Tranvia Togliatti - Perchè è un'occasione da non perdere.
Tra le opere finanziate dal PNRR e in fase avanzata di progettazione vi è la linea tranviaria Ponte Mammolo – Subaugusta, comunemente chiamata “Tranvia Togliatti”, perché il suo intero percorso si snoderà lungo tutta la strada intitolata allo storico Segretario del Partito Comunista Italiano.
Dal punto di vista della mobilità, l’opera è di fondamentale importanza: un percorso di circa otto chilometri tangenziale da nord che avrà raccordi con le tre linee metropolitane, la ferrovia FL2 Roma - L’Aquila - Pescara, le linee tranviarie lungo via Prenestina e la futura tranvia Roma Termini – Tor Vergata (attualmente in fase di progettazione).
A mio avviso, è un’occasione da non sprecare anche in termini di riqualificazione del territorio e per superare i problemi che soffre il viale e che ricadono sui cittadini dei quartieri che vi si affacciano.
Generalmente, realizzare una tranvia porta benefici in termini di spostamenti quotidiani, disincentiva l’utilizzo dell’automobile. E ciò è bene, soprattutto in una città come Roma. Ma inserirla all’interno di un paesaggio, farla dialogare in maniera organizzata con il testo urbano fino a intenderla come un vero proprio strumento di pianificazione, è il passaggio in più per ristrutturare porzioni di città, a vari livelli, dal micro al macro: rifacimento e allargamento dei marciapiedi, creazione di nuovi percorsi ciclabili, realizzazione di nuovi parchi urbani e riqualificazione di spazi interni ai quartieri che attraversa. Ma anche azioni a verde e introduzione di nature-based solutions per mitigare e contrastare il cambiamento climatico e migliorare l’impatto visivo.
Vi è anche da considerare due aspetti sociali: una nuova opera di trasporto tende a portare nuovi abitanti nelle zone che attraversa, nuovi abitanti che hanno necessità di avere servizi vicino casa, da scuole a ospedali, da aree verdi a strutture commerciali. Parliamo di una direttrice di sviluppo che porta alla nascita di nuovi attrattori culturali, commerciali e produttivi, che migliora l’appetibilità e l'immagine dei quartieri limitrofi, ne rafforza l’identità culturale e il senso di appartenenze degli abitanti. Sotto questi aspetti, però, è necessario porre molta attenzione, per evitare l’innalzamento incontrollato dei valori immobiliari che può aumentare il divario tra le diverse fasce di popolazione, allontanando le categorie sociali più deboli. Esperienze che hanno funzionato hanno legato le opere di mobilità a piani di recupero dell’edilizia popolare.
In sintesi: pianificare una linea di trasporto su ferro, in questo periodo storico, non è solo tracciare un percorso, definirne i collegamenti, i nodi di scambio, calcolare i costi-benefici, trovare i fondi, progettarla e realizzarla. Mobilità e pianificazione urbana sono due facce della stessa medaglia. È necessario mettere l’opera al centro di un piano di sviluppo urbano più sostenibile, approcciarsi all’impostazione transport oriented development (TOD) per ripensare ampie porzioni di città. La maggior parte delle storie di successo della metropolitana leggera emergono proprio da esempi in cui le iniziative di trasporto e pianificazione urbana sono state sviluppate insieme, come successo in Francia, dove si parla di «effetto Grenoble». Nella capitale dell’Isere le tranvie realizzate sono state integrate in ampi e innovativi programmi urbanistici, che hanno trasformato il centro cittadino: è stata allargata la superficie pedonale, sono stati creati nuovi spazi a verde, gli edifici sono stati riqualificati. Il risultato: più spazi pubblici, quartieri più vissuti dagli abitanti, incremento dello sviluppo commerciale.
Perché non applicare questi principi anche su viale Palmiro Togliatti?
Partiamo da un presupposto. Negli spazi agiscono tre forze distinte: storia, urbanistica e pratiche d’uso.
Secondo l’intenzione originaria, viale Togliatti, avrebbe dovuto essere un grande asse attrezzato, funzionale al decentramento di uffici pubblici. Ciò non è avvenuto e la strada è rimasta esclusivamente un’arteria di collegamento, funzione che verrà ribadita con la futura tranvia.
Urbanisticamente il viale è un arcipelago di pieni e vuoti dalle differenti grandezze: aree urbanizzate (Don Bosco, Colli Aniene), spazi verdi non completati o senza una chiara definizione del loro destino (Parco di Centocelle, Pratone di torre Spaccata), quartieri che attendono l’avvio di una trasformazione (Centocelle), dove gli strumenti messi in campo per una rigenerazione non hanno dato i risultati previsti (Alessandrino, Casale Rosso), quartieri sorti con l’idea di riscatto per le fasce più deboli e poi lasciati andare (Quarticciolo), aree senza una definizione, spiazzi inabitati riempiti solo per un mercato settimanale (Piazzale Pino Pascali), una stazione ferroviaria degradata (FL2 Togliatti).
