Tar Calabria, Reggio Calabria, 29 aprile 2019, n. 300 - Onere dichiarativo e decreto penale di condanna
"Il decreto penale di condanna opposto non è certamente equiparabile alla sentenza di condanna anche non definitiva, dovendosi in proposito considerare che, per espressa disposizione del codice di procedura penale (art. 464, comma 3, c.p.p.), la proposizione dell'opposizione determina, in ogni caso, la revoca del decreto e la conseguente definizione del rapporto processuale con una successiva e distinta sentenza. In sostanza, solo laddove non opposto il decreto penale assume un valore vincolante quanto all'accertamento dei fatti materiali costituenti reato e alla loro imputabilità al condannato. Pertanto, solamente quando e se il decreto diviene esecutivo è suscettibile di essere utilizzato in sede amministrativa per tutte le valutazioni conseguenti".
La stazione appaltante, dopo aver comunicato l’aggiudicazione provvisoria a favore della ricorrente, comunicava a quest’ultima - dopo qualche settimana - l’avvio del procedimento di esclusione, in ragione del fatto che era emerso che uno dei soci della stessa aveva omesso di indicare negli atti di gara la sussistenza di un decreto penale di condanna opposto ai sensi dell'art. 461 c.p.p.
Per tale motivo, in applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis), del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. il detto operatore economico veniva escluso, ravvisandosi nella specie la violazione del bando di gara laddove richiedeva esplicitamente la dichiarazione di “tutte le condanne anche non definitive”.
Ebbene, avverso tale esclusione l'impresa proponeva ricorso al Tar rilevando che (i) il citato decreto penale era stato tempestivamente opposto; (ii) la dichiarazione resa in sede di gara si era attenuta al format indicato nel bando che invitava a inserire solo “i decreti penali di condanna divenuti irreversibili”; (iii) all'esito del giudizio dibattimentale instaurato con la predetta opposizione, il Tribunale penale aveva assolto l'imputato con apposita sentenza.
Al contrario, la stazione appaltante sosteneva che il decreto penale de quo andava comunque dichiarato in gara perché, seppure in presenza di opposizione, aveva mantenuto la sua efficacia e validità di “condanna” non definitiva.
Il Tar ha accolto il ricorso della società esclusa poiché “(…) il decreto penale di condanna opposto non è certamente equiparabile alla sentenza di condanna anche non definitiva, dovendosi in proposito considerare che, per espressa disposizione del codice di procedura penale (art. 464 comma 3), la proposizione dell'opposizione determina, in ogni caso, la revoca del decreto e la conseguente definizione del rapporto processuale con una successiva e distinta sentenza. In sostanza, solo laddove non opposto, il decreto penale assume un valore vincolante quanto all'accertamento dei fatti materiali costituenti reato ed alla loro imputabilità al condannato”.
Pertanto, solamente se il decreto fosse divenuto esecutivo, poteva essere utilizzato in sede amministrativa per tutte le valutazioni conseguenti.
Tuttavia, nel caso di specie, essendo stata presentata tempestivamente opposizione, il decreto penale di condanna non può certamente dirsi esecutivo e quindi costituire un valido vincolo per l’attività amministrativa, né tantomeno può essere equiparato ad una pronuncia di condanna, che, in caso di proposizione dell’opposizione, si concretizza solo all’esito del giudizio dibattimentale ad essa conseguente.
Pertanto, l’inconsapevolezza di tale distinzione ha condotto la stazione appaltante a equiparare illegittimamente l’omessa dichiarazione di una sentenza di condanna all’omessa dichiarazione di un decreto penale opposto, motivo per cui il Collegio ha accolto il ricorso annullando il provvedimento di esclusione.