UN BAGNO DI REALTÀ
In questo social network si parla di lavoro. Molti lo usano per sensibilizzare su tematiche professionali importanti, altri prendono posizioni che fanno riflettere anche se non si vedono basi scientifiche. Altri ancora (anche io ho fatto e faccio abitualmente così) comunicano i loro progressi di carriera, tengono alta l’attenzione dei propri followers sul profilo.
Alla luce di alcune cose che continuano a succedere in questo mondo, vorrei segnalare invece un libro che ho appena letto, di cui ho apprezzato le tematiche di fondo: Occhi che non vedono, di Josè Ángel González Sainz, in una nuova edizione BUR (dopo una edizione di qualche anno fa di Bompiani). In questo romanzo ci muoviamo sullo sfondo della Spagna alla fine del franchismo, nel pieno delle rivendicazioni dell’ETA e del dramma che questo ha comportato nelle vite di molti. Il protagonista, di nome Felipe, si trova a fronteggiare una crisi economica e a dover lasciare il paese con la moglie e i due figli e a trasferirsi in città a lavorare in fabbrica. In quel frangente, sua moglie e il suo figlio più grande diventeranno preda e sostenitori della stessa ideologia di morte (quella del separatismo basco) da cui il nostro protagonista cercherà di prendere sempre le distanze, emarginato da un microcosmo in cui vive e ormai dominato da quella stessa ideologia, per cui una “verità divenuta pazza” (parole di Gilbert Keith Chesterton) diventa chiave di lettura distorta della realtà. Alla fine, il suo figlio più grande diventerà un terrorista, omicida e rapitore, nemico del suo stesso padre, con la moglie che lo abbandonerà credendo di essere più intelligente della realtà di quanto lui non lo sia mai stato. Mentre invece il nostro Felipe aveva perso un padre per colpa dei franchisti, e comunque non aveva ceduto all’ideologia del sangue, cercando sempre invece di tenere aperto lo sguardo sulla realtà, sull’oggettività della stessa.
Dopo la lettura di questo romanzo, mi sono soffermato sul nostro tempo. Anche il nostro oggi è un tempo di ideologie. L’ideologia dei figli che devono rimediare agli errori dei propri padri. L’ideologia della vita, intesa come scelte e come scorrere del tempo, ridotta ad impressione soggettiva su di sé. L’ideologia del mondo come sistema che in fondo cerca di fregarti. L’ideologia dell’altro che se non è dalla mia parte è solo un ostacolo al mio benessere. L’ideologia del senso della propria vita ridotto alla propria funzione sociale, di cui questo social network è a volte lo specchio infame. Il tutto condito di belle intenzioni, come quelle di cui è lastricata la strada verso un’eternità di solitudine, livore, tristezza e oggettiva morte dell’anima, in cui non hai più né la forza né la possibilità di volgere lo sguardo, se non al cielo, almeno verso un altro sguardo umano che possa vedere come fratello.
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Abbiamo bisogno di un bagno di realtà. Una realtà oggettiva, al fondo della quale la vita è solo vita e la morte è la fine della vita, e la vita è un dato biologico che va al di là dei significati sociali e culturali, è altro da noi; una realtà oggettiva in cui l’altro essere umano, che magari viene dall’altra parte del mare è solo un disgraziato come te e come me che desidera ciò che desidero io; una realtà oggettiva in cui ogni essere umano, immerso nella cultura in cui nasce e cresce e che può essere buona o cattiva o qualsiasi cosa, è libero di essere, di dire di sì o di no e prendere le scelte che vuole, nella libertà di espressione personale e sociale che anche il nostro Paese riafferma nella sua Costituzione datata 1948, senza per questo essere emarginato; una realtà oggettiva in cui il potere che tutti noi abbiamo sulla realtà non è un potere di odio o per riaffermare un nostro primato morale, ma un potere che ci consente, padri e figli insieme, di fare il bene dell’altro essere umano a cominciare da chi mi trovo fuori dall’uscio di casa fino ai confini di questo mondo; infine, una realtà oggettiva in cui tutti noi, a cominciare da me, riconosciamo che la nostra cifra umana non sta nella quantità di post che pubblichiamo qui oppure dalla lunghezza del nostro curriculum vitae, ma piuttosto nella gamma di affetti da cui siamo circondati, nell’amore da cui siamo costantemente edificati come persone prima che come professionisti, nel fiume in piena di affetto che ci fa essere anche quello che siamo come lavoratori, perché il punto di partenza di tutto non è ciò che fai, ma l’amore che ricevi nella vita.
Agostino Cotesta