Siamo al 71% !!!

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Super prelievo del 71 per cento per i «soci lavoratori» delle Srl

Forse non è il record mondiale di “cuneo fiscale”, ma di sicuro la richiesta di versare tra imposte e contributi il 71,28% di quanto guadagnato è comunque una performance di tutto rispetto, che riesce a collocarsi più in alto del 64,8% segnalato dalla Corte dei conti come prelievo totale effettivo sulle imprese. E probabilmente la percentuale è bugiarda, per difetto.

A candidarsi come super-contribuenti sono i “soci lavoratori” di Srl, quelli cioè che partecipano personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza: a loro, infatti, tocca versare i contributi Inps commisurati alla personale quota di reddito della Srl (anche quando non viene distribuito). Sono certamente molti se si considera che, secondo gli ultimi dati Unioncamere-Infocamere, Movimprese, in Italia ci sono oltre 1,6 milioni di Srl. Il problema della supertassazione, che fino allo scorso anno poteva riguardare solo i soci “non qualificati” (possessori di non oltre il 25% del capitale o il 20% dei diritti di voto della Srl), dal 2018 riguarda anche i soci qualificati.

Per questi ultimi, la legge di Bilancio per il 2018, nel modificare radicalmente la tassazione dei dividendi, ha stabilito che su quanto percepito dalla società da quest’anno in poi si debba pagare una ritenuta d’imposta a titolo definitivo del 26 per cento. Di fatto, i dividendi vengono tassati con la stessa percentuale e la stessa modalità che era già prevista per chi non ha partecipazioni qualificate e, di conseguenza - dettaglio diabolicamente importante - non vanno più considerati e tassati in dichiarazione dei redditi, utilizzando le aliquote Irpef.

La modifica dal 2018 

Già il passaggio a questa ritenuta d’imposta (valido per i dividendi prodotti dal 2018, mentre per quel che viene distribuito con utili prodotti in precedenza opera una norma transitoria di salvaguardia) comporta un rincaro, come era stato stimato dalla relazione finanziaria alla legge di Bilancio: nel testo redatto alla Camera, prima dell’approvazione della legge, si riferiva di un maggior gettito (ovvero di un rincaro per i soci) di un miliardo e 319 milioni a partire dal 2018. Ma il vero inciampo sta nel venir meno della possibilità, in molti casi, di dedurre i contributi Inps dovuti dal socio che sono calcolati sulla quota del reddito dichiarato dalla Srl imputabile al socio. Questi contributi sono di norma deducibili dal reddito complessivo del socio, ma se questi non possiede altri redditi oltre ai dividendi, che non vanno più indicati in dichiarazione, i contributi Inps restano di fatto indeducibili. Così il cuneo arriva al 71,28% dell’utile, con un aumento di oltre il 14% sull’anno precedente. E nella stima andrebbero aggiunte altre imposte, come potrebbero essere quelle locali sull’immobile dove ha sede la società. 

Gli esempi 

Un esempio può aiutare a comprendere questo “combinato disposto” di rincari, che discende appunto dai due fattori della nuova ritenuta al 26% e della sopravvenuta indeducibilità dei contributi Inps. Immaginiamo per semplicità che nel 2018 la quota di reddito della Srl, prima delle imposte, imputabile a un suo socio ammonti a 100mila euro. Su questa somma – si vedano gli esempi sopra – la Srl (che poi è sempre il suo socio, in realtà) pagherà Ires e Irap per 27.900 euro e potrà attribuire un dividendo di 72.100 euro. A questo punto il socio subirà la ritenuta del 26% e il dividendo trasferito si ridurrà a 53.354 euro (si veda il caso 2). Giova sempre tenere a mente che i soggetti sono due, Srl e socio, ma il portafoglio resta uno solo...

Non è finita, perché l’Inps richiede, sui 100mila euro di reddito della Srl riferibili al socio, i contributi alla gestione artigiani e commercianti, per più di 24mila euro. E questo contributo, poiché il dividendo non transita più in dichiarazione dei redditi, in mancanza di altri redditi, non sarà deducibile. E si arriva così a un cuneo di 71.277 euro sui 100mila di reddito effettivamente prodotto. Come si è detto, prima della legge di Bilancio, la supertassazione riguardava solo il socio non qualificato perché quello qualificato percepiva un dividendo che, concorrendo parzialmente (per il 58,14%, per il 2017) alla formazione del reddito complessivo assoggettato alle aliquote personali Irpef, consentiva la deduzione del contributi Inps così, sostanzialmente, restando inciso di un minor importo per Irpef (si veda il caso 1). Perdendo l’una e l’altra caratteristica si ottengono un rincaro Irpef di 5.531 euro (derivante dal nuovo meccanismo di tassazione dei dividendi qualificati) e un maggiore impatto per l’indeducibilità dell’Inps per 8.926 euro. Oltre quattordici punti percentuali di differenza.

le strategie di difesa

Meglio il regime di trasparenza o la Snc

L’esempio che abbiamo utilizzato sopra ipotizza, per facilità, un socio di Srl che non possiede altri redditi oltre al dividendo distribuito dalla società. Se ci sono altri imponibili (purché non soggetti anch’essi a tassazione sostitutiva o separata, come il Tfr e la quasi totalità dei redditi di natura finanziaria) si riesce, se non altro, a non disperdere la deducibilità dei contributi Inps. Insomma, per abbassare il tax rate bisogna alzare l’imponibile, con buona pace della progressività.

Si è detto che il requisito della partecipazione del socio al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza è quello che fa scattare per lui l’ obbligo di iscriversi alla “gestione commercianti”. È ormai consolidato in giurisprudenza che questo requisito non va accertato comparativamente a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) impiegati in azienda, ma solo in relazione al lavoro dello stesso socio all’interno dell’azienda, al netto - e questo è importante - dell’attività esercitata in quanto amministratore. Infatti il socio che svolge unicamente le funzioni di amministratore va iscritto alla gestione separata: la deducibilità dei contributi è così assicurata dall’incasso dei compensi d’amministrazione che concorrono a formare il suo reddito imponibile.

Altrimenti, si può optare per la tassazione per trasparenza fiscale, consentita alle Srl a ristretta base societaria, cioè con volume d’affari non oltre 5.164.569 euro e costituita da non oltre 10 persone fisiche (20, se cooperative); oppure trasformare la Srl in società di persone. In questo modo il cuneo scenderebbe, nell’esempio, a 52.022 euro perché la società non pagherebbe l’Ires; il reddito della società sarebbe attribuito per trasparenza ai soci e sconterebbero la tassazione ordinaria su una base imponibile ridotta dei contributi alla gestione commercianti (si veda il caso 3). Ma, strategie difensive a parte, il “vulnus” fiscale di base resta. 


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