Storytelling: una riflessione sul potere delle storie

Storytelling: una riflessione sul potere delle storie

Il vizio di leggere, si sa, non è molto diffuso, ma per fortuna oltre che nei libri le storie sono praticamente ovunque. Ognuno di noi, ogni giorno si imbatte in decine e decine di storie, vere e proprie narrazioni che ci coinvolgono e ci influenzano, senza che possiamo sempre rendercene conto.  Ma com’è possibile? La narrazione non è solo una prerogativa dei romanzi o dei racconti, ma una forma discorsiva applicabile a qualunque tipo di relazione umana e sociale. La stessa mente dell’uomo, infatti, ha un’impostazione narrativa che orienta la nostra percezione delle realtà. I ricordi rielaborano la memoria autobiografica sottoforma di storie, seguendo schemi narrativi insiti nella nostra biologia. 

Ogni gruppo umano è una comunità discorsiva e retorica che si rimodula con le storie.

C’è un settore, quello della pubblicità, che ha trasformato la narrazione in una strategia di comunicazione persuasiva attraverso quella disciplina conosciuta con il nome di Storytelling.

Storytelling non è raccontare la storia di un’azienda, o una biografia, ma sviluppare una serie di discorsi capaci di generare scenari immaginativi, storie d’impresa in grado di definire e accompagnare il consumo e promuovere e orientare l’esperienza di acquisto. Lo Storytelling non deve dire chi sei ma deve aiutarti a creare un sentimento intorno a quello che sei e a quello che fai. Un racconto d’impresa deve costruire una storia che diventi immaginario collettivo in cui il pubblico di riferimento deve riconoscersi e immedesimarsi, sino ad esserne influenzato. Lo Storytelling, quindi, ha il compito di costruire un’identità intorno ad un prodotto, qualificandolo con valori, sentimenti, scopi e comportamenti.

Storytelling: l’esempio di Mulino Bianco

Lo Storytelling non è solo un lavoro testuale. Una storia, infatti, oltre che con le parole si può raccontare con le foto, i video, istallazioni e tutti gli strumenti digitali.

Un esempio è quello degli spot pubblicitari Mulino Bianco. Il famoso marchio italiano, nel 2017, dopo sei anni, ha sostituito Antonio Banderas con due nuovi testimonial. Il cambiamento non è stato drastico. Al contrario, Mulino Bianco si è preoccupata di spiegare e accompagnare il pubblico verso le “nuove storie del mulino”.

La transizione si era necessaria: Antonio Banderas e la sua gallina “Rosssita” avevano conquistato l’immaginario italiano, l’attore, ormai, veniva riconosciuto per il suo ruolo di mugnaio, vero artefice di tutte le novità del Mulino. Sostituirlo drasticamente avrebbe causato la rottura della trama narrativa, l’immaginario narrativo sarebbe stato compromesso, svelando la mera natura commerciale degli spot pubblicitari.

In questo momento si rivela tutta la potenza dello storytelling: il mugnaio decide di affidare il mulino a sua figlia (Nicole Grimaudo) e al suo fidanzato (Giorgio Pasotti) e la storia continua, con un rinnovato sentimento verso il futuro.

Che la narrazione del Mulino Bianco possa piacere o meno, credo che questo sia un esempio molto esplicativo di quanto siano importanti le storie per i brand e di come la dimensione delle storie sia il legame più forte che i brand possono costruire con il proprio pubblico.

Così il marketing è passato prima dal prodotto al logo, poi dal logo alla story, dall’immagine della marca alla storia della marca.

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