Una riflessione su diversity e impatto “gentile”
Silvana Sciarra è la nuova presidente della Corte Costituzionale. Le sue prime parole in conferenza stampa sono state:
Ho fiducia nelle istituzioni. Non posso non averla, non posso pensare che se ci fosse una forte maggioranza non ci sarà attenzione al pluralismo. Me lo auguro fortemente. Il mio è un messaggio di fiducia e rispetto nelle istituzioni
Parole che sono spunto per una riflessione su un concetto assolutamente non nuovo: leadership femminile e maschile sono diverse? Se sì: può, e come, la leadership femminile fare la differenza, in meglio?
Sono state fatte delle ricerche per rispondere a queste domande ed è risultato, non sorprendentemente, che le differenze ci sono (Alleluia!), che la “gentilezza” è un potente strumento di leadership e che non è tanto la predominanza di un genere piuttosto che l’altro ad essere vincente, ma la formula magica sta nell’equilibrio e nell’inclusione delle diversità.
Leadership “gentile”, non è solo una questione di genere
Siamo stati abituati a concepire la gentilezza come una prerogativa puramente femminile. In realtà, la questione non sta tanto nella verità di questa affermazione, quanto nel substrato concettuale, nella rappresentazione di una qualità associata a un genere piuttosto che a un altro. In realtà non esisterebbe questa netta divisione, ma piuttosto la capacità dei leader di utilizzare, fra le altre competenze, la gentilezza.
L’Indagine InfoJobs sulla “gentilezza al lavoro”, condotta a dicembre 2019, ha rilevato che per il 78% degli intervistati la gentilezza dovrebbe far parte delle soft skill di ogni candidato e secondo il 96% migliora anche la produttività. Inserire la “gentilezza” nel curriculum potrebbe essere quindi una marcia in più.
Un paradigma che si evolve, una nuova leadership
La cultura occidentale ci pone da sempre dinanzi alla figura di un leader che sia coinvolgente, carismatico, influente, ma anche aggressivo e dominante; allo stesso modo la carriera aziendale sembrerebbe improntata al successo individuale, alla competizione e alla scalata egoistica, puntando all’aggressività come strumento per il successo. Un leader che tendiamo a cristallizare, normalmente, nella figura di un uomo – e non è detto che sia così.
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Di contro, le organizzazioni stanno raggiungendo un livello di complessità tale che un leader dovrà essere sempre più helper di colleghi e capi.
Coinvolgimento, fiducia, attenzione al risultato diventano le parole chiave in una civiltà in cui le relazioni sono fondanti per il progresso economico e sociale. I compiti da svolgere al giorno d’oggi richiedono, infatti, team multiskill per cui un ottimo risultato può essere raggiunto solo da gruppi di persone che siano collaborativi e coesi. Il ritmo dei progressi tecnologici, i nuovi modelli di organizzazione, collaborazione e comunicazione anche a distanza, il multiculturalismo rendono evidente come stare al passo coi tempi richiederà lavori di gruppo e collaborazioni basati su alti livelli di fiducia e apertura, rinsaldati dalla costruzione di solide relazioni interpersonali.
Un leader gentile è anche un leader umile, che riconosce di non possedere un sapere tecnico universale, ma di avere bisogno delle competenze e dell’aiuto di più persone. Tutti aspetti che sono, nella maggior parte dei casi, ricondotti a skill più femminili. E in tutto questo, comunque, i caregiver sono assolutamente più allenati, come rilevano gli studi raccolti nel volume Maam. La maternità è un master che rende più forti uomini e donne.
Ad ogni livello, queste skill sono fra le più utili e richieste. Lo sanno bene i ragazzi del Newtrain Manifesto, di cui scrivevo qualche tempo fa.
Maschile o femminile? Equilibrio di vedute e capacità
Lo studio del 2020 di Banca d’Italia, a cura di Diana Capone, si è occupato di scandagliare le performance delle aziende, con particolare riguardo al settore bancario, che hanno adottato politiche di diversity e inclusione e conclude:
Bassi livelli di diversity nei consigli di amministrazione aumentano i rischi di bias cognitivi di gruppo, possono compromettere la capacità di critica costruttiva delle decisioni della maggioranza odi coloro che sono percepiti come leader delle discussioni e portare a dare eccessivo peso a pregiudizi e convinzioni radicati nel tempo e mai messi in discussione. La diversity di genere, in particolare, è un fattore fondamentale per fondare una buona governance, assicurare la sana cultura aziendale e gestire i profili di rischio
La diversity di genere, alla pari delle varie altre possibili differenze in termini di età, professionalità, provenienza geografica, favorisce meccanismi decisionali basati su pluralità di vedute, liberamente espresse, in un partecipato dibattito consiliare. E aumenta, in qualche modo, le performance aziendali.
In altre parole, la diversità è ricchezza, in tutti i sensi.