Una totale inversione di rotta
Spesso incontro connazionali che, nel conversare con me di politica internazionale, rimangono molto sorpresi quando affermo che siamo in una fase storica radicalmente nuova, e che in tale fase le opportunità per l’Italia sono più favorevoli che in passato. Mi ascoltano con interesse, e poi - inevitabilmente - mi domandano se ho un blog, per poter approfondire ció di cui discuto.
Gestire un blog è impegnativo. E poi serve una certa dose di sfacciataggine e supponenza. Ma - forse, non ne sono certo - comunicare ad un pubblico più ampio ha un valore aggiunto, o almeno consente di mantenere il dialogo con i miei interlocutori, occasionali e non. Ecco dunque un primo articolo con le analisi elaborate durante tantissime conversazioni in questo ultimo anno, il 2018.
A onor del vero, le mie non sono analisi particolarmente nuove. Sono osservazioni note (infatti cito sempre i riferimenti bibliografici, disponibili sul web). Io non faccio altro che selezionare le elaborazioni che mi paiono più convincenti, e poi rendere tali analisi più chiare, alla luce di fatti che sono già nella mente dei miei interlocutori; rendo esplicite le implicazioni in relazione a situazioni specifiche; collego l’uno con l’altro eventi noti, e il quadro che ne emerge appare esplicativo, talvolta persino predittivo.
La situazione evolve molto velocemente, e sono conscio del fatto che quest’articolo avrà in fin dei conti una vita utile molto breve. Nonostante ció mi pare interessante scriverlo.
I temi che emergono assiduamente nelle conversazioni sono essenzialmente due. Il primo concerne la narrazione di ció che è successo negli ultimi decenni, e in particolare il cambiamento di direzione costituito dall’elezione del Presidente Donald Trump, nel novembre 2016. Il secondo è il posizionamento dell’Italia in questo mutato quadro.
Vorrei sottolineare che si tratta di capire, prima di schierarsi. Molti si schierano, senza sforzarsi di capire. Succede. Per capire quali sono i principi, le motivazioni, e gli obiettivi strategici serve in primo luogo abbandonare i preconcetti, e osservare le discontinuità. Serve una terzietà.
Occorre poi comprendere che l'interesse nazionale è una variegata composizione di interessi particolari, in cui giocano rapporti di forza. Esistono costellazioni di interessi, coalizioni, cordate, alleate o avversarie, ciascuna con la propria agenda e la propria storia.
Qual è l'obiettivo strategico?
Colpisce molto che il Presidente Trump sia stato dipinto come una persona instabile, imprevedibile, infantile, incolta, illetterata, sgraziata, arrogante, priva di una strategia coerente, e via di questo passo, come se non avesse la sua lobby di sostegno, il suo elettorato, il suo staff, la sua area culturale di riferimento, i suoi consiglieri, le sue tecniche comunicative.
Senza offesa, ritengo che chi sostiene che Donald Trump non ha una strategia si sbaglia di grosso, e commette una grossa ingenuità. La strategia esiste, ed è anche molto chiara. Il primo assaggio di tale strategia era già in una intervista al New York Times del marzo 2016.
Il documento più rilevante e più conciso, in relazione alla dottrina della presidenza Trump in materia di sicurezza nazionale, è stato divulgato il 19 gennaio 2018, a firma del Segretario alla Difesa, Generale Mattis, ad oggi dimissionario. Tale documento identifica esplicitamente Cina e Russia come una minaccia.
Nei fatti, la politica estera del Presidente Obama comportava un dialogo con la Cina e una relazione spigolosa con la Russia. Tale relazione era in continuità con decenni di antagonismo fra Russia e Stati Uniti. La dottrina della presidenza Trump sembra invece comportare una totale inversione di rotta, e identifica il contendente numero uno degli Stati Uniti non nella Russia, ma nella Cina: rallentarne lo sviluppo e i tentativi egemonici appare come l’obiettivo primario della politica estera statunitense. Da ciò consegue il tentativo di allontanare il più possibile la Russia dalla Cina.
