Supporto psicologico epistolare: uno strumento in più nel percorso terapeutico
Ho da tempo una consulenza mensile con una coppia di genitori che vengono da un'altra città.
Venendo da lontano, una frequenza maggiore di incontri per loro sarebbe piuttosto faticosa, nello stesso tempo un mese è un periodo lungo per affrontare senza supporto una relazione problematica con un figlio.
La convivenza, inoltre, impedisce di fare incontri on line con tranquillità.
Così ho detto loro “scrivetemi se tra un incontro e l’altro ve ne viene voglia o se ne sentite il bisogno. Io, con calma, cercherò di rispondervi. Se non mi sarà possibile, vorrà dire che avremo del materiale utile per il nostro prossimo incontro”
Ho sempre risposto. Dopo qualche giorno, certo, ma l’ho sempre fatto. Il nostro carteggio dura ormai da un bel po’ e si rivela una preziosa modalità di integrazione del supporto psicologico svolto in seduta.
Provo a spiegare il perché:
- la possibilità dello scambio epistolare, tramite e-mail, rappresenta la continuità della presenza e della protezione della figura psicologica, anche quando questa non è fisicamente presente. Sia la disponibilità che le risposte del terapeuta danno tangibilità al sentirsi pensati. Questo aiuta nelle difficoltà quotidiane e ripaga lo sforzo fatto dalla coppia per riflettere ed elaborare il proprio pensiero. il terapeuta che scrive "va" dalla coppia, così come la coppia si reca dal terapeuta in seduta.
- E’ stato importante precisare che lo scriverci non fosse un vincolo. Per loro non doveva essere un compito a casa da eseguire per compiacere le richieste del terapeuta o una specie di corvee per recuperare ritardi in materia di competenza genitoriale. Lo scrivere doveva essere vissuto come una possibilità in più cui ricorrere in un momento di difficoltà, o per porre domande o anche per segnalare e condividere un successo.
- Per quanto non fosse stato esplicitato era sottinteso che mi aspettavo una sola comunicazione durante il mese e non di più. La loro mail era un bonus da utilizzare al bisogno, con oculatezza.
Avrei potuto dire semplicemente: ”telefonatemi se avete bisogno”. La cosa non è esclusa, ma privilegiare lo scrivere sul telefonare deriva dalla diversità sostanziale tra le due modalità comunicative. Si telefona al terapeuta in genere seguendo un impulso, in un momento di esasperazione o di depressione, il presupposto della telefonata è spesso quello di avere una risposta immediata, oppure di ricorrere ad una valvola di sfogo.
Per quello che riguarda il terapeuta la telefonata può irrompere nella sua quotidianità in un momento in cui non ha la concentrazione necessaria. Il rischio è di dare risposte poco meditate , con maggiore margine di errore o troppo generiche che deludono l’attesa dell'interlocutore
Anche se il terapeuta rinvia la conversazione a un momento più favorevole, può lasciare una certa insoddisfazione nel suo interlocutore che può viversi come non sufficientemente importante .
Scrivere richiede un'elaborazione, un dare forma comunicativa alle emozioni che si provano, invece di agirle. Fare lo sfozo di ricostruire quanto sta accadendo o è accaduto. Se una telefonata può evidenziare leemozioni che accompagnano il modo di reagire di una persona, esprimere il pensiero in forma scritta rivela gli schemi mentali di chi scrive, il modo in cui tende ad interpretare ciò che gli accade, i presupposti sottesi al suo agire.
Scrivere è un lavoro che, proposto ad una coppia, permette di svelare il suo modo di interagire, evidenzia se vi è capacità di trovare accordo sul modo di descrivere i fatti, se si cerca un'espressione comune o se si accetta di esprimere diverse posizioni. Analizzare in seduta come si è arrivati a comporre la mail permette di capire se uno tende a prevalere sull’altro nel raccontare o se cerca una delega deresponsabilizzante. In sostanza analizzare come si è arrivati a scrivere una determinata mail fornisce preziose informazioni sulla consistenza della alleanza per il cambiamento della coppia.
Prima scrivendo e successivamente commentando al proprio interno le risposte del terapeuta, la coppia partecipa attivamente al processo terapeutico. I risultati saranno percepiti più facilmente come una propria conquista, e non solo come l’espressione delle capacità del terapeuta. I cambiamenti realizzati quindi saranno più stabili e persistenti.
La coppia genitoriale per confrontarsi sul lavoro di scrittura deve individuare uno spazio fisico e temporale, intimo e riservato, che prima probabilmente non si concedeva. La comunicazione tra i genitori, dovendo costruire un prodotto per l’esterno, cambia: non può essere più quella degli scambi episodici del quotidiano, dove magari uno dei due genitori si lamenta con l’altro per il figlio, o ci si rinfaccia di non aver ricevuto sufficiente aiuto in determinate circostanze.
Questa diversa modalità di comunicazione, una volta costruita, può rimanere come risorsa della coppia quando il supporto psicologico sarà cessato.
Scrivere dei propri problemi non è certo una novità: ci sono riviste e siti dove le persone possono rivolgersi per avere risposte da opinionisti o da specialisti. Ma in questi casi in genere il contesto è del tipo domanda/risposta: non è previsto un seguito, un dialogo, un accompagnamento. Lo specialista cerca di esprimere un parere quanto più preciso possibile sulla base di quanto sommariamente esposto nella lettera ricevuta, ma tutto muore lì. Non è previsto un approfondimento del problema portato. non è previsto di verificare se le indicazioni fornite, se messe in pratica, siano state adeguate o si siano rivelate inefficaci.
Ho dato questa opportunità di scrivere anche in altre occasioni in cui le sedute per vari morivi dovevano distanziarsi e ho ricevuto sempre risposte partecipi ed interessanti.
Il supporto psicologico epistolare. dunque. penso possa essere, in determinati casi, uno strumento in più da sperimentare, una forma efficace di integrazione del supporto fornito nel corso dei colloqui per persone e coppie che vogliono capire meglio se stesse ed essere più attive nell’affrontare i propri problemi di relazione.
Mi domando se lo scambio epistolare come forma integrativa della relazione terapeutica, possa essere sperimentata in un ventaglio più empio di situazioni e non solo per motivi di necessità.
Questo perché permette al terapeuta sdi prendersi più tempo per sentire dentro di sé i riflessi di ciò che gli viene portato e per elaborare una narrazione/intervento che possa fare sentire i propri interlocutori profondamente ascoltati, capiti, protetti, stimolati e gratificati per la tangibilità e rilevanza del contributo che portano . Artefici, assieme al terapeuta di una comune tessitura allo stesso tempo razionale ed emotiva, in grado di mettere vestiti nuovi alla realtà. Questa potrà apparire meno oscura, meno incomprensibile, rendendo più identificabili i sentieri che portano nella direzione auspicata.