa che va al di là e che compromette la quotidianità del bambino (è necessario un intervento psicologico col bambino? Basterà dare un orientamento ai genitori?).
- Un ultimo punto su cui faccio riflettere i genitori è che anche loro sono stati piccoli e, come tali, avranno avuto le loro paure. Se le ricordano? come le affrontavano? Come erano accolte in famiglia? Erano "permesse"? Rispondere a queste domande può essere un aiuto per empatizzare con il proprio Bambino Interiore e con il loro figli*. Molto spesso un genitore in panne o poco supportivo è stato un bambino lasciato solo ad affrontare le sue paure, o ridicolizzato nell'averle espresse.
- In conclusione, le emozioni altrui non si possono gestire (nel senso di esercitare un controllo coercitivo), ma si possono aiutare a fluire, come le onde del mare. Se si impara a "cavalcarle", infatti, sono un potente strumento per conoscere sé stessi e orientarsi nel mondo.
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