Un corollario di questo obiettivo strategico primario è la dottrina Trump in relazione all’Iran. Anche in questo caso, si tratta di una totale inversione di rotta rispetto alla dottrina Obama.
Questi obiettivi confliggono visibilmente con l’iniziativa strategica della Cina, presentata nell’autunno del 2013, di facilitare il commercio fra Asia, Europa e Africa con un colossale piano di infrastrutture detto One Belt One Road, il cui completamento – se mai tale piano sarà implementato - è previsto nel 2049.
Questi obiettivi confliggono inoltre con una seconda iniziativa strategica della Cina, approvata nel maggio 2015, detta Made in China 2025, volta a conseguire il primato tecnologico in una pluralità di settori industriali.
Concludere peró che si tratta solo di un cambiamento dell’obiettivo strategico numero uno sarebbe un errore. Si tratta invece di un approccio alla politica estera che non si riscontrava negli Stati Uniti da diversi decenni. È questo nuovo approccio ad essere all’origine dell’inversione di rotta. Di cosa si tratta?
L'elettorato di riferimento
Uno degli articoli più convincenti in relazione a questo tema, cui hanno fatto seguito altri, è stato scritto dal Professor Mead su Foreign Affairs, nel gennaio 2017, in coincidenza con il principio del mandato del Presidente Trump.
Schematizzando, nella politica estera statunitense appaiono quattro ispiratori: Wilson, Hamilton, Jefferson e Jackson. Il Presidente Trump sembra ispirarsi a Jackson.
Nella visione di Jackson il principale interesse americano è domestico, e non internazionale. Non esiste l’idealismo di una missione universale, come quella perseguita da Wilson. Non esiste un’aspirazione a generare e mantenere un ordine multilaterale, come auspicato da Hamilton. Persino intervenire in maniera selettiva e senza eccedere, come nella visione di Jefferson, è ritenuto inadeguato.
Nella visione di Jackson, il governo si deve occupare primariamente del benessere dei cittadini americani, entro i confini americani, e le scelte di politica estera devono essere funzionali a questo obiettivo. La politica deve garantire la loro libertà e la prosperità individuale. Le minacce interne sono costituite dagli immigrati, le minacce esterne sono date dai terroristi. Un altro nemico interno è l’establishment nel momento in cui questo sembra non interessarsi alla prosperità di chi lavora, ma solo a quella delle grandi aziende. Quest'ultimo tratto caratterizza molto chiaramente l'elettorato di Donald Trump.
L’elettorato di Donald Trump è 'la plebe', che con la globalizzazione e primariamente lo sviluppo economico della Cina, con l’immigrazione, e con la crisi post-Lehman Brothers ha perso la propria sicurezza economica e sociale. Hillary Clinton ha definito con disprezzo questa sezione dell’elettorato come 'i deplorabili': "racist, sexist, homophobic, xenophobic – Islamophobic – you name it".
È proprio per difendersi dalle deviazioni delle élite che 'la plebe' sostiene il diritto di ciascun cittadino di portare le armi. Il diritto di armarsi è sancito dalla costituzione, nel secondo emendamento. L’America, agli occhi di questo segmento di popolazione, è nata da una guerra d’indipendenza contro un oppressore, e - se mai ci dovesse essere un altro oppressore - i cittadini devono poter essere armati per riconquistare la libertà. L’élite da combattere, l’establishment lontano dai valori della "vera America", è stato molto facilmente identificato in Hillary Clinton, che rappresenta l’oligarchia al potere, indipendententemente dal colore politico. Agli occhi di tale elettorato l’oligarchia è responsabile della globalizzazione selvaggia e del suo impoverimento, ed è rappresentata dalla famiglia Bush e della famiglia Clinton, avversari politici ma entrambi lontani dalla cittadinanza comune.
