#Smartworking al tempo del Covid-19

#Smartworking al tempo del Covid-19

Nelle ultime settimane una numerosa quantità di post #linkedin sono stati dedicati allo smart working, il cosiddetto "lavoro agile".

Lodevole il tentativo di numerose realtà produttive a livello nazionale di riorganizzare i propri modelli organizzativi di #business spesso indissolubilmente legati al lavoro subordinato in loco al fine di evitare la diminuzione della forza lavoro occupata, anche sotto forma di istituti quali Cassa Integrazione, o in casi più gravi, sospensione e termine dei contratti lavorativi in essere.

Sarebbe corretto sottolineare però che spesso questo non può e non deve essere definito "smart working", ma deve essere definito più correttamente "lavoro in stato di emergenza". Per offrire il lavoro agile si presuppone un'organizzazione aziendale che vada verso quella direzione, che i flussi di lavoro vengano sviluppati secondo logiche di produttività e di monitoraggio delle performance, che vi sia una digitalizzazione avanzata dei processi e delle attività produttive, ma soprattutto del capitale umano.

Chat #Whatsapp che mutano in "meeting aziendali", impossibilità di osservare l'evoluzione di un processo di lavoro, dati sensibili inoltrati in barba alla tutela del diritto alla privacy con i sistemi più disparati, realtà lavorative che concedono smart working a % variabili con la restante percentuale defalcato da monte ferie.

Queste solo alcune situazioni che si possono osservare in queste settimane all'interno di realtà più disparate.

Questo non è smartworking, questo è la fiera del pressapochismo.

Per il lavoro smart, dobbiamo acquisire noi stessi una mentalità smart, situazione dalla quale - ahimè - siamo lontani anni luce.

Kevin Feragotto

Consulente e Divulgatore Enogastronomico | Docente Formatore | Fondatore FVGTasteTrack

4 anni

Le 3 problematiche che hai individuato sono assolutamente vere. Ma, a mio avviso, c’è un ostacolo ancora più grande e, a questo proposito, mi rifaccio ad un vecchio articolo del Sole 24 Ore (09 Novembre 2018, intervista all’imprenditore Carlo De Angelis). Riporto testuali parole (che condivido con fermezza): “in Italia prevale ancora l’idea di voler controllare il dipendente, di tenerlo ancorato alla sedia come se la sua produttività fosse direttamente proporzionale alle ore di lavoro passate di fronte allo schermo”. Mettendo il lavoratore al centro dell’organizzazione, al contrario, lo si rende più autonomo e responsabile anche riguardo la possibilità di scegliere il luogo, gli orari e gli strumenti con cui svolgere le proprie mansioni. In Italia manca la cultura dello “smart-working” , ma forse, un’emergenza come quella attuale, può cambiare le cose, evidenziandone i benefici

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