Talento e virtù
Non avevo visto Bronx di Bob de Niro quando uscì. Me lo sono goduto un po' di anni fa in una serata televisiva con i miei figli.
Il tema: il talento. «Ricorda che la cosa più triste nella vita è il talento sprecato. Puoi avere tutto il talento del mondo, ma se non fai la cosa giusta, non succede niente. »
E’ la frase che Sonny il boss del quartiere dice a Calogero, un giovane ragazzo di origini italiane figlio di un autista d’autobus interpretato da Robert de Niro.
Come il terzo servo della parabola evangelica che nasconde il suo “talento” sotto terra sperando di preservarlo. Non era quella la “cosa giusta” e per questo il padrone, donatore del talento, non mancherà do condannare il servo che non aveva fatto sviluppare il suo talento.
Talento evoca il concetto di “abilità” , termine che ricorre spesso nelle riflessioni del filosofo Salvatore Natoli: "abilità trae la propria origine da “ars” che a sua volta trae origine dalla parola greca “aretè” che in latino significa virtù".
Insomma l'etimologia della parola "abilità" affonda le proprie radici nel concetto di virtù. Trovo essenziale questo collegamento tra talento e virtù.
Non so se De Niro avesse in mente questi collegamenti. Sicuramente è una voce da ascoltare quella di coloro che pensano che il talento non sia cosa in sé ma attributo, e che acquisisca carattere sostantivo solo in quanto indissolubilmente connesso al bene, al fare la cosa giusta.
Solo allora il talento esplode e fa succedere le cose.