Detta 'plebe' è per propria natura non particolarmente interessata ai grandi discorsi della politica, ma è tuttavia molto concreta nei propri interessi. La 'plebe' non è interessata a farsi campione della democrazia nel mondo, e neanche a processi multilaterali. Non sono i no-global anti-sistema gli avversari più significativi della globalizzazione: è la 'plebe' populista, quando comprende di poter avere una rappresentanza politica.
Donald Trump è riuscito a fare leva sul suo elettorato con la promessa di costruire il muro per tenere fuori i messicani, scagliandosi contro gli accordi esistenti di commercio internazionale in quanto troppo favorevoli a chi ha un surplus commerciale eccessivo, come la Cina e la Germania, e mettendo in discussione il magro contributo degli alleati al budget della NATO.
Donald Trump e Giuseppe Conte
È in un contesto di tale tipo che si colloca l'allinenamento fra la strategia di Donald Trump e la coalizione governativa Lega-M5S, antiglobalista, sovranista, populista.
Tale allineamento è diventato particolarmente visibile durante la visita del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Washington, il 30 luglio 2018.
Nella conferenza stampa, molto cordiale, l’Italia conseguiva tre obiettivi importanti.
Primo, garanzie che gli interessi delle aziende italiane non vengano toccati dai dazi, con particolare riferimento ai prodotti dell'agroalimentare. Secondo, l'appoggio degli Usa per la Conferenza sulla Libia, che ha avuto luogo a Palermo a fine novembre. Terzo, una novità, il sostegno di Trump ad una "cabina di regia permanente" tra Usa e Italia per il "Mediterraneo Allargato" in chiave di lotta al terrorismo, maggiore sicurezza, immigrazione e soprattutto Libia. Con questa cabina di regia - da attuarsi attraverso i reciproci ministeri degli Esteri e della Difesa - l'Italia assumerebbe, in Europa, un ruolo di punto di riferimento per la Libia e di interlocutore privilegiato con gli Usa.
Cos’è il "Mediterraneo Allargato" ? È il bacino mediterraneo, insieme al Mar Nero, al Caucaso, al Mar Rosso, al Canale di Suez e al Golfo Persico; coinvolge la Crimea, l’Eritrea, il Niger.
È un teatro geopolitico che lega aree contigue non omogenee, di vitale importanza a livello internazionale. È formato da tre insiemi, quello euro-mediterraneo, il più stabile e maggiormente caratterizzato da fenomeni di cooperazione, quello mediorientale, molto turbolento, e quello caucasico-caspico, dove si concentrano i principali fattori di frizione.
Un quarto obiettivo, menzionato dal Presidente Conte, concerne una collaborazione nel settore aereospaziale, ed e’ stato espresso con queste parole:
“We already have a great partnership between the Italian Space Agency and NASA, so we hope that aerospace will bring together American technology, Italian technology, so that we can launch new aircraft that cross the atmosphere and will be able to bring the United States and Italy together in an hour and a half.”
Si tratta, ovviamente, dell’ Hyplane. Significativi in questo ambito sono i recenti accordi tra il gruppo Virgin Galatic, Asi, Altec e Sitael, per l’utilizzo del futuro spazioporto di Grottaglie.
Dal canto suo, Trump ha annunciato l’avvio di “un nuovo dialogo strategico tra Italia e Stati Uniti che migliorerà la collaborazione in molti settori”.
In conclusione: esiste un chiaro intento strategico degli Stati Uniti, e ció crea per l’Italia un insieme totalemente nuovo di opportunità e di vincoli.
Siamo in una fase storica radicalmente nuova, e in tale fase le opportunità per l’Italia - vi parrà strano - sono più favorevoli che in passato. Rifletteteci su.
Leo Giannotti © 2018
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1 annoGrande uomo grande professionista grande padre. Cultura di ampio respiro, visione delle "cose del mondo" molto evoluta.
Satellite system Engineer for ESA-ESTEC at Telespazio
5 anniPare che zaccheo sia stato contattato per una posizione in ENAC; ció ha un senso.
Chiaro come sempre. Grazie Leo, bello leggerti.