Testi che cantano. Quando scrivi, fai rumore?

Testi che cantano. Quando scrivi, fai rumore?

Mi sono chiesta se fosse possibile trovare un punto di partenza in questa avventura di parole seriali da tenere sempre pronte all'uso, da immolare all'altare del digitale per chi come me e te invoca, un giorno sì e l'altro pure, occasioni per migliorare il proprio stile di scrittura.

Non è certo un caso che l’ispirazione mi sia venuta in contro riaffiorando proprio dal testo di una canzone. Che per di più reca nel titolo un argomento a me caro che voglio mettere a disposizione in questo articolo come oggetto di riflessione.

Esule dal maremoto sanremese che ci ha sommersi – finalmente! – di brani da cantare a squarciagola, mi soffermo un istante sul vincitore, Diodato, che dal palco dell’Ariston ha urlato Fai rumore.

La canzone parla di un amore ormai finito ma ingombrante, talmente invadente da rendere abissale la distanza tra due persone che lo hanno esaurito, l’amore sottinteso. E chi va via fa un baccano allucinante, sconquassa gli equilibri, annienta la poesia, e a chi resta resta la sola voce frantumata che raccoglie i cocci in terra, mentre l’anima di cartapesta si frastaglia in un fruscìo.

Tutto questo fa rumore. E si sente, forte e chiaro.

E tu, quando scrivi, fai rumore?

Mi spiego meglio. 

Se dopo che io scrivo, tu leggi sul tuo schermo del via vai del mare grosso, che ulula e rimbomba nella testa, scappa e torna, che si schianta a riva, vittima sacrificale del violento maestrale, la mia intenzione – come puoi intuire – è quella di imitare i cavalloni del mare in tempesta, farteli sentire nello stomaco.

E invece, se chiudo gli occhi lentamente e provo ad allargare i miei confini, sfogliando un vecchio libro tra le mani, in cui parole senza senso picchiettano sulla carta, e cercando casa vengono a bussare a questa mia porta liscia e chiusa di legno, ti sto rendendo partecipe di un mio momento di lettura, decisamente un po’ distratta; dovresti sentire una carezza sussurrata, a fior di labbra.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Rileggi in silenzio, scandendo bene nella tua mente ogni singola parola, e poi fallo di nuovo, ma questa volta come se tutte insieme formassero un’orchestra. Prenditi tutto il tempo che occorre.

Adesso, se sono riuscita nei miei intenti, voglio spiegarti come ho fatto, farti capire cos'è successo.

Chi cerca trova il proprio tono di voce

Con un po’ di spirito d'iniziativa mi sento in vena di parlare di scrittura creativa, e prendo spunto da Testi che parlano, il libro della copywriter ed esperta in brand language Valentina Falcinelli, che proprio qui (p.41) presenta la sua scala della temperatura del linguaggio

La utilizzerò per darti il benvenuto nella mia comfort zone, calda e colorata, quella a cavallo tra il sogno e la nuda realtà, dove chi accede ha il potere di far ridere e piangere. Ha in pugno l’umanità, tanto per intenderci.

Come far "cantare" un testo

L’obiettivo è sfruttare a proprio vantaggio ogni artificio retorico presente in natura, fare in modo che nella scrittura trionfi incontrastata l’espressività.

Per maneggiare una scrittura creativa che vada dritta al suo bersaglio, tra le miriadi di cose da tenere a mente, abbi cura della musicalità, essenziale in un testo breve o lungo che vuol farsi notare.

Hai capito bene, le parole hanno una loro sonorità, innata e spontanea, che puoi trasferire al testo servendoti di fedeli alleate. Parlo delle figure retoriche del suono: allitterazioni, assonanze e consonanze, onomatopee, paranomasie prudentemente utilizzate – sono armi vincenti per modulare la voce del tuo testo, arpionare il lettore e tenerlo in balia del tuo inchiostro (nero o figurato che sia).

E cos'è il suono, se non terra emersa dal silenzio? Fai una pausa. Ora ricomincia. 

Il tuo testo vuole cantare. Pronto a ricevere il giudizio trasversale, se ne sta lì vulnerabile sul palco con i fari puntati contro a illuminarne ogni minima esitazione o incertezza. Ma per mostrare a tutti il suo talento, serve un accompagnamento degno di nota.

Ecco, se le parole nel tuo testo sono i musicisti dell’orchestra, la punteggiatura è la bacchetta del maestro. L’arte, come dire, si affloscia su stessa, se priva di armonia. Serve che il caos sia disciplinato. Ora tutto è pronto.

Non ti resta che scrivere e leggere da capo, e se dondoli la testa, sei sulla strada giusta.


Photo by Kinga Cichewicz on Unsplash

Elena Favazzo

Social Media Manager

4 anni

Un grazie ad Anna Rachele Capolingua, che con Cavalieri Digitali mi sta facendo scoprire un mondo in cui sento di poter dire la mia, ma sopratutto in cui ci sia qualcuno disposto ad ascoltarmi... Leggermi.... Aiutarmi a migliorare. Ufficialmente, pubblicamente, GRAZIE.

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