Consigliati da LinkedIn
Lungo tutto questo percorso troviamo vuoti di dimensioni minori, diverse aree abbandonate o di risulta, quelli che la semiotica chiama terrain vagues (prive di significato o con significato negativo) che si disseminano su entrambi i lati. Ogni tanto, poi, lungo viale Palmiro Togliatti, l’eredità storico-archeologica della città si insinua quasi come fosse un fastidio, come l’Acquedotto Alessandrino o la Torraccia. Episodi urbani non degnamente valorizzati.
Qualcosa si sta muovendo, grazie alla spinta del Campidoglio e dei Municipi: si sta accelerando per la realizzazione del Parco di Centocelle (ma dovrà essere affrontato il problema della delocalizzazione degli autodemolitori) e il Parco Madre Teresa di Calcutta, sarà oggetto di una riqualificazione. Progetti importanti, che sicuramente miglioreranno il territorio, ma che devono necessariamente essere parte di un programma più ampio.
Riguardo il terzo punto, le pratiche d’uso, su lunghi tratti del viale si nota l’assenza delle persone, dovuta all’assenza di luoghi di aggregazione. Di notte diventa terra di nessuno e nelle aree abbandonate si concentrano pratiche illegali che recentemente hanno portato anche a episodi criminali, mentre il fenomeno della prostituzione si insinua sempre più nelle strade dei quartieri limitrofi. Le persone non frequentano il viale perché è il rischio di essere aggrediti, di subire un furto o, peggio, è elevato. Questo problema è da affrontare subito: l’illegalità visibile su viale Palmiro Togliatti è solo la punta dell’iceberg. Gli organismi preposti dovrebbero mettersi al tavolo e ragionare su soluzioni a breve e medio termine, implementando sistemi di video sorveglianza, potenziando l’illuminazione pubblica, garantendo l’efficacia di misure deterrenti e di strumenti di contrasto.
Tutte le caratteristiche elencate riguardo il viale sono state anche oggetto di studio: la raccolta di saggi “Viale Palmiro Togliatti. Una strada in cerca d’autore” curata dalla professoressa Isabella Pezzini e dal dott. Riccardo Bortolotti, dell’Università degli Studi La Sapienza, è un ottimo spunto di riflessione.
I docenti affermano che, se si considerassero le caratteristiche di viale Palmiro Togliatti scevre dal percepito, dal vissuto e dal senso comune, tutto farebbe pensare “a un grande boulevard metropolitano”, mentre quando si pensa al viale si manifestano percezioni quali insicurezza, degrado diffuso, assenza di cura. Gli abitanti non si identificano nel viale ma nelle realtà dei quartieri in cui vivono. Addirittura, vi è una normalizzazione delle pratiche illegali: per chi vive nei dintorni la Togliatti non ammette altro.
Già dalla sua istituzione sarebbe stato necessario inserirla all’interno di un brano urbanistico, ma non è stato fatto. Adesso si ripresenta l’opportunità: la tranvia potrebbe essere il volano di trasformazione di questo pezzo di città, fin dentro i quartieri che attraversa. Solo in questo modo sarà possibile sovvertire la lettura di viale Palmiro Togliatti, trasformandola da luogo anonimo, insicuro, degradato e rumoroso, da strada “guardata di spalle dai quartieri che attraversa” a cerniera, luogo di incontro, arcipelago di spazi vivi, vivaci e incentrati sulle persone.
Per realizzare questo ambizioso programma è necessario che noi, alla guida della città, allarghiamo il campo, prima supportando il ridisegno complessivo all’interno di una visione, poi facendoci promotori e guida del processo di trasformazione: stanziando o trovando adeguate risorse economiche, predisponendo gli strumenti urbanistici più efficaci e intercettando l’iniziativa privata per stabilire rapporti di collaborazione. Importante sarà coinvolgere tutte quelle realtà sociali e associative che vivono, operano e gravitano nei quartieri a ridosso di viale Palmiro Togliatti, mantenendo i giusti ruoli. Quest’operazione dovrà essere avviata rapidamente: il 2026 – data indicata per termine lavori – è dietro l’angolo.
Roma non ha bisogno di essere soltanto una città di spostamenti facili, ma di tempi di vita semplici, di nuovi spazi pubblici adatti ad ospitare nuove pratiche di vita della città. Non sarà semplice ma sono convinto che sia necessario provarci.
Da Don Bosco a Ponte Mammolo abitano diverse centinaia di migliaia di persone. A queste persone, da due anni, parliamo di una città semplice, sicura, dove tutto sarà raggiungibile in 15 minuti a piedi o in bicicletta: dallo svago ai servizi, dal consumo al relax.
Quale migliore banco di prova, se non viale Palmiro Togliatti?