Un abbecedario tra elementarità e mistero nell’arte di Tino Stefanoni
Pochi giorni fa un Grande Artista antinaturalista ci ha lasciati con naturalezza.
Anche oggi, come ha fatto per tutto l’arco della sua ricerca artistica, Tino Stefanoni ci permetterà di riflettere sulla potenza narrativa delle immagini e di quanto il mondo delle parole sia ineluttabilmente legato a quello della percezione.
“La disarmante ovvietà” e semplicità delle sue rappresentazioni (dalle vecchie alle recenti) si può confondere e spesso si è confusa, in superficie, con le seriali apparizioni del naturalismo “pop” mentre, in profondità, la sua pittura è sempre stata il frutto, a mio parere, di una visione metafisica “alla Carrà.”
Interpreto, e magari non è così, ma credo che la sensibilità di Tino volesse ricordarci che se il mondo delle cose è il segno tangibile dell’esistenza dell’uomo, come spesso ripeteva, dunque di sua proprietà, le creazioni di arte e bellezza non sono arte e bellezza naturale, ma la loro finzione artificiale. Parafrasando la famosa pipa di Magritte raccontata da Foucault Tino fingeva finzioni.
Le immagini create dall’uomo, così come le narrazioni, inventano la realtà che è dell’uomo.
Ecco che, così come esistono una manciata di macro trame sulle quali immaginare e costruire una infinità di narrazioni, esiste un abbecedario visivo (quello che ci ha lasciato Tino) che permette di immaginare e raccontare tutte le storie. La pittura di Tino, come diceva lui stesso, è un oggetto per la mente. “È elementarità e mistero” quanto lo è, direi io, ai minimi termini, una gran bella storia che sgorga fresca e semplice come una poesia.
È la cifra narrativa delle ‘cose stesse’, quanto l’abbecedario visivo pubblico di Tino, che apre le porte di un ascolto autentico e immaginifico - e di gratitudine! -.
Una fruizione che non può che essere, insieme, superficiale e profonda come la nostra vita; innaturale, costruita, finta, romanzata.
Umana.
Reggia di Caserta, Tino Stefanoni, Pittura oltre la Pittura, dal 7 dicembre al 7 gennaio